Re: 3° principio: chi mi risponde ?

From: Elio Fabri <fabri_at_df.unipi.it>
Date: Wed, 26 Sep 2001 11:21:01 +0200

Chicco ha scritto:
> No, per me la forza centrifuga non � una forza fantasma, ma � l'unica forza
> attiva.
> E' la forza centripeta ad essere reattiva, ma pur sempre reale.

Prima di tutto sara' bene mettersi d'accordo sulla terminologia.
In meccanica si usa distinguere tra "forze attive" e "reazioni
vincolari".
Sono forze attive la forza di gravita', le forze elettriche e
magnetiche, in generale quelle prodotte da campi.
Reazioni vincolari sono quelle che un corpo risente per il contatto con
altri corpi (vincoli, di solito rigidi) che ne delimitano la liberta' di
movimento.
La distinzione ha valore soprattuto per una ragione: le forze attive
sono note "a priori", non sono incognite nello studio di un moto. Le r.
vincolari invece sono sconosciute finche' non si e' risolto il moto, per
cui e' bello poterle eliminare dalle equazioni, come si fa ad es. col
formalismo lagrangiano.

Mi sembra invece di capire che il tuo uso dei termini "attivo/reattivo"
sia associato al terzo principio, con la sua "azione/reazione". Niente
di male, purche' si sappia di che cosa si sta parlando...
Va anche detto che la terminologia "azione/reazione" e' pericolosa,
perche' tende a creare una dissimmetria, che non sempre e' giustificata:
"azione" e' vista come causa, "reazione" come effetto.
Ma e' ovvio che per es. nel caso di Terra e Luna le due forze non sono
l'una causa e l'altra effetto: esistono insieme, per la stessa causa, la
gravita'.

Ci sono pero' casi in cui si puo' parlare di causa ed effetto, e quello
della corda e del sasso e' fra questi.
La presentazione tradizionale e': la corda tira il sasso verso il centro
(azione centripeta) percio' il sasso reagisce sulla corda con una forza
opposta (reazione centrifuga).
Debbo dire che io non condivido questa ... tradizione, e qundi forse
sono d'accordo con te, se ho capito cio' che intendi.
Cerco di dire brevemente il mio punto di vista.

Come fa la corda a sapere (a decidere) qual e' la forza centripeta
giusta da applicare al sasso? E' ovvio che la forza centripeta non e'
l'inizio della storia...
Il sasso per suo conto (per inerzia) andrebbe diritto, ma cosi' facendo
tende ad allungare la corda (che infatti, non essendo mai perfettamente
rigida, un po' si allunga). Questa deformazione della corda altera
l'equilibrio microscopico interno alla corda, e fa nascere una tensione,
che puo' anche essere superiore a quella che la corda puo' sopportare:
allora si rompe.
Dunque c'e' prima il sasso che applica una forza alla corda (che puo'
resistere o no) e poi, per reazione, nel senso del terzo principio, la
corda che applica una forza al sasso.
Allora questo cessa di andare diritto, e curva, limitando cosi' la
deformazione causata alla corda. Si raggiunge presto un equilibrio,
ossia la traiettoria del sasso si aggiusta in modo che la forza
applicata alla corda sia quella necessaria per deformarla quanto basta,
e che la reazione della corda sia quella giusta per tenere il sasso
sulla traiettoria.

Ho paura che questo discorso "eterodosso" riuscira' ostico a molti,
perche' non si fa mai riflettere che il semplice moto circolare uniforme
con forza centripeta sul sasso ecc. e' il risultato finale di un
transitorio, in cui forze e deformazioni cambiano fino ad aggiustarsi al
modo solito.
Prova ne sia, che se al posto della corda si usa un elastico, e' molto
difficile realizzare il moto circolare: si ottiene molto piu' facilmente
una traiettoria piu' o meno ellittica, in cui alternativamente la
deformazione dell'elastico o e' troppa (e allora il sasso viene
richiamato vero l'interno) o e' troppo poca (e il sasso comincia ad
allontanarsi).
Si capisce anche bene perche' la massa del sasso e' decisiva: se la
massa e' molto grande, sara' piu' difficile farlo deviare dalla sua
traiettoria ... preferita (quella rettilinea). Lui continua ad andare
diritto, la corda si allunga, cerca di resistere, ma alla fine non ce la
fa, e si rompe.

Chi non fosse ancora convinto, pensi a un altro esempio: due parti di
una stazione spaziale, collegate da una cordicella, inizialmente lenta.
Se una delle due parti si allontana dall'altra, a un certo punto la
cordicella si tende. La tensione interna produce per reazione una forza
(anzi due) che tenderebbe a frenare le due masse in moto... Ma quelle
hanno una massa tale, che neppure si accorgono dell'esile tentativo, e
continuano ad allontanarsi. La cordicella non puo' seguire la
deformazione impostale, e tac...
Ora sostituite alla cordicella un robusto cavo: che cosa cambia? Quando
il cavo si tende, una piccolissima deformazione successiva produce una
tensione molto grande. La reazione sulle due masse e' altrettanto
grande, e le frena bruscamente, con un violento scossone.

Inifne: che cosa c'entra la velocita'? Ora e' facile: maggiore velocita'
significa che e' piu' difficile far deviare il sasso (a parita' di forza
applicata, il raggio di curvatura della traiettoria e' prop. al quadrato
della velocita': r = mv^2/F). Quindi raddoppiare la velocita' e' come
quadruplicare la massa.
-- 
Elio Fabri
Dip. di Fisica "Enrico Fermi" - Univ. di Pisa
Sez. Astronomia e Astrofisica
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Received on Wed Sep 26 2001 - 11:21:01 CEST

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