Re: un semplice esercizio di meccanica

From: Woodridge <woodridge_at_libero.it>
Date: Tue, 18 Mar 2003 21:56:18 +0000 (UTC)

Chiedo scusa a Frisio se non sono stato subito esplicito, e' un
periodaccioo per me e ho scritto il primo intervento in tutta fretta.
Ebbene si, non e' sempre vero che negli urti si conserva la quantita' di
moto. Non SEMPRE.
Come voi mi insegnate, un urto e' un'interazione tra due sistemi in cui
questi si scambiano forze "molto intense" in un tempo "molto breve". La
traduzione di questi due "molto" e' la seguente: l'effetto delle forze
esterne al sistema costituito dai due sistemi urtanti e' in genere
trascurabile.
Ecco il punto: in genere, ma non in generale!
Piu' precisamente e piu' formalmente, si distinguono, tra le forze
esterne, quelle impulsive e quelle non impulsive. Le prime sono quelle
forze in grado di presentare "picchi" di intensita' in un tempo "molto"
breve, e dunque il loro effetto si fa sentire nell'urto. Le seconde non
sono invece in grado di fare cio', hanno un loro valore piu' o meno
definito o limitato, e sono trascurabili nell'urto. Tra le seconde ci
sono piu' o meno tutte le forze piu' comunemente descritte nella
fenomenologia: peso, elastica, attrito, elettrica et similia. Le
rappresentanti piu' comuni delle forze impulsive, invece, sono le
reazioni vincolari. Un vincolo (parete, binario, perno...), infatti, e
in grado di "rispondere" a forze comunque intense con una pari
intensita' (posto, ovvio, che non si arrivi alla rottura del vincolo).
Che c'entra con la coservazione della quantita' di moto?
Semplice: se la risultante delle forze esterne a un sistema fisico e'
nulla, la quantita' di moto del sistema si conserva.
Quindi, se nell'urto le forze esterne sono trascurabili, si conserva la
quantita' di moto complessiva. Questo pero', per quanto detto, non
accade sempre, ma solo in assenza di forze esterne impulsive.

Tanto per uscire dall'astratto, possiamo fare un paio di esempi se vi
va.
L'autore del thread, roberto, parlava di un pendolo semplice urtato da
una massa puntiforme m. La m urtava con velocita' v e emergeva con
velocita' v/2.
Ecco, il pendolo e' un esempio classico del discorso fatto. Il pendolo
e' vincolato a un perno. In generale, non si conserva la quantita' di
moto, perche' c'e' la reazione vincolare del perno che e' impulsiva. Si
conserva pero' il momento angolare rispetto al perno, perche' il momento
della forza impulsiva vincolare rispetto al perno e' nullo (essendo il
perno il punto di applicazione). Pertanto, per calcolare la velocita' V
con cui e' messo in moto il pendolo (diciamo l la lunghezza del filo del
pendolo, M la massa), l'equazione FORMALMENTE corretta da impostare e'
quella della conservazione del momento angolare:
m*v*l = m*v/2*l + M*V*l
Il saggio Frisio obiettera': "bella perdita di tempo... se semplifico l
riottengo l'equazione della conservazione della quantita' di moto!". :-)
Giusto, e percio' io ho evidenziato l'avverbio FORMALMENTE: perche' in
questo caso (in questo) la questione era solo formale.
Cio' accade per due motivi:
1) il pendolo in questione e' un pendolo semplice, cioe' una massa
puntiforme legata al perno da un filo privo di massa;
2) la particella m urta il pendolo ortogonalmente al filo (la m si
muoveva in orizzontale, il pendolo era a riposo, col filo in verticale).
Infatti il filo esercita la sua reazione solo se si tenta di allungarlo
(vincolo unilaterale). In altre parole, "nell'istante" dell'urto la m
non tende a "tirare" il filo (piu' formalmente: la forza impulsiva non
agisce sulla componente orizzontale del vettore quantita' di moto, che
in questo esempio e' l'unica non nulla). E' pero' chiaro che se la m
colpisse dall'alto (non necessariamente in verticale, anche con un
angolo), il filo reagirebbe e la quantita' di moto non si conserverebbe
(caso estremo per convincersi: urto completamente anelastico con m
incidente dall'alto sulla verticale... e ovviamente filo che non si
rompe: m e M rimangono incollate e immobili, e la m*v iniziale e'
diventata zero alla fine).
Piu' interessante e meno speculativo il caso di un pendolo composto,
cioe' un sistema esteso massivo vincolato a un perno e libero di
ruotarci attorno. In questo caso l'equazione della conservazione della
quantita' di moto (in cui V sarebbe la velocita' del centro di massa)
sarebbe del tutto errata. L'equazione corretta e' SOLO quella del
momento angolare conservato, che si scrive:
m*v*l = m*v/2*l + I*w
con l distanza perno-punto di impatto, I momento di inerzia del pendolo
composto rispetto al polo perno e w (leggi: omega) velocita' angolare
con cui ilpendolo massivo e' messo in rotazione dall'urto.
Scrivere:
m*v = m*v/2 + M*V
e' in questo caso ERRATO.
Caso estremo per convincersene: se il perno e' nel centro di massa del
corpo esteso e m colpisce in periferia, il pendolo composto ovviamente
e' messo in rotazione, ma altrettanto ovviamente V=0 (il centro di massa
e' imperniato).
Il problemino dell'urto di un punto materiale su un'asta rigida
imperniata lo si trova comunque in varie salse su svariati testi di
meccanica classica.

Tanto per non dare l'impressione di voler sparare alle mosche col
cannone: se non volete pensare al pendolo, pensate all'urto di un punto
materiale su una parete: il punto rimbalza indietro, la parete,
vincolata al pavimento, non si muove, il che significa che la quantita'
di moto non si conserva (si conserva solo tangenzialmente alla parete,
perche' questa reagisce con una reazione solo lungo la normale).

Perdonatemi se vi ho tediato.

Saluti

Woodridge



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Received on Tue Mar 18 2003 - 22:56:18 CET

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