Re: Mie curiosità... e altre malattie
Piercarlo ha scritto:
> ...
Mi limito a commentare il il tuo PS: vedrai subito perche'.
> Mi rendo conto che, alla fine dei conti, in fisica e per un fisico
> contano solo i numeri che si trovano in natura e l'accordo che questi
> hanno con i numeri che si trovano attraverso la teoria. Per chi fa il
> fisico come lavoro non c'� altra strada. In questo ambito la
> rappresentazione della realt� non pu� che essere "professionale" e
> quindi sostanzialmente, se non esclusivamente, di natura matematica,
> senza troppe invasioni da parte di analogie con il "mondo" e il
> "senso" comune. Stando cos� le cose alla lunga diviene pi� che
> naturale trovare "naturali" cose che hanno senso solo in una visione
> matematica del mondo ma che in quanto tale pu� non avere in effetti
> alcuna analogia con le rappresentazioni "alla buona" che pu� farsi un
> "curioso comune" non specializzato quale io sono e che, il pi� delle
> volte, usa come unico strumento di "analisi" della realt� la pura e
> semplice immaginazione figurata di ci� che rappresentano (o pensa che
> rappresentino) le parole. Per dirla in maniera un po' pomposetta; gli
> oggetti (matematici) che i fisici usano per rappresentarsi il mondo
> non sempre intersecano l'insieme degli oggetti (intuitivi) che i non
> fisici utilizzano per lo stesso scopo.
> ...
> Per "interessare" e "reclutare" i futuri fisici bisogna partire dai
> riferimenti e dalle rappresentazioni comuni per poi pian piano
> allargare gli orizzonti fino a far prendere loro coscienza dei limiti
> di questo stesso linguaggio e quindi indurli a cercarne uno pi�
> adatto. In buona sostanza si tratta di una vera e propria
> ristrutturazione delle abitudini di ragionamento, processo tutt'altro
> che facile da portare a termine.
> ...
> Quando si parla con un pubblico di non addetti ai lavori, cio� di
> persone che per una ragione qualsiasi non hanno (o non hanno ancora
> avuto) esperienza diretta degli argomenti di cui si parla, le parole,
> gli esempi e, quando non se ne pu� fare a meno, le analogie, sono
> tutto: uno sbaglio in questa prima fase di "contatto" pu� condurre a
> convinzioni e/o ragionamenti errati che possono avere anche vita molto
> lunga, NONOSTANTE successivamente possano venire a confronto con
> ragionamenti e concetti pi� corretti. La prima spiegazione che arriva,
> purch� plausibile e priva di contraddizioni lampanti, tende a
> "occupare il territorio" e a condizionare tutti i ragionamenti futuri,
> giusta, sbagliata o anche semplicemente impropria o imprecisa che sia.
>
> Faccio qualche esempio alla spicciolata (che mi riguardano eh!).
> ...
> Questi appena sopra sono solo degli esempi (un po' caricati lo
> ammetto!) dei dubbi e del tipo di ragionamenti che induce un certo
> tipo di "divulgazione scientifica" non appena uno cominci a ragionare
> sul senso di quanto gli viene affermato, almeno per quanto
> discernibile dalle parole in quanto tali. Come gi� detto, senza
> esperienza diretta ci si pu� solo fidare di quello che dicono gli
> altri e di quello che si riesce a capire. Per il resto che la sorte ce
> la mandi buona.
> Ora, poich� tutti coloro che, a vari livelli di coinvolgimento, si
> incuriosiscono di queste cose "pensano", ecco allora che se uno viene
> indotto a ragionare per strade che lo portano in vicoli ciechi o ad
> avere la sensazione che vi siano contraddizioni "nascoste
> nell'armadio", pu� nel migliore dei casi rimanere perplesso e nel
> peggiore sentirsi truffato e respingere tutto lontano da s�.
>
> La mia idea � che chi solitamente fa divulgazione scientifica (almeno
> su questi temi) non tenga abbastanza conto del fatto che un concetto,
> una semplificazione, una analogia, buoni o cattivi che siano, una
> volta che si fermano nella testa sono come i semi delle valanghe: se
> uno gli d� una spinta (ovvero ci pensa un po' su) questa comincia a
> rotolare... e non si sa in che valle o su quale casa arriva. Ed �
> paradossale il fatto che la divulgazione scientifica possa, in queste
> condizioni, anche dare la stura al suo contrario, ovvero
> all'antiscienza. Io stesso, anni fa, ero giunto a farmi un'idea (per
> me allora plausibilissima) di come il principio di indeterminazione,
> cos� come vengono ammanniti senza precisazioni sul loro reale modo di
> manifestarsi in natura, potessero arrivare financh� a giustificare
> anche lo spiritismo... Io me ne sono stato zitto (so di essere un
> folle e questo mi dona fortunatamente un certo autocontrollo) ma altri
> non so... Un mio amico una volta mi ha definito l'indeterminazione
> come la "backdoor di Dio". Un gran bel tocco poetico per un principio
> fisico... ma non so quanto sposabile con la scienza.
Ho riprodotto il PS con qualche taglio, anche se e' lungo, perche' mi
ha colpito.
E' la prima volta che mi capita di sentir esprimere con tanta
chiarezza, da un non addetto ai lavori, la natura del problema della
divulgazione.
Non so da quanto segui questo NG; se lo fai da un po' di tempo, ti
sara' capitato di sicuro di leggere miei giudizi pesanti su gran parte
della divulgazione attuale (dico attuale, perche' una volta non era
cosi'...).
E i motivi erano in sostanza quelli che dici tu.
Potrei aggiungere un po' di altri aspetti.
1) La scuola. Non spetta alla scuola fare divulgazione, ne' tanto meno
cercare di informare sulla "scienza moderna".
Dovrebbe invece dare le basi del ragionamento scientifico (che non e'
tutta matematica: ecco un punto sul quale mi sarei espresso
diversamente da te).
Dovrebbe formare degli strumenti critici di giudizio...
E' un fatto che non ci riesce, e ci riesce tanto meno quanto piu' il
tempo passa, mi pare. Non e' il posto questo per indagare le cause, ma
certo questa deficienza complica la questione di cui stiamo parlando:
la divulgazione si rivolge di regola a dei veri e propri "analfabeti".
2) La scienza moderna, cui ho gia' accennato.
Nell'ultimo secolo le cose si sono terribilmente complicate (non solo
per la fisica, ma occupiamoci pure soltanto di questa, dato il NG).
I fenomeni sono sempre piu' lontani dall'esperienza comune,
gli strumenti sono sempre piu' complessi e piu' indiretti; e infine, i
concetti stessi della scienza si sono staccati in modo inesorabile da
quelli del senso comune.
(Pero' nota che se a qualcuno mai interessasse di fare divulgazione
della fisica dell'800, avrebbe anche li' le sue gatte da pelare...)
3) Il mercato.
Oggi si deve vendere: qualunque cosa, e la divulgazione non fa
eccezione.
Percio' il minimo di accuratezza (non dico di rigore) passa in seconda
linea.
La matematica, poi, e' una bestia nera: ho gia' ricordato in passato,
ma ripeto, che nella prefazione a "Dal big bang ai buchi neri" Hawking
scrive che secondo il suo editore ogni formula dimezza le copie
vendute, per cui ... "in questo libro troverete una sola formula: E mc^2".
Mi domando: scrivendo questo, ha pensato di salvarsi l'anima?
4) Ma per me il problema non risolto e': gli autori si rendono conto
di quello che fanno?
Oppure pensano che vada bene cosi'?
O addirittura, non hanno nessuna intenzione di far capire la scienza,
ma per loro va benissimo anche che il lettore associ indeterminazione e
spiritismo? (per qualcuno sono pressoche' sicuro che e' proprio cosi').
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Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
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Received on Sun Nov 16 2003 - 20:54:17 CET
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