Re: Semplicità.

From: luciano buggio <buggiol_at_libero.it>
Date: Sat, 10 Apr 2004 10:20:32 +0200

Giacomo Ciani ha scritto:
(cut)
> Ecco che i tuoi criteri di semplicit� cadono!
> Infatti tu affermi che secondo i tuoi criteri, se indichiamo con A >S> B la
> frase A � pi� semplice di B, si ottiene:
> sin(t) >S> sin^2(t) >S> 1-sin^2(t) >S> sqrt(1-sin^2(t)) = cos(t)
> cos(t) >S> cos^2(t) >S> 1-cos^2(t) >S> sqrt(1-cos^2(t)) = sin(t)

> abbiamo ottenuto sint(t) >S> cos(t) e sint(t) <S< cos(t): come la mettiamo?
(cut)
> cos(t) =S= sin(t) >S> sin^2(t) >S> cos(t)

> il che implica chiaramente

> cos(t) =S= sin^2(t) =S= sin(t)

> quindi anche sin^2(t) ha la stessa complessit� di sin(t)

Da quanche parte sta un inghippo.
Semplifichiamo il problema (forse cambiandolo, ma tanto per partire da uno
schema pi� chiaro, per vedere poi se include quello coi dati che abbiamo
qui adottato).
a, b e c siano dei numeri.
(1) a >S> a+b >S>(a+b)-b = a
Abbiamo cos� che
a>S>a
che � ovviamente una assurdo.
Una spiegazione si pu� trovare nel **distinguere le operazioni dai loro
risultati** , nel senso che quando si passa dall'operazione al risultato
(per esempio quando si dice a+b=c, oppure a+b-b=a) si perde informazione
sulle operazioni eseguite: quei risultati potrebbero derivare anche da
altre operazioni, e nulla ci dicono della difficolt� con cui sono stati
ottenuti.
a+b >S>(a+b)-b � vero se riferito alle operazioni.
E' corretto dire che a+b � pi� semplice di a+b-b perch� la prima
espresseione contiene un'operazione, la seconda due (vedi uno dei criteri
da me indicati.
Passando ai rispettivi risultati ci troviamo di fronte a due numeri (c e
a) rispetto ai quali non ha senso porre il criterio di semplicit�.
Si individua quindi l'inghippo nell'ultimo passaggio , nella (1):
(a+b)-b=a
che dovrebbe singificare, per arrivare alle conclusioni contradditorie,
che i due termini sono "ugualmente semplici", mentre significa solo che
sono uguali (per� vedi dopo).
a.
Ma che senso dare a questa limitazione secondo il criterio della quantit�
di informazione?

Supponiamo che a e b siano vettori.

(I) - Nella (1) a da solo significa che abbiamo un vettore applicato ad un
punto,

(II) - a+b significa che allo stesso punto � stato applicato (sia quest la
prima "operazione") un secondo vettore (risultante c: nota che c � un
risultato, non un'operazione, come l'aggiunta di b, cio� c non � un
vettore.

(III) - (a+b)-b significa (a+b)+(.b). Abbiamo applicato (seconda
operazione) un altro vettore (-b) uguale in modulo a b, nella stessa
direzione ma con verso opposto: la risultante (a) non � un vettore, ma il
risultato di operazioni.

La (I) e la (III) hanno la stessa risultante (a), ma il "quadro dinamico
della (III) � pi� complesso della (I).
Ha senso dire che a>S>(a+b)-b , perch� nel primo termine c'� una sola
forza, nel secondo ne abbiamo tre.
La risultante per� � uguale.
Quindi:
(2) a=a
non
a>S>a.

A ben veder la (2) v interpretata, pech� � uguaglianza tra risultanti,
non tra vettori: o meglio il primo termine indica "anche" un vettore, il
secondo solo una risutante:
Ed allora?
Basta riferirsi ad "effetti" invece che a cause.
Per rendere pi� immediata e pi� suggestiva la cosa poniamo:
a=0
Siamo in presenza di un punto materiale fermo nel vuoto, dato un sistema
di riferimento.
Gli vengono applicate due forze uguali (b e -b) e contrarie e continua a
stare fermo.

Non � cambiato nulla dal punto di vista del moto (effetto), ma � cambiuato
il quadro dinamico (causa), � diventato pi� complesso.

Ciao.
Luciano Buggio
.


> Ciao

> Giacomo


-- 
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Received on Sat Apr 10 2004 - 10:20:32 CEST

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