Re: SP 1.10

From: Giorgio Bibbiani <giorgiobibbiani_at_tin.it>
Date: Fri, 25 Oct 2024 16:00:28 +0200

Il 25/10/2024 15:04, Giorgio Pastore ha scritto:
...
> Io cercherei di chiarire meglio la situazione, perché la confusione è dietro l'angolo se non si specifica di che campo E si sta parlando.

Premetto che capisco benissimo il tuo discorso, che sostanzialmente deriva dalla necessità
di avere una definizione operativa per calcolare E (qui con un procedimento ideale, che
dà poi un risultato in accordo con le misure relative a fenomeni dipendenti da E)
in un dato punto dello spazio nel caso in cui sia generato da una distribuzione assegnata
di cariche all'equilibrio elettrostatico, senza perturbare la distribuzione, ma a mio parere
è campo E è _uno solo_, quello definito formalmente come rapporto tra la forza agente su
una carica di prova non nulla puntiforme in quiete (dunque non soggetta ad altre forze
eccetto quella elettrica) e la carica stessa; questo è un campo definito localmente,
dipendente dal dato tempo e dalla data posizione, cioè associato a un dato evento,
come scrivevo nel mio messaggio del 18 c.m. h 7:20.
Poi, in generale, la presenza della carica di prova potrà avere perturbato quello che sarebbe
stato _altrimenti_ il campo associato a un dato evento, ma questo non mi sembra un problema
per la _definizione_ di E...
Incidentalmente questa definizione si applica senza problemi anche a campi variabili nel tempo
e al campo E libero non associato a cariche.

> Faccio un discorso fisico che precede (e deve essere tenuto in conto da) qualsiasi formalizzazione.
>
> Abbiamo un sistema di cariche elettriche (puntiformi, linee cariche, superfici, sia su isolanti sia su conduttori). Sappiamo che una carica
> posta in un punto non troppo lontano da questa regione sarà sottoposta a una forza elettrostatica.
>
> Sappiamo anche che, in generale, la forza su questa carica non dipende solo dall' ambiente ma anche dalla carica stessa. Questa dipendenza, a
> meno di casi particolari, NON è lineare nella carica. Il motivo ovvio (?)  è che la carica, non solo è soggetta all'azione delle altre cariche
> ma esercita anche una forza su queste, provocando in genrale, riaggiustamenti delle posizioni delle cariche nell' ambiente.
>
> In altre parole, la forza è una proprietà dell'insieme carica+ambiente.

In generale allora la forza sarà anche funzione del tempo, bisogna dare alle altre cariche il tempo di riarrangiarsi...

> Anche se formalmente fattorizzo la forza in un prodotto di carica q per campo elettrico E, in generale E dipende sia dall' ambiente , sia da q.
>
> Però, se la carica introdotta nell'ambiente è sufficientemente piccola, la perturbazione dell' ambiente è anche piccola. Nella situazione
> estrema di carica veramente molto piccola possiamo trascurarla, definendo così un "ambiente ideale" che non risponde alla carica che
> introduciamo. La descrizione di questo ambiente imperturbato è codificata dal campo vettoriale E, quando non dipende più da q. Per determinarlo
> dobbiamo allora procedere con cariche q (le cariche di test) via via più piccole; con ciascuna q si valutano le forze e poi si esamina la
> situazione per q->0. In pratica basta prendere cariche così piccole da non dare più variazioni di E.
>
> Quindi riassumendo, in generale E, definito come F/q, dipende da q ma solo per campi sufficientemente deboli ne diventa indipendente e
> costituisce una caratterizzazione dello stato delle sole cariche dell' ambiente. Se adesso *definiamo* campo elettrico non il rapporto F/q ma il
> limite dello stesso rapporto per q->0 questo chiaramente non dipende più da q "per costruzione".

Ma questo limite non si può realizzare neanche idealmente, la carica è quantizzata!
Ancora, secondo me, è allora preferibile dare una definizione di E che risulti _esatta_
indipendentemente da quale possa essere il valore dell'ipotetica carica di prova,
accettando che la presenza della carica di prova possa perturbare quello che altrimenti
sarebbe stato il valore locale di E, in questo modo risulta sempre esattamente vera
la legge della forza e.m. F = q(E + v x B) indipendentemente da quale possa essere
il valore di q, che abbia o no perturbato la distribuzione delle altre cariche che
abbiano generato E, e senza che ci si debba chiedere se il campo E nella formula
sia quello imperturbato o no.
Poi, è chiaro che se devo in un esercizio calcolare il moto di un corpo di carica q
tra le armature di un condensatore piano, per semplificare il calcolo potrò imporre che
q sia abbastanza piccola da non perturbare il campo esterno, ma questo è un altro discorso.

> Quello che spesso rende difficile seguire questo ragionamento è il partire e finire con la legge di Coulomb per cariche puntiformi. In quel
> caso, la forza è sempre lineare nella carica che introduciamo e si perde di vista il fatto che in genere è l'eccezione e non la regola.

IMHO la forza elettrica è sempre lineare nella carica di prova,
comunque spero di aver motivato chiaramente la mia _scelta_.

Ciao

-- 
Giorgio Bibbiani
Received on Fri Oct 25 2024 - 16:00:28 CEST

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