"Giaco" <lo.spam_at_mi.uccide> wrote in message news:<lBxua.44160$DN.1078630_at_tornado.fastwebnet.it>...
> In realt� l'esempio di Einstein coinvolge un campo gravitazionale
> *uniforme*. Per affermare il principio di equivalenza nella sua forma pi�
> generale � necessario limitarsi ad una formulazione locale: nell'esempio
> dell'ascensore ci� significa che l'ascensore percorre uno spazio in cui il
> campo gravitazionale non varia apprezzabilmente, in altre parole che lo
> spostamento dell'ascensore � piccolo (ecco perch� si parla di formulazione
> locale). Nel caso non locale si sperimentano le cosiddette "forze di marea",
> che 'tradiscono' il campo gravitazionale.
>
> Ciao,
> Giaco
> giaco (punto) dos (presso) tiscali (punto) it
Salve, permettetemi di esprimere il mio parere sul "Principio
di Equivalenza", in relazione al Principio di Mach.
Come scrivevano Dicke & Brans nel 1961, in realta'
e' solo il P.E. in forma "debole", locale, che viene avvalorato
con estrema precisione dagli esperimenti di Eotvos. Quindi
accettarlo in forma "forte", universale, sarebbe un atto di fede.
E' vero che per l'omino dentro un "piccolo" ascensore non c'e' modo di
distinguere, se non vede nulla dell'esterno, se l'accelerazione
e' dovuta a un pianeta oppure al moto del suo laboratorio,
pero' vista dall'esterno la cosa si metterebbe cosi': se non
ci fossero masse di riferimento nel cosmo non ci sarebbe
alcuna inerzia (Principio di Mach): infatti, se esistesse solo
l'ascensore col suo omino dentro in tutto l'universo
(altrimenti vuoto) non ci sarebbe nulla rispetto cui
accelerare, salvo le pareti del sistema,
per cui mi sembra critico il fatto che le
equazioni di campo della RG, se non erro, varrebbero
anche per un universo "vuoto" e/o "ruotante"!! ...
Io penso invece che abbiano avuto da sempre ragione Leibniz,
Berkeley e poi anche Mach contro l'assolutismo di Newton
(per una questione empirica, di principio, non si puo'
prescindere dall'interrelazionalita' di tutti gli oggetti
fisici presenti nell'universo osservabile).
L'inerzia deriverebbe quasi tutta dalle masse piu' lontane
nel cosmo rispetto a noi, pero', come giustamente hanno osservato
Dicke & Brans, cio' non toglie che la relativa vicinanza a
concentrazioni notevoli di massa (es. nana bianca) potrebbe
produrre apprezzabili variazioni locali. Cosi' l'omino
continuerebbe a provare un'indistinguibilita' fra campo
di gravita' e accelerazione del laboratorio - continuerebbe
a valere il P.E. in "forma debole o locale" cioe', pero'
la costante di gravitazione "G" non peserebbe allo stesso
modo. In effetti la stessa Go potrebbe anche variare nel
tempo col variare del raggio di espansione dell'universo,
come pure a suo tempo aveva creduto possibile Dirac.
Premesso cio', val la pena di mostrarvi quanto segue:
In un interessante articolo di
Hans-Jurgen TREDER, "On Expanding Mach-Einstein Universes" (1979),
quest'ultimo reperibile da ADS-NASA:
http://adswww.harvard.edu/
viene citata una formula "machiana" di Einstein, tratta dall'articolo:
A. Einstein (1913a), "Zum gegenw�rtigen Stand des Gravitationsproblems,"
Phys. Z. 14, 1249;
cf. anche: The Collected Papers of A.E., volume 4:
The Swiss Years, Writings, 1912-1914 (English translation supplement), #17
content #17 = "On the Present State of the Problem of Gravitation,"
23 September 1913
= "Zum gegenw�rtigen Stande des Gravitationsproblems",
Physikalische Zeitschrift 14 (1913) 198
oppure pubblicato nel 1914 in
EINSTEIN, A.: 1913, "Zum gegenwaartigen Stand des Gravitationsproblems".
In: Verhandl. Dtsch. Naturf. u. Aarzte. Wien 1913.
Leipzig; Vogel 1914, pp.3-26.
Ed eccola qua:
Formulaz. approssimativa einsteniana (1913) del "Principio di Mach":
p = m dq/dt (1 - 3 U /c^2)
dove:
p = momento della massicella di prova m
q = coordinata generalizz. della massicella di prova m
U = potenziale gravit. Newtoniano locale intorno a una massa M =
= Go M /r , dove Go="costante" gravitaz. univ. secondo Newton.
Se pongo, nell'approssimazione rettilinea per dt tendente a zero:
p = m(i) v ; i = inerziale
m dq/dt = m(g) v ; g = gravitazionale
ed eliminando v ,avremo al primo ordine:
m(i) = m(g) (1 - 3 Go M / r c^2)
ovvero, postosi P(M)= Go M /c^2 = raggio gravitaz. della massa M:
m(i) / m(g) = 1 - 3 P(M)/r
Ora, non lo do' per certo (non disponendo dell'articolo citato
del 1914), ma credo che detta approssimazione di Einstein
valga solo per r >> P(M), raggio gravitazionale della
massa M "perturbante" il campo di inerzia indotto da
tutta la massa cosmica (secondo il Principio di Mach).
Allora tale rapporto (sempre approssimando al primo ordine)
nel caso piu' generale *potrebbe* essere del tipo:
m(i) / m(g) = 1/(1 + 3 P(M)/r)
quindi, in vicinanza di una stella superdensa, ad es.
(se possibile esternamente ad essa) alla distanza di
pochi raggi gravitazionali, il rapporto
fra massa inerziale e massa gravitazionale sarebbe
gia' apprezzabilmente inferiore all'unita' (mentre
sarebbe sempre piu' vicino a 1 quando r >> P(M)).
Alla distanza di 3 raggi gravitazionali dal baricentro
tale rapporto si ridurrebbe gia' a 1/2.
E' naturale definire G'(effettiva, locale, in presenza
della massa M "perturbante" il campo cosmico omogeneo
ed isotropo), in questo modo, rispetto alla costante
Go di Newton:
G'(eff.) / Go = ( m(i) / m(g) )^2
questo perche' possiamo riscrivere la legge di Newton cosi'
(mi limito all'intensita' scalare fra due masse identiche):
|-F| = Go m(inerz.)^2 / r^2 = (m(gravit.) xradice di G')^2 / r^2
Quindi dovrei avere una relazione fra G'(effettiva) e costante Go
del seguente tipo:
G'(eff.) = Go (1 + 3 P(M)/r)^(-2)
cioe' alla distanza r= 3 raggi gravitazionali G'/Go = 1/4.
Ora, se la stella a neutroni iniziasse a collassare, i suoi
strati piu' esterni alla distanza r=1 vedrebbero una
G' ridotta gia' a Go/16, tendente rapidamente a zero
ancor piu' se la stella tendesse verso la singolarita'...
Solleverei molti dubbi a questo proposito sulla reale
consistenza fisica della teoria sulla singolarita' inevitabile
secondo la RG. Se tornassimo alla primaria esigenza di
Einstein stesso di richiesta di compatibilita' col
principio di MACH? Lo stesso Einstein non accetto' mai
la conclusione di Oppenheimer sull'inevitabile collasso
in presunte "singolarita'" dietro lo schermo spaziotemporale che ci
impedisce di vedere cosa accade dentro un buco nero. Lui
sperava di trovare qualche meccanismo centrifugo o
qualche sconosciuta proprieta' della materia allo stato
estremamente condensato che impedisse il collasso e si
fermasse ad un limite. Ecco, a me pare che la soluzione
venga dal Principio di Mach, e proprio da una "formula
dimenticata" dello stesso Einstein (1914)!
A distanze relativamente grandi avremmo invece circa
(per r >> R(M) ):
G'(eff.) = Go (1 - 6 P(M)/r )
Come dalle stime di Will sulla teoria di Whitehead,
a causa della Galassia, degli ammassi di Virgo e Coma, ecc,
la stima di Delta(G) /G , verrebbe anche qui dell'ordine
di 10^(-7) per ciascuno degli addensamenti citati.
Recentemente GERSHTEYN (2002) ha misurato sperimentalmente
una anisotropia nella misurazione di G, addirittura non
inferiore allo 0,054%!.... Perche' la comunita' scientifica
sembra ignorare tale esperimento? ...Muro di gomma?
Molte cose, penso, andrebbero di conseguenza rivalutate
da capo a piedi nelle teorie di gravitazione, sui buchi neri
specialmente, e in cosmologia, dove una G variabile nel
tempo e nello spazio rimetterebbe tutto in discussione.
Cordiali saluti per tutti quanti, cmq la pensino
Attilio Alaimo - Tecnico del Dip.Fisica - Universita' PG.
Received on Wed May 28 2003 - 20:16:44 CEST