Re: velocità nella dimensione tempo
Il giorno lunedì 24 gennaio 2022 alle 18:40:03 UTC+1 Giorgio Bibbiani ha scritto:
> Il 24/01/2022 12:17, Elio Fabri ha scritto:
> ...
> > Ora vorrei che tu mi dicessi - in tutta franchezza - se il lettore cui
> > Greene (con la "e" finale) si rivolge capirà qualcosa di tutto codesto
> > discorso, e più in generale di tutto il capitolo sulla RR.
> Premesso che io avevo letto il libro (in trad. italiana, preso in prestito)
> una ventina di anni fa e poi non più riletto, credo che a rimanermi
> maggiormente impressi furono un aneddoto su un qualche scambio di birre
> tra scienziati e il _nome_ (solo quello, per il resto non ci capii niente ;-)
> degli spazi di Calabi-Yau. Mi scuso per aver scritto scorrettamente il nome
> dell'autore, mi era sorto un dubbio leggendo "Green" nel messaggio dell'OP,
> ho cercato su Google, e sfortunatamente il primo link che ho aperto
> riportava lo stesso refuso, morale: mai fidarsi del primo link! ;-).
> > Un lettore - ti faccio notare - che si assume abbia difficoltà anche
> > con la più piccola formula matematica, che infatti l'autore pretende
> > di poter rimpiazzare con le sua montagne di parole.
> >
> > Faccio notare che in nessun punto Greene parla di sistemi di
> > riferimento, ma sempre e solo di "punto di vista" o di "prospettiva".
> Già, di conseguenza tutte le considerazioni che fa sulla relatività
> della simultaneità sono mal fondate, perché non ha specificato come
> in un dato riferimento si debbano sincronizzare gli orologi...
> Riguardo al funzionamento dell'orologio a luce, non spiega perché
> le dimensioni dell'orologio in un dato riferimento nella direzione
> trasversa a quella del moto non dipendano dalla sua velocità nel
> dato riferimento.
> > In qualche punto dice che gli effetti di dilatazione e contrazione
> > sono simmetrici, ma di nuovo ti chiedo: ti pare che il modo come lo
> > giustifica sia comprensibile?
> >
> > Richiamo in particolare la tua attenzione su questa frase:
> > "When an object moves through space relative to us, its clock runs
> > slow compared to ours. That is, the speed of its motion through time
> > slows down."
> > Tu capisci che cosa sarebbe "the speed of its motion through time"? Io
> > proprio no.
> Intende dtau/dt che _lui_ chiama così... ;-).
> > Sempre sullo stesso argomento, t'inviterei a leggere da pag. 39,
> > ultimo capoverso in fondo, fino a metà di pag. 40 (se ha l'ed.
> > italiana: è la parte finale del § intitolato "Ma allora chi si muove?"
> > Greene sta tentando di spiegare come sia possibile che la dilatazione
> > del tempo è simmetrica.
> > So cha non ho bisogno di dirti che cosa non mi va: sono certo che lo
> > capirai da solo.
> Direi che sia la stessa mancanza che in precedenza, per parlare di
> "dilatazione del tempo" di un orologio O in moto inerziale relativamente
> a un dato riferimento inerziale K occorre aver stabilito una procedura
> di sincronizzazione in K, l'intervallo di tempo _proprio_ misurato da O
> tra 2 assegnati eventi sulla sua linea di universo è minore di quello
> _coordinato_ in K _tra gli stessi eventi_, Greene usa l'artificio dei segnali
> inviati con il cellulare come surrogato della procedura di sincronizzazione
> e maschera il fatto che non si confronta direttamente (non si può confrontare,
> se sono separati) l'intervallo di tempo misurato da George con quello misurato
> da Gracie.
> > E non potrai negare che nessuno che non abbia già capito *bene* la RR
> > per proprio conto può capirci qualcoa.
> Concordo, e aggiungo che salvo il caso di svarioni palesi,
> è difficile in testi divulgativi accorgersi di errori e
> mancanze perché si tende inconsapevolmente a completare
> e interpretare il testo in base alle proprie conoscenze...
>
> Ciao
>
> --
> Giorgio Bibbiani
Non capisco questa campagna contro le opere divulgative della scienza.
Assumo per scontato che B. Greene non sia l'ultimo arrivato nella comunità dei fisici, e che quindi le cose le sappia. Il suo CV, a mio avviso, lo colloca nell’insieme dei fisici di prima grandezza.
E’ vero anche il fatto che la conoscenza approfondita di una materia non implica necessariamente la capacità di presentarla. La didattica è veramente un processo difficile. Ma qualcuno deve pur tentare la cosiddetta “divulgazione”.
Non credo che la ricerca delle modalità di "insegnamento a tutti” della fisica (o di altre discipline dure) sia a priori destinata al fallimento. Il successo o il fallimento dipende dall’obiettivo.
Faccio il mio personale esempio. Ho appreso, al liceo, le normali basi di fisica e di matematica. Ho poi fatto, all’università, Scienza della Comunicazione. Attualmente mi occupo di formazione nel settore Risorse Umane di una grande azienda.
Ho dunque limiti di tempo, di energie, di basi culturali, di contatti specifici.
Perché mai dovrei rinunciare a capire (la parola è grossa, me ne rendo conto) i principi centrali delle teorie che hanno fatto lo sviluppo della conoscenza? Come posso fare se non riferendomi alla “divulgazione”?
Received on Tue Jan 25 2022 - 09:10:57 CET
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