Re: Gli osservatori in meccanica quantistica

From: Valter Moretti <vmoretti2_at_hotmail.com>
Date: 25 May 2003 05:44:13 -0700

armageddon99_at_libero.it wrote:
>
> > 2) Non si puo' ridurre la "perturbazione" dello stato dovuta alla misura
> > o in altri termini il principio (in realta' teorema) di Heisenberg
> > all'idea ingenua "se osservo una cosa necessariamente perturbo il
> suo stato" perche' la cosa e' ben piu' sottile.
>
> E' questa sottigliezza che dovresti provare ad illustrare meglio, e non �
> facile se non ti � dato di osservare un elettrone senza poterlo
> perturbare.
> In altre parole l'osservazione di un elettrone, qualunque natura esso
> abbia, ti richiede necessariamente un'interazione per poter dire
> qualcosa al suo riguardo. Ed � proprio questa
> interazione/misura/osservazione che provoca un mutamento nel suo
> comportamento.
>

(mi scuso il formato del mio post ma non riesco a fare di meglio
spedendo da google)

Ciao, quello che hai esperesso sopra e' una visione abbastanza ingenua
di tipo
proto-quantistico che comunque ha portato a formulare il principio di
Heisenberg
(poi dimostrato come teorema una volta che i postulati della MQ furono
gettati
a livello piu' profondo dello stesso principio di Heisenberg).
Tu stai assumendo che esista un elettrone a cui attribuisci delle
proprieta'
classiche (corpuscolo con posizione e impulso). Poi chiedi cosa
succede se cerco di determinarne la posizione. Allora scopri che per
fare cio'
devi interagire con esso, per esempio sparandoci sopra della luce. In
questo
esperimento mentale pero' cambi un po' le carte in talvola (cioe'
Heisenberg le
cambiava), ma nel fare questo sei costretto da evidenze sperimentali.
Infatti nelle varie versioni dell'esperimento ideale (microspcopio di
Heisenberg) la luce non si comporta davvero come luce classica, ma,
per quanto riguarda solo l'assorbimento di energia ed impulso da parte
dell'elettrone, e' fatta di palline che trasportando quanti di energia
proporzionali alla
frequenza secondo la costante di Planck (eccola che entra in gioco).
D'altra parte, per altri aspetti la luce che usi soddisfa anche le
proprieta' classiche di diffrazione. Queste sono rilevanti quando
cerchi di focalizzare la luce in
un punto preciso rendendo piccola a piacere
l'imprecisione sulla posizione dell'elettrone colpito dal fascio: puoi
focalizzare il fascio a patto di perdere precisione sulla frequenza
del fascio che non e' piu' pura, ma risulta essere dispersa in un
intervallo tanto piu' grande tanto e' piu' piccola a zona di
focalizzazione. Dal punto di vista corpuscolare tale imprecisione in
frequenza ti fa nascere un'imprecisione nell'impulso trasportato dai
fotoni del fascio e quindi sull'impulso ceduto all'elettrone quando
viene colpito da un fotone.
In questa imprecisione compare la costante di Planck.
Lavorando un po' con *l'insieme delle ipotesi fatte* si riesce a
vedere che c'e' sempre una imprecisione sulla posizione verificata
dell'elettrone e sull'impulso stesso in modo tale che i prodotti di
tali imprecisioni sono dell'ordine o maggiori della costante di
Planck.

Il punto cruciale e' che stai assumendo un modello logicamente
inconsistente
della luce perche' le attribuisci (in modo abbastanza ad hoc, ma
giustificato
dal punto di vista sperimentale) proprieta' sia ondulatorie che
corpuscolari
che fanno a pugni tra di loro, nelle proprieta' corpuscolari entra in
gioco
la costante di Planck.
Ai tempi dell'enunciazione del principio di Heisenberg
non c'era molto altro da fare: l'evidenza sperimentale
provava che la luce avesse davvero entrambe le proprieta' anche se
cio' era
inconciliabile con tutti i modelli allora noti di sistemi fisici
corpuscolari
e di sistemi fisici ondulatori. In questo senso la "dimostrazione" del
p. di
Heisenberg suddetta NON e' una dimostrazione.
Se invece, nello sviluppare l'esperimento ideale di sopra fossimo
rimasti del tutto
in fisica classica, quindi assumendo solo proprieta' ondulatorie della
luce
(niente fotoni con energia e impulso proporzionali alla frequenza) si
vedrebbe
che il ragionamento di H. non darebbe i suoi frutti: potrei
focalizzare il fascio
a piacimento perdendo in definizione in frequenza, ma questo non
significherebbe
piu' una perdita di informazione sull'impulso assorbito
dall'elettrone...
Non ci ho mai pensato dettagliatamente in questo esperimento
particolare, ma
credo che, lasciando cadere le ipotesi di quantizzazione, l'errore sia
sulla
posizione che sull'impulso si possa rendere arbitrarimanrte piccolo.
In ogni
caso, se prendi il bel libro "I trenta anni che sconvolsero la fisica"
di
Gamow, puoi leggere una analisi della situazione in un esperimento
analogo (tratto da esperimenti ideali di Heisenberg). Si vede
chiaramente in quel caso
 che, senza assumere ipotesi di quantizzazione, la perturbazione sullo
stato del sistema da osservare si puo' rendere piccola a piacere
calibrando bene la sonda
che si usa.
Ma appena "accendi" le ipotesi di quantizzazione, compare una
relazione tra posizione e impulso mediata dalla costante di Planck che
fa nascere la celebre disuguaglianza.


La storia non finisce qui e non puo finire cosi'. Nell'ottica di sopra
non c'e'
alcun modello consistente di radiazione EM. Usando altre
"dimostrazioni"
del principio di H. si vede che in altre situazioni, H. assumeva anche
la natura
ondulatoria dello stesso elettrone, insieme, ovviamente a quella
corpuscolare.
Anche questo e' privo di senso dal punto di vista di una teoria
fisica.
Con l'assunzione ad hoc di entrambe le nature della materia
(o della radiazione), non si puo' andare molto avanti. Voglio dire,
per esempio
il modello a quarks o l'interazione elettrodebole ma anche cose piu'
banali,
non sarebbero mai venute fuori e non sarebbero state spiegate.
Per costruire uno schema logico di riferimento, appunto dato dalla
formulazione
della MQ, si deve abbandonare l'idea che le particelle siano
"palline", ma anche
quella che siano "onde". Si definisce l'idea di sistema fisico
quantistico
(che non e' ne' un insieme di palline e nemmeno di onde) ma e'
un'altra cosa.
Ora non posso mettermi a fare una lezione di fondamenti di MQ (in ogni
caso
qualche anno fa ho postato su isf, su richiesta, tutti i postulati
della MQ,
se fai una ricerca su google trovi il mio vecchio post).
Mettendosi a questo livello, il principio di H. diventa un teorema
abbastanza
semplice da dimostrare.


> E qui l'idea della sovrapposizione di stati diventa solo un escamotage
> dialettico metafisico per poter descrivere ci� che probabilmente
> succede all'interno della nube che rappresenta l'elettrone, una capacit�
> "in potenza" di quella nube di poter assumere un certo numero di
> autostati per ogni particolare osservabile che ci interessa.
>

No, se ho capito bene quello che intendi ti sbagli, tu stai
pensando che la MQ si riduca a "ci sono comunque le palline classiche,
ma a causa dell'interazione con lo strumento, noi non possiamo
determinarne
con precisione posizione e impulso che ci sono comunque, prima che
cerchiamo di osservarle perturbandole"

Nella furmulazione della MQ NON ci sono ne' le palline classiche e, in
generale,
nemmeno la posizione e l'impulso: indeterminazione non significa che
noi
non le consciamo significa che non esistono.
Se tu ritieni che invece tutto questo sia "metafisica" e si possa
ridurre
tutta la MQ a
"ci sono comunque le palline classiche, ma a causa dell'interazione
con
lo strumento noi non possiamo determinarne con precisione posizione e
impulso che ci sono comunque, prima che cerchiamo di osservarle
perturbandole"
accomodati, ci sono varie persone che pensano che sia cosi': sono
quelle
che propongono le "teorie a variabili nascoste".
Prima di tutto pero' ti devo mettere in guardia sul fatto che basti la
meccanica classica: tutte le teorie del tipo detto, per spiegare
fenomeni ben
noti sperimentalmente (es. diffrazione degli elettroni da due
fenditure)
devono assumere comunque un modello di particella piu'complicato di
quello classico, per esempio, bisogna aggiungere il potenziale
quantico di Bohm.
In ogni caso, al momento non esiste nessuna teoria a variabili
nascoste
che sia in grado di competere con la MQ (includendo la teoria
quantistica dei
campi). Cioe' tutte queste teorie non riscono nemmeno a spiegare tutto
quello che spiega (intendo fenomeni sperimentali) la MQ.
Che la MQ sia una "porcheria" per quanto rigurada il processo di
misura
e' anche vero. Per ora pero' nessuno e' riuscito ad escogitare
qualcosa di meglio.

Ciao, Valter
Received on Sun May 25 2003 - 14:44:13 CEST

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