Vittorio ha scritto:
> per la verit�, anche io non ho capito perch� questa benedetta corda si
> deve spezzare.
> ...
> Saluti e se lo rispieghi dettagliatamente mi(ci: siamo in tanti) fai
> un piacere
Va bene, facciamolo questo piacere :-)
La difficolta' principale e' che debbo scrivere un po' di formule, e
vorrei alleggerirle il piu' possibile. Percio' usero' u invece di tau
per il tempo proprio, e altri simboli diversi da quelli usuali.
Cominciamo col moto iperbolico: x = q cosh(u/q), t = q sinh(u/q) dove q
e' per ora una costante assegnata.
Le componenti x e t della q.velocita' sono
wx = sinh(u/q), wt = cosh(u/q).
Le componenti x e t della q.accelerazione sono
ax = (1/q) cosh(u/q), ay = (1/q) sinh(u/q).
Da qui si vede che ax^2 - at^2 = 1/q^2: il moto e' dunque con accel.
costante, nel senso dell'invariante.
Ma e' anche con accel. costante in un altro senso: e' il moto che si
ottiene se si applica a un punto materiale di massa m una forza costante
F.
Infatti: F = dp/dt, p = Ft, ma p = m*ux, quindi ux = Ft/m.
Dal teorema delle forze vive: dE = F dx, E = Fx + cost.
Nota che per t=0 il corpo e' fermo, quindi E=m. Scelgo l'origine delle x
in modo che per t=0 sia x = m/F. Allora E = Fx.
Da E^2 - p^2 = m^2: x^2 - t^2 = (m/F)^2.
Tenendo conto che si conosce ux, si vede subito che
x = (m/F) cosh(Fu/m), t = (m/F) sinh(Fu/m).
Abbiamo dunque proprio il moto iperbolico, con q = m/F.
Osserva poi che se si cambia riferimento il moto iperbolico resta tale,
con la stessa q. Lo si puo' capire in tanti modi. Uno e' che x^2 - t^2
e' invariante per trasf. di Lorentz. Un altro e' che la componente x
della forza e' invariante, quindi se il moto e' sotto forza costante F
in un rif., e' ancora moto sotto la stessa forza costante F in ogni
altro rif. (che si muova lungo x).
Consideriamo ora un secondo moto iperbolico, con diversa q:
x = q' cosh(u'/q'), t = q' sinh(u'/q').
Dato che q' e' diversa q, e' anche diversa l'accelerazione, e la
distanza fra i due punti, *presa a un dato t*, diminuisce.
Osserviamo pero' che le q.velocita' dei due moti sono uguali, se si
prendono i tempi propri in modo che sia u/q = u'/q'. Cio' vuol dire che
se si prende il rif. tangente al primo a un certo u, questo e' anche
tangente al secondo a u' = q'u/q.
Dunque a ogni u esiste un rif. inerziale in cui *entrambi i punti sono
fermi*. La loro distanza si calcola facilmente: e' l'invariante della
separazione fra i due eventi (x,t) del primo moto calcolato in u e (x,t)
del secondo moto calcolato in u'. Fai il conto, e trovi che la distanza
vale |q-q'|, ossia e' costante.
Riepilogando: esiste una famiglia di rif. di quiete comuni ai due moti,
e in ciascuno di questi rif. la distanza fra i due punti e' sempre la
stessa. (Nota che invece l'accel. dei due punti e' costante, ma *non e'*
la stessa!)
Se ora tendi una corda tra i due punti, dato che nel rif. di quiete la
distanza resta costante, la corda rimane tesa e non si rompe.
Da qui segue che se invece il secondo punto si muove in modo diverso, in
particolare se lo facciamo muovere *con la stessa accelerazione del
primo*, le cose vanno diversamente:
- non c'e' un rif. di quiete comune
- nel rif. di quiete del primo punto il secondo punto si allontana
- quindi la corda si spezza.
Ci sarebbe ancora di dire, ma per ora penso sia meglio che mi fermi.
Cerca di assorbire tutto, e se qualcosa non ti torna ne riparliamo.
Dimenticavo: se pongo s = u/q, le relazioni iniziali che ho scritto
diventano x = q cosh s, t = q sinh s. (q,s) sono le "coordinate di
Rindler" di cui parla Valter. In queste coordinate la metrica si scrive
q^2 ds^2 - dq^2.
Visto che ormai conosci il sito ftp dove si trovano tutti i miei ...
segreti ;-) posso rimandarti, per maggiori dettagli, al cap. 2 (mi pare)
dei miei appunti di cosmologia (afrel).
Ci sarebbe anche un vecchio articolo sul "Giornale di Fisica" (roba di
almeno 10 anni fa) ma ora non ho a portata di mano l'indicazione esatta.
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Elio Fabri
Dip. di Fisica "Enrico Fermi" - Univ. di Pisa
Sez. Astronomia e Astrofisica
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Received on Mon Dec 24 2001 - 11:25:11 CET