Il 10/10/24 11:11, Elio Fabri ha scritto:
> Vista la premessa, non posso avere la pretesa di rispondere.
Assodato che non prendo il resto del tuo messaggio come una risposta da
discutere e che la ricostruzione è un lavoro da storici, forse
irrealizzabile, mi permetto di ragionare un po' a voce alta anche sulla
base di quello che hai aggiunto dopo.
> Mi limito ad aggungere qualcosa che tu hai trascurato.
>
> Già nel suo articolo del 1905, nella prima pagina, Einstein accenna ad
> "esperimenti che non mostrano variazioni della velocità della luce
> passando da un rif. inerziale a un altro" (vado a memoria).
> Aggiungo che in quegli anni erano vive le ricerche su un altro
> problema: la natura degli elettroni.
> Se n'era determinata massa e carica (più esattaamente il rapporto e/m:
> l'esperimento di Millikan è del 1909.)
> Però proprio in quegli anni esperimenti fatti con raggi beta, ossia
> elettroni emessi da sostanze radiioattive, con velocità molto maggiori
> di quelli accelerati da campi elettrici. I risultati per e/m
> cambiavano, come se la massa variasse come la velocità.
> L'interpretazione di questo fatto era controversa e E. nel solito
> articolo ne parla più avanti quando tratta del moto di una carica in
> campo elettrico e magnetico.
Senza avere altri elementi di valutazione, mi verrebbe da pensare che
gli esperimenti, sia quelli che coinvolgevano l'etere, sia quelli che
coinvolgevano la massa dell'elettrone, permettevano (ad nuo come
Einstein) di immaginare qualcosa che non andava nella formulazione
classica della meccanica e che quindi non fosse così scandalosa la
necessità di riformularla e qualcosa che poteva essere convicente
nell'azzardare l'indipendenza della velocità della luce dal moto della
sorgente.
Ovviamente sono pensieri alle soglie della fantastoria della scienza.
Però per rimanere in una descrizione più onesta, mi verrebbe per lo meno
da affermare che Einstein non ha esteso il principio di relatività
all'elettromagnetismo, come diciamo sempre, perché ha dovuto riformulare
la meccanica. Quindi mi sembra che abbia scelto di affermare il PR per
l'elettromagnetismo, dando all'elettromagnetismo una certa precedenza
sulla formulazione meccanica allora vigente ed essendo disposto (con un
grandissimo azzardo che lo ha poi visto totalmente vincitore) a
riformulare la meccanica secondo un'impostazione del tutto controinuitiva.
Chiaramente quali siano sati i motivi che gli hanno dato questa
disponibilità ad un tale azzardo sono questioni insondabili e che fanno
parte del suo indiscusso merito nella fomrulazione della relatività.
>
> Concludo con una nota di altro genere.
> So che molti amano espressioni come quella che hai usato all'inizio:
> > le leggi di Maxwell non sono covarianti per trasformazioni di
> > Galileo e invece lo sono per trasformazioni di Lorentz.
A dire il vero pensavo fosse un linguaggio specifico preciso, che ho
usato comunque per comodità.
> Il motivo principale per cui nonle amo è che ben difficlente viene
> spiegato che cosa esattamente significhi "covariante per ..."
> È fuori questione un uso a livello di scuola secondaria, ma anche a
> livello universitario non credo si metta mai in chiaro che la detta
> covarianza, per essere asserita, richiede non solo che si specifichi
> la legge di trasf. di spazio e tempo, ma anche quella di tutte le
> grandezze fisiche coinvolte.
Non sono certo di comprendere fino in fondo la tua resistenza. Cioè,
sono certo che quello che dici sia vero e a tratti lo sperimento anche
io, ma se comunque detta covarianza è valida, non ho capito perché
eviteresti di usare il termine. La mancata "messa in chiaro" di molti
aspetti sarebbe comunque una lacuna presente. Altra cosa se pensi che il
termine in sé sia fuorviante perché si presta ad indicare cose diverse,
come commenta Elio Proietti, dicendo che lascerebbe "covariante" solo
all'ambito delle compnenti dei tensori.
--
Davide D'Elia
Received on Thu Oct 10 2024 - 16:20:20 CEST