Michele Andreoli wrote:
> Piuttosto, mi da da pensare quello che hai detto a proposito della
> necessita' che il sistema debba essere descrivibile con lagrangiane,
> con funzioni che devono essere derivabili, etc. Mi turba il fatto
> che lo strumento con cui descrivo il sistema influisca cosi' tanto
> sulle proprieta' dello stesso.
> Cosa vuoi dire esattamente? Che per poter usare espressioni come "il
> sistema e' invariante per traslazioni lungo l'asse X", devo prima
> assicurarmi che la lagrangiana esista e sia differenziabile??
>
> Michele
Ciao, cerco di spiegarmi meglio anche se ho poco tempo.
Intanto la quantita' di moto totale si conserva, sotto debite ipotesi,
se c'e' omogeneita' dello spazio, non isotropia (che e' invece legata
alla conservazione del momento angolare).
Poi, cosa significa che "il sistema e' invariante per traslazioni lungo
l'asse X"?
Puo' significare un mucchio di cose in dinamica:
1) Le forze che agiscono sul sistema sono funzioni invarianti
per traslazioni di tutto il sistema lungo l'asse X. Questo
NON implica automaticamente che si conservi l'impulso lungo l'asse
X: il sistema potrebbe essere sottoposto ad una forza costante
lungo l'asse X.
In termini di forze, l'invarianza lungo l'asse X si deve intendere
come _risultante delle forze totali agenti sul sistema_ nulla lungo
l'asse X. In tal caso si ha conservazione dell'impulso lungo l'asse x.
2) Il sistema ammette descrizione lagrangiana, inoltre, esiste una
lagrangiana per il sistema (ce ne sono infinite) che e' invariante
per traslazioni del sistema lungo l'asse X.
In tal caso c'e' conservazione di una grandezza che, per i sistemi
con lagrangiana T-V coincide effettivamente con la componente
dell'impulso totale del sistema lungo l'asse X. Questo e' un caso
particolare del teorema di Noeter.
3) Il sistema ammette descrizione hamiltoniana, inoltre l'hamiltoniana
del sistema e' invariante per traslazioni lungo l'asse X
(questo fatto si deve esprimere in termini di cosiddette trasformazioni
canoniche infinitesime). In tal caso c'e' un integrale primo conservato
che coincide con la componente lungo X dell'impulso se l'hamiltoniana
ha struttura T+V Questo e' un caso particolare di un teorema ancora piu'
potente di quello originariamente provato da Noeter (e Wigner).
4) Se prendo una soluzione delle equazione del moto con certe condizioni
iniziali e se trasformo tale funzione del tempo per mezzo di
una traslazione T lungo l'asse X, la curva risultante e' ancora
soluzione del moto con condizioni iniziali traslate della traslazione T.
Questo fatto non implica automaticamente che ci sia conservazione
dell'impulso lungo l'asse X, anche se e' implicato da (2) e da (3).
5) In meccanica quantistica: c'e' una rappresentazione unitaria
e fortemente continua del gruppo delle traslazioni lungo l'asse X che
lascia invariato l'Hamiltoniano del sistema. Sotto queste ipotesi c'e'
una osservabile conservata che e'il generatore (secondo il teorema di
Stone) del gruppo suddetto. Nei casi elementari si vede che tale
osservabile e' l'impulso lungo l'asse X, per gli altri si deve discutere
un po'...
Si potrebbe poi passare alla meccanica dei continui alla teoria dei
campi relativistica ed a quella quantistica relativistica, ma mi fermo qui.
Quello che volevo dire e' che "invarianza per traslazioni" significa
qualcosa solo nel giusto contesto fisico-matematico e implica
l'esistenza di una grandezza conservata solo se si danno le corrette
definizioni che dipendono dal contesto.
Quindi cosa significa la proposizione generale
"l'invarianza per traslazioni implica la conservazione dell'impulso"?
Puoi vedere la cosa a due livelli.
(1) In un senso significa che, _nel giusto contesto_, c'e un teorema che
dimostra quanto detto per ogni contesto noto.
(2) In un altro senso significa che c'e' un principio molto profondo in
Fisica (classica, quantistica, relativistica e tutta quella che non
conosciamo ancora) che connette l'invarianza per traslazione alla
conservazione dell'impulso, che si esplica in ogni specifico contesto
con una specifica formulazione. Per cui ci si aspetta che anche al di
fuori dei contesti sopra citati (parlo della fisica delll'anno 3000 per
esempio), si avra' comunque un teorema che lega l'invarianza per
traslazioni alla conservazione dell'impulso
Non esiste una dimostrazione generale di questo pricipio (per questo e'
un principio).
In base a questo *secondo* punto di vista, il principio che lega
invarianza per traslazioni ed esistenza di quantita' conservate si usa
per saggiare la bonta' di nuove formulazioni della fisica: per essere
buone, devono contenere un teorema che esplichi il principio.
Alternativamente il punto di vista del principio generale serve a
*definire* la quantita' di moto in contesto non meccanico.
Esempio, quando sviluppi la teoria dei campi relativistica
dove non ci sono le forze ed i punti classici non ha senso
dire che l'impulso e' mv (perche' non e' chiaro cosa sia m e cosa sia v).
Tuttavia si scopre che, nella formulazione lagrangiana dei campi
relativistici c'e' un teorema (quello di Noether) che connette
invarianza e grandezze conservate. Si decide allora di DEFINIRE
l'impulso del sistema come la grandezza conservata
in virtu' dell'invarianza per traslazioni (si vede poi da atnti punti di
vista che questa e' una buona definizione che generalizza quella
classica...). Altri esempi vengono fuori in relativita' generale
dove si defidisce, nel cosiddetto formalismo ADM, la massa di una
sorgente gravitazionale usando una legge di conservazione hamiltoniana
che esiste in virtu' dell'omogenerita' temporale (per gli spazitempo
omogenei temporalmente).
Quindi come vedi il discorso e' complicato e, secondo me, nella
situazione di cui discutevamo non e' il caso di usare questi cannoni
per uccidere una mosca: la conservazione della quantita' di moto
e' un fatto meccanico "evidente" nella fisica di tutti i giorni, molto
piu' del teorema di Noether. Secondo me conviene lasciare la discussione
a questo livello elementare con chi sostiene di avere escogitato un
dispositivo meccanico che violi la legge di conservazione dell'impulso.
Riguardo al fatto che "le funzioni devono essere differenziabili" per
provare i vari teoremi, e' vero. E' vero anche che, per esempio le
funzioni fisiche (quelle che descrivono i sistemi meccanici, ma anche
quelli relativistici non quantistici) non sono davvero differenziabili,
perche' i corpi fisici non sono davvero continui ecc... Allora perche'
le cose funzionano ugualmente anche se, a rigore, siamo fuori dalle
ipotesi dei teoremi? (E' per questo motivo che le proposizioni fisiche e
quelle matematiche sono cose profondamente diverse).
Ti posso dare due risposte possibili:
(a) perche' le buone teorie fisiche sono "stabili": se cambi un po' le
ipotesi i teoremi continuano a funzionare in modo "simile".
(b) certe teorie funzionano (anche se le "dimostrazione matematiche"
che si fanno in esse sono _fisicamente false_) perche' tali teorie sono
sottocasi di teorie piu' profonde e piu' "vere", e la verita' delle
affermazioni della teoria piu' superficiale e' in realta' dovuta alla
teoria piu' profonda.
Ciao, Valter
P.S. Allora perche' certe persone, come il sottoscritto, passano parte
della loro tempo da ricercatore a formalizzare matematicamente le teorie
fisiche? Perche' l'atto di formalizzare, almeno per me, chiarisce le
idee ed limiti del modello. Fondamentalmente distigue cio' che e'
fisica da quello che e' matematica. Questa distinzione, amio parere, e'
essenziale per poter produrre buona fisica.
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Valter Moretti
Faculty of Science
Department of Mathematics
University of Trento
Italy
http://www.science.unitn.it/~moretti/homeE.html
Received on Mon Mar 08 2004 - 10:12:53 CET