Angelo M. ha scritto:
> Non credo che dal risultato di questo esperimento si possa inferire il
> principio di relatività galileiana.
Secondo me dovesti leggere con più attenzione quello che gli altri
scrivono.
Io non ho mai detto che il PR si possa "inferire".
Al contrario, ho scritto:
> Se si ammette questo [il PR], ne segue che il moto del sasso visto
> dalla terraferma sarà la composizione del moto orizzontale della
> nave e della caduta verticale del sasso nel rif. della nave, col
> risultato di una traiettoria parabolica.
Hai aggiunto:
> G. non tratta la legge oraria, né la traiettoria. Si limita a
> discutere il punto di impatto del sasso sulla tolta. Il punto di
> impatto del sasso sulla tolta non può dipendere dal fatto che lo si
> guarda dalla terra piuttosto che dalla nave. Sarebbe, ovviamente, lo
> stesso in qualsiasi trasformazione.
Qui ho diverse obiezioni.
La prima è di carattere storico.
E' vero che né nella risposta a Ingoli né nei "Massimi Sistemi" G.
parla di legge oraria e traiettoria, ma questo non ci autorizza a
pensare che non ne sapesse.
Ho visto ora, leggendo l'introduzione ai MS che la scrittura di quel
libro fu assai travagliata: iniziò nel 1624, anno della "Risposta" a
Ingoli, mentre la pubblicazione è del 1632.
La legge di caduta dei gravi e il moto dei proiettili sono
diffusamente trattati nei "Discorsi", pubblicati nel 1638 in Olanda,
dopo che il manoscritto era stato portato fuori clandestinamente dalla
villa in cui G. era costretto agli "arresti domiciliari".
E' molto plausibile che le idee base fossero già chiare a G. anni
prima (plausibile, certo non dimostrato, almeno sulle incomplete
conoscenze del sottoscritto, che non è uno storico).
Dovresti anche evitare di voler leggere Galileo con gli occhi di oggi.
Tirare in ballo le "trasformazioni" significa saltare almeno due secoli
oltre...
E' invece importante aver presente che l'enunciato galileiano del PR
non tratta affatto di cambiamenti di riferimento.
Asserisce invece che la fisica è la stessa in due diversi rif.
inerziali.
La differenza è quella che Wigner espresse, non so più dove, con due
diversi avverbi: "bodily the same" oppure "subjectively the same".
"Bodily the same" significa che tu osservi (misuri) *lo stesso
fenomeno* da due diversi rif. e ti chiedi come cambiano le grandezze
fisiche misurate dall'uno o dall'altro rif.
"Subjectively the same" invece significa che tu (e un tuo
collaboatore) eseguite lo stesso esperimento* in due rif. diversi. Qui
"lo stesso" significa che usate oggetti e strumenti diversi, ma
fisicamente uguali, create le stesse condizioni, e verificate se lo
svolgimento del fenomeno è o no lo stesso.
Il PR dice che dovrà essere lo stesso.
Cosa che si esprime anche col "principio del taccuino": tu e il tuo
collab. tenete due taccuini (log book) dell'esperimento.
Se i taccuini non sono firmati (o si ricorre a una perizia
calligrafica) sarà impossibile decidere "which is which": quale dei due
taccuini è stato scritto da te e quale dal collab.
> Il fatto che il punto di impatto sia vicino all'albero, invece,
> induce a supporre il principio d'inerzia, rispetto al moto
> orizzontale.
Certo, e infatti questo dice G.
Però non sempre e non in modo chiaro.
In qualche punto assume il PR (il che si capisce, perché alla fin fine
il suo scopo è di smontare le obiezioni al moto della Terra.
A lui serve poter asserire che stando sulla Terra *non si può capire*
se questa si muove o sta ferma, proprio come accade sulla nave.
In altri punti (delle stesse pagine) sembra invece che l'assunto che
vuol indurre sia il PI (principio d'inerzia): il sasso si muoveva con
la nave prima di essere lasciato libero, e mantiene quel moto
orizzontale. (Nota che qui si ragiona nel rif. della terraferma.)
Sebbene sia chiaro che G. fa uso dell'indipendenza dei due moti,
orizzontale e verticale, va anche detto che il tutto nella mente di G.
è tutt'altro che ben sistemato, anche perché G. è ancora lontano dal
fare della dinamica.
Newton 50 anni dopo avrebbe potuto dirlo in modo ban più chiaro e
semplice: F=ma è una legge lineare, quindi il moto ha componenti lungo
due direzioni diverse che dipendono separatamente dalla forza lungo
quelle direzioni.
Cosa vera in in generale, ma solo sotto certe condizioni per la legge
di forza. Il caso più semplice è quando F resta costante in grandezza e
direzione.
Faccio questa osservazione perché del famigerato "principio
d'indipendenza dei movimenti" si trova traccia in diversi libri di
testo, senza che siano mai specificate le condizioni di validità.
Va anche detto, per completezza, che G. *sta sulla Terra*, nel senso
che non si sogna neppure di studiare moti che non siano "terrestri" (a
cominciare da quello dei pianeti; non è un caso se ignora totalmente
il lavoro di Keplero).
E anche il suo PI è incerto: a un certo punto si accorge che un piano
orizzontale molto esteso non va bene, perché la distanza dal centro
della Terra varia da punto a punto. Per cui sembra propendere per un
PI "circolare": la velocità di un corpo si manterrebbe se lo si
facesse muovere su una sup. sferica concentrìca alla Terra, non già su
di un piano...
PS. Siccome non mi fido completamente di tutti quelli che mi leggono,
chiarisco che non mi sono messo a "fare le pulci" a G. col ridicolo
intento di sminuirlo.
Conosciamo tutti la frase attribuita a Newton: "se ho visto più
lontano di altri è perché stavo sulle spalle di giganti."
Non so se l'abbia detta o scritta davvero, ma sono certo che N. tra
quei giganti avrebbe incluso Galileo.
Le incertezze e occasionali errori di G. vanno inquadrati nel tempo e
nella cultura in cui si muoveva. A noi riesce difficilissimo capire
quanto sia stato faticoso liberarsi certi preconcetti, ragionare in
modo indipendente.
Solo gli sciocchi pensano che i grandi non debbano sbagliare mai.
Non è questo che serve per essere grandi: serve essere capaci di
aprire strade nuove che poi altri allargheranno, ripuliranno per bene,
faranno diventare comode autostrade che *noi* dovremmo essere capaci
di percorrere senza errori e incertezze.
--
Elio Fabri
Received on Wed Jan 19 2022 - 10:40:15 CET