Re: L'"interpretazione" della MQ

From: Davide Pioggia <dpioggia_at_NOSPAMlibero.it>
Date: Wed, 03 Dec 2003 15:25:22 GMT

Nell'articolo <xiMxb.154238$e6.5570979_at_twister2.libero.it>
Davide Pioggia ha scritto:

> Una volta che quella interazione sia venuta meno, dire che il quanto
> si � "allontanato", o dire che all'istante t0 *aveva* la posizione x0
> ed ora non possiamo pi� dire quale sia la "sua" posizione, ecco,
> tutto ci� � privo di senso.
>
> In quanto non ha mai avuto una posizione, n� prima n� durante n� dopo
> l' "emissione", per la stessa ragione per cui una particella immersa
> in un fluido *non* *ha* *mai* una temperatura, n� quando � "immersa"
> in esso, n� quando non lo �.

Riflettendoci meglio, ho realizzato che se si assume, come sto facendo, che
le propriet� cinematiche siano solo propriet� "emergenti" a livello
macroscopico, divengono forse anche pi� comprensibili certi "misteri" della
*rinormalizzazione*.

Nel seguito far� riferimento ad una sorta di "QED astratta", cio� una QED in
cui si parla generalmente di "fermioni", "bosoni", "massa", "carica",
eccetera, senza per� che si debba necessariamente parlare di elettroni e
fotoni. Cos� facendo si tiene aperta una porta per una eventuale successiva
generalizzazione (anche se devo ammettere che al momento non mi � chiaro
come si potrebbe generallizzare il tutto alla QCD).

Noi sappiamo che il problema della rinormalizzazione � dovuto alle
*divergenze* che si incontrano quando si suppone che una particella bosonica
possa essere "emessa" ed "assorbita" da un'altra particella fermionica (o
viceversa, nel qual caso si avr� una coppia di fermioni), e si
fa *tendere a zero* la distanza dei due eventi.

Ci� che si fa in questo caso � noto:

1) si inseriscono nei calcoli due grandezze "teoriche" note come "massa
nuda" _n_ e "carica nuda" _j_, grandezze che vengono associate a delle
particelle fermioniche "nude" (= considerate senza tutti i processi di
auto-interazione mediati da particelle bosoniche);

2) si "tronca" l'integrazione ad una certa distanza minima _d_ e si fanno
tutti i conti "troncati";

3) da questi conti si ricavano le ampiezze di propagazione e di interazione
delle particelle fermioniche "vestite" (= cosiderate come particelle
inizialmente "nude" e successivamente "rivestite" da tutti i processi di
autointerazione), e tali ampiezze sono direttamente collegate alla "massa
vestita" _m_ ed alla "carica vestita" _e_, che sono poi le grandezze
*osservabili*;

4) si ottiene allora una certa relazione fra le grandezze "osservabili", _m_
ed _e_, e quelle "teoriche", _n_ e _j_, relazione che ovviamente dipender�
dalla distanza di troncamento _d_

Ho gi� detto che se si fa tendere _d_ a zero si ottengono delle
"divergenze". Nella fattispecie queste divergenze appaiono nei valori di _n_
e _j_, che tendono a diventare infiniti quando _d_ tende a zero.

Si potrebbe pensare che esista la famosa "discretizzazione dello spazio",
ovvero che esista una distanza spaziale minima, ma questa ipotesi � poco
convincente, per almeno due ragioni:

1) innanzi tutto se si fa tendere _d_ a zero � vero che _n_ e _j_ tendono
all'infinito, ma � pur vero che tanto pi� _d_ � piccolo quanto pi� si
guadagna in precisione su tutte le grandezze "osservabili"; sembra quasi che
a mano a mano che _n_ e _j_ perdono di significato fisico essi divengano
sempre pi� "esatti" (e questo � un bel mistero!)

2) se si suppone davvero che lo spazio sia "discreto" saltano fuori una
montagna di problemi per normalizzare le funzioni d'onda delle particelle;

3) nessuno ha mai osservato alcuna fenomeno che mostri una qualche
"evidenza" di questa "discretizzazione spaziale", e ogni volta che se ne
parla si suppone che essa avvenga a ordini di grandezza enormemente
inferiori a quelli raggiungibili con le attuali tecnonogie, il che ha tutta
l'aria di una bella ipotesi "ad hoc".

Quindi ci troviamo di fronte ad un grosso *dilemma*:

1) se ipotizziamo che _d_ possa essere piccolo a piacere guadagniamo in
*precisione* e non abbiamo problemi con la normalizzazione delle funzioni
d'onda;

2) *per�* a mano a mano che _d_ tende a zero le grandezze che compaiono nell
e equazioni "fondamentali", quelle non ancora "rinormalizzate", tendono a
divergere, perdendo *significato* fisico e facendo perdere significato
fisico a tutta la teoria.

Dovremmo trovare un modo si salvare capra e cavoli: avere la massima
*precisione* senza perdere il *significato fisico* della teoria.

Ed � qui che pu� venirci incontro l'ipotesi che quelle cinematiche siano
propriet� "emergenti" a livello macroscopico, e che -di conseguenza- i
processi di "emissione" ed "assorbimento" di una particella bosonica siano
descrizioni "mesoscopiche".

Per capire meglio dove voglio andare a parare far� il solito esempio tratto
dal rapporto esistente fra MC e TD.

Dunque, a rigore la temperatura pu� essere definita solo per un corpo
macroscopico che si trovi all'equilibrio.

Se invece il corpo non si trova all'equilibrio e vogliamo ancora poter fare
della "termodinamica" (che in questo caso sar� un "termodinamica
irreversibile") occorre trovare un modo di associare una certa temperatura
_T(x)_ ad ogni punto _x_ del corpo in questione, dove _T(x)_ dovrebbe essere
qualcosa come "la temperatura nel punto _x_".

Perch� ho virgolettato "nel punto _x_"? Perch� sappiamo che la temperatura �
una propriet� che "emerge" quando si passa al limite termodinamico, e
affinch� essa risulti definita con una qualche precisione bisogna associarla
ad un corpo materiale costituito da un numero N molto grande di particelle.

Ed � chiaro che in un *singolo* punto geometrico sar� difficile trovare un
numero N molto grande di particelle. Al massimo ne troveremo una!

(Ricordo che in questo momento stiamo discutendo il passaggio dalla MC alla
TD, e quindi non esiste nulla come la "degenerazione degli stati" che si
incontra nelle statistiche bosoniche.)

Dunque quello che dobbiamo fare � diverso: prendere una sfera _S(x,d)_
centrata in _x_ ed avente un raggio _d_ abbastanza grande da poter essere
certi che in quella sfera c'� un numero di particelle N abbastanza grande da
poter affermare che gi� cominciano ad "emergere" delle grandezze
termodinamiche.

E qui si realizza una situazione interessante.

Affinch� la _T(x)_ abbia un significato fisico noi dobbiamo prendere _d_
quanto pi� grande possibile: se _d_ tende a zero _T(x)_ perde di significato
fisico.

Allo stesso tempo possiamo osservare che l'informazione contenuta in T(x) �
tanto meno "locale" quanto pi� grande � _d_. Al limite se facciamo tendere
_d_ all'infinito la funzione T(x) sarebbe costante e pari alla "temperatura
media" del corpo.

Vediamo allora che anche qui ci si presenta un "dilemma": se facciamo
tendere _d_ a zero guadagniamo in *precisione* nel descrivere i dettagli
"locali", ma allo stesso tempo andiamo perdendo il *significato fisico*
delle grandezze che stiamo considerando.

Non solo, ma c'� anche un altro aspetto di cui tener conto.

Se noi volessimo descrivere le interazioni termodinamiche fra le varie parti
del nostro corpo macroscopico (flussi di calore, produzione di entropia,
eccetera) dovremmo pensare di suddividerlo in tanti cubetti di lato _d_ e
poi considerare ognuno di questi cubetti come un sistema termodinamico a
contatto con quelli contigui.

Anche qui si avrebbe lo stesso dilemma:

1) se si fa tendere _d_ a zero si guadagna in precisione nel descrivere i
dettagli locali, ma si perde il significato fisico delle grandezze
utilizzate;

2) se invece _d_ � grande, e teoricamente tende all'infinito, allora la
temperatura _T_ ha � meglio definita, ma si perde in precisione sui dettagli
locali.

Pertanto anche in questa circostanza di ricava l'impressione che volendo
quadagnare indefinitamente in *precisione* sui dettagli locali si debba
rinunciare progressivamente al *significato fisico* delle grandezze
utilizzate.

Alla fine dovremo adottare un qualche "compromesso", perch� � chiaro che non
possiamo utilizzare grandezze prive del tutto di significato fisico (come
pu� essere la "temperatura di un punto") n� d'altra parte possiamo
rinunciare del tutto ad avere delle informazioni "locali", che sono quelle
che mi consentono di mettere in evidenza le trasformazioni irreversibili cui
va incontro il sistema.

E tutto ci� � dovuto al fatto che la temperatura � una propriet�
*emergente*.

Se ora torniamo al problema della rinormalizzazione, possiamo rammentare che
anche l� avevamo un problema analogo: per migliorare la *precisione* nei
dettagli microscopici dovevamo via via perdere il *significato fisico* delle
grandezze utilizzate, fino a ritrovarci, nel caso limite, con delle
grandezze divergenti, che facevano perdere di significato fisico a tutto
l'impianto teorico.

Tutto ci� appare assai meno strano quando si supponga che rispetto ad una
fisica quantistica macroscopica la posizione _x_ (questa volta la posizione,
non la temperatura!) possa essere considerata una "propriet� emergente".

Prima di andare avanti � meglio chiarire e ribadire ci� che ho appena finito
di sottolineare. Ricordiamo che abbiamo fatto il seguente parallelo:

MQF ------> MC
MC -----> TD

quindi dobbiamo avere ben presente che nel nostro esempio termodinamico la
posizione � una propriet� microscopica e la temeperatura � una propriet�
macroscopica, mentre nel caso quantistico la posizione sarebbe la "propriet�
emergente" a livello "macroscopico", cos�:

MQF ------> MC
(?) (x)

MC ------> TD
(x,d) (T)

dove fra parentesi si sono indicate le propriet� carattestiche di un certo
livello.

Abbiamo gi� visto che non sappiamo molto delle propriet� associate alla MQF,
tuttavia ai nostri fini possiamo considerare il numero N di quanti
fermionici che costituiscono il sistema trattato.

Dunque:

cos� come, nel caso MC>TD, per poter avere una _T_ "abbastanza" definita si
doveva prendere una _d_ "abbastanza" grande,

allo stesso modo, nel caso MQF>MC, per avere una _x_ "abbastanza" definit�
si dovr� prendere un numero N di quanti fermionici "abbastanza" grande.

A questo punto dobbiamo supporre che ad un numero N grande di fermioni non
si possa associare un singolo punto spaziale x, ma un qualche volume (sfera,
cubo, o altro) centrato in x ed avente dimensioni d.

Questo � un discorso complesso, che andrebbe affrontato in un altro
contesto, perch� complica notevolmente tutta la faccenda. Dovremmo
ipotizzare che ci� che "emerge" dalla MQF non � direttamente un "insieme
geometrico di punti", ma una sorta di "topologia delle superfici chiuse", e
questo dovrebbe essere in qualche modo attribuibile alle propriet� di certi
quanti, i cosiddetti "fermioni". Poi dovremmo mostrare che questa topologia
pu� essere "immersa" in uno spazio geometrico dotato di una qualche metrica,
il che � come dire che ognuna di quelle superfici chiuse pu� essere pensata
come "contenente dei punti" _x_, avente delle dimensioni _d_, eccetera.

Tutto ci� pu� sembrare complicato, ma � abbastanza chiaro che qualuqnue sia
la nostra MQF si dove poter ricavare che un numero molto grande di fermioni
non possono trovarsi tutti in un volume piccolo a piacere nello stesso
istante di tempo t. Non � chiaro come ci� accada, ma sappiamo che accade.

Ed ecco cosa otterremmo per il nostro "parallelo":

MQF ------> MC
(N) (x,d)

MC ------> TD
(x,d) (T)

A questo punto le cose cominciano o a chiarirsi: il fatto di considerare
un *singolo fermione* (N=1) che emette ed assorbe un bosone, sarebbe del
tutto equivalente, a livello macroscopico, a dire che gli eventi possono
svolgersi non in dei volumi di dimensioni finite, ma in dei *singoli
punti* (x qualunque, d=0)

E' chiaro che in questo caso ci troveremmo in uno dei due estremi del
"dilemma": la *massima* "precisione" possibile col il *minimo* "significato
fisico".

Come sarebbe realizzato questo "caso limite" all'interno della "MQ", quando
volessimo "interpretarla" come "teoria mesoscopica"?

Abbiamo gi� detto che la MQ descrive l'interazione fra un quanto q e un
oggetto macroscopico, descritto con le sue propriet� macroscopiche.

Se considerassimo l'emissione ed il successivo assorbimento di un fotone
(bosone) da parte di uno o pi� dispositivi macroscopici allora staremmo
considerando la "MQ" in condizioni "normali", quelle in cui si rinuncia ai
dettagli microscopici sul sistema classico per avere tutte grandezze che
hanno uno specifico significato fisico.

Qui per� ci siamo spinti ad un limite estremo: abbiamo usato la "MQ", che �
"mesoscopica", e quindi "asimmetrica" (cio� descrive l'interazione di un
quanto come tale che interagisce con un corpo descritto per mezzo delle sue
propriet� macroscopiche-classiche), per descrivere l'emissione e
l'assorbimento di un bosone da parte di un *singolo fermione*!

Il nostro "corpo macroscopico" ora � costituito da un *singolo fermione*, e
per di pi� esso continua, come � necessario fare in una teoria mesoscopica,
ad essere descritto per mezzo di propriet� macroscopiche. Non stiamo dicendo
che un corpo macroscopico che si trova in posizione x0 al tempo t0 emette un
bosone che poi viene assorbito da un altro corpo macroscopico (o anche lo
stesso corpo macroscopico) nel punto x al tempo t. Stiamo dicendo che un
<"corpo macroscopico" costituito da un *singolo fermione*>, che *si trova*
nella posizione x0 al tempo t0, emette un bosone che viene poi riassorbito
dalla stesso <"corpo macroscopico" costituito da un *singolo fermione*>.

E' chiaro allora che qui abbiamo completamente sacrificato il "significato
fisico" alla "precisione".

Non ci si stupisce quindi che si riesca a fare dei calcoli "esatti" e che
allo stesso tempo ci si ritrovi con una teoria che a questo punto comincia
ad essere completamente "assurda". E non solo perch� c'� il solito problema
del "collasso" quando poi si vanno a rivelare queste particelle con dei
"veri" sistemi macroscopici, ma anche perch� a questo punto la stessa
interazione fra le due particelle � descritta in un modo che non ha alcun
significato fisico, e produce quelle divergenze che sappiamo.

Un modo per salvare tutta la situazione, e continuare a fare uso della "MQ"
per descrivere l'interazione di un singolo quanto-bosone con un <"corpo
macroscopico" costituito da un *singolo fermione*>, sarebbe quello di
considerare quel fermione come come un singolo quanto abbastanza "grosso" da
poter a tutti gli effetti essere considerato un corpo macroscopico, se non
ai fini delle "interferenze" (che resteranno) quanto meno ai fini delle
dimensioni spaziali entro le quali si collocano i fenomeni.

Ad esempio quando noi facciamo degli esercizi elementari di MQ, ci danno
sempre da calcolare la probabilit� che il famoso camion passi dall'altra
parte di una parete per "effetto tunnel". Oppure ci danno da calcolare le
relazioni di "indeterminazione" nel caso di oggetti ordinari. Ecco, in tutti
questi casi noi trattiamo il camion e quegli oggetti ordinari come un
"singolo quanto" (che viene osservato da un "oggetto classico", come
possiamo essere noi stessi), e poi facciamo i conti secondo la MQ.

Dunque questo *singolo fermione*, per essere trattato come un "grosso
quanto", lo si deve prendere quanto pi� possibile "vestito", il che esclude
che si possano andare ad analizzare i fenomeni ad di sotto di una certa
scala spaziale.

O meglio, lo possiamo fare, ma le grandezze che utilizziamo perdono via via
di significato fisico.

Questo � quello che ci succede a voler utilizzare una "teoria mesoscopica"
come una "teria microscopica": possiamo guadagnare in "precisione" solo a
costo di perdere via via il "significato fisico" delle grandezze che stiamo
utilizzando.

E la presenza di divergenze da eliminare "a mano", con "troncamenti" e
successive "rinormalizzazioni", si inquadrano perfettamente all'interno di
questa prospettiva.

Saluti,
Davide
Received on Wed Dec 03 2003 - 16:25:22 CET

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