Re: La simultaneità

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_fastwebnet.it>
Date: Wed, 16 Feb 2022 15:35:17 +0100

danilob ha scritto:
> Su youtube imperversano video che spiegano come in RR la
> simultaneità della meccanica classica non esista più.
> ...
> Cosa dice la RR sulla simultaneità, in più di quanto già si
> ricava dalla semplice velocità finita della propagazione di un
> evento (che sia luminoso o sonoro)?
> ...
> Se non si può spiegare con parole semplici va bene lo stesso. Basta
> dirlo, non come fanno su youtube, dove dicono che è una cosa banale
> ;-)
Non ho risposto subito perché volevo vedere se avevo già qualcosa di
scritto, tra i tantissimi articoli, lezioni, interventi in questa o
quella occasione... Niente.
Ma la ragione la so: è che a mio parere la relatività della
simultaneità non è una delle cose fondamentali per capire la
relatività. Insieme con le famose contrazioni e dilatazioni.
Ho scritto "a mio parere", perché in questo sono piuttosto
controcorrente: dal più scalcinato divulgatore, fino alle ufficiali
"Indicazioni Nazionali" ministeriali, tutti sembrano pensarla in modo
opposto: sembra che la relatività sia tutta lì.

Quindi non mi resta che scrivere qualcosa ex-novo per l'occasione.
E vedrai che non ci vogliono né "parole astruse" né della matematica
che vada oltre la scuola media.
La difficoltà dell'argomento è un'altra: sta nella capacità di seguire
un ragionamento semplice ma controintuitivo, accettando le conseguenze
logiche delle premesse senza farsi mettere fuori strada da una
cosiddetta "intuizione" usata a sproposito.
E' questa capacità che richiede uno sforzo e un po' di allenamento,
quindi non tutti ci riescono di primo acchito.

Ma cominciamo per il momento dalla fine, ossia da che cosa
precisamente s'intende con "relatività della simultanieità".
Per prima cosa quello che *non* s'intende: niente a che vedere con
quello che dici:
> quanto già si ricava dalla semplice velocità finita della
> propagazione di un evento (che sia luminoso o sonoro)?
Intanto una questione terminologica. In questo contesto (la
relatività) la parola "evento" ha un significato preciso, ben distinto
da come lo hai usato per es. nella frase che ha appena citato.
Si chiama "evento" un fenomeno fisico che abbia una ben precisa
localizzazione nello spazio e nel tempo, e che nel ragionamento viene
trattato come "puntiforme": un punto nello spazio e un istante di
tempo, ossia un punto nello spazio-temo.

Ora consideriamo due tali eventi. Li diremo "simultanei" se avvengono
allo stesso tempo.
Ma qui si vede subito la profonda differenza della visione
einsteiniana rispetto a quella newtoniana.
Per Newton il tempo è *assoluto*, il che vuol dire che a un evento si
può assegnare un valore preciso di tempo, senza bisogno di specificare
altro.
E' la concezione che il senso comune (almeno nel nostro mondo) usa
senza neppure chiedersi se potrebbe essere diversamente.
Un amico mi telefona: "guarda che il treno è in ritardo, l'arrivo a
Pisa è previsto per le 17:40 invece che alle 17:15".
Potrà anche aggiungere: "*ora* sono le 17:10, ci vediamo tra
mezz'ora".

Il tempo assoluto sta tutto in quel piccolo avverbio: "ora". Siamo
tutti d'accordo che ciò che è "ora" per me lo è anche per lui, e che
potrei anche dire "proprio ora una sonda spaziale ha preso terra su
Marte".
Per tutti noi ha senso dire "ora" senza ulteriori specificazioni.

Einstein invece afferma che non ha senso parlare di tempo se non si
specifica il *sistema di riferimento* (rif.). Si può definire in modo
univoco il tempo in un dato rif., anche in punti diversi, perché
possiamo sempre *sincronizzare* gli orologi, per es. tra Pisa e
Helsinki, perché i due luoghi sono in quiete relativa, esiste un rif.
in cui sono entrambi fermi.
Ma se l'amico sta a bordo di un aereo in volo la musica cambia: questi
sono due rif. diversi e la sincronizzazione non è possibile. Peggio
ancora sarebbe se l'amico stesse su Marte... (Non per la distanza, ma
per la velocità.)

S'intende che per la vita pratica le differenze sono inavvertibili, ed
è per questo che prima di Einstein (e anche dopo) nessuno ci aveva
pensato e ci pensa. Ci vogliono orologi ultraprecisi per rivelare le
differenze.
Nota che oggi quegli orologi esistono e si possono dare prove
sperimentali che le cose stanno così. Al tempo di Einstein invece
(oltre un secolo fa) ci si poteva arrivare solo col pensiero.
Quindi ora, dopo questa lunga premessa, vediamo come ci arriva
Einstein.

Quella che segue è la descrizione di un esperimento ideale.
Mi sembra necessario chiarire che cos'è un "esperimento ideale",
perché in giro vedo troppa confusione.
Non è un esperimento "di fantasia". Può essere irrealizzabile perché
richiede condizioni che vanno al di là delle possibilità della tecnica
attuale (ma diventerà magari realizzabile fra 10 anni).
E' però necessario che non sia in contrasto con le leggi fisiche note.
Anche perché in realtà un esp. ideale ha proprio lo scopo di mostrare
conseguenze nuove di queste leggi fisiche.

Nel caso in questione l'esp. fa uso di due diversi rif., che
chiameremo "treno" T e "stazione" S. Il treno viaggia a una velocità
costante v, non ferma in quella stazione. Sul treno si fa un
esperimento e se ne misura l'esito anche nel rif. della stazione, ossia
con strumenti *fermi in S*.
L'esper. produce due eventi che sono ovviamente simultanei in T, e
tutto si riduce a dimostrare che non lo sono in S.

Però occorre una premessa, che è la novità introdotta da Einstein:
l'invarianza della velocità della luce. Che cosa significa?
Nel rif. T c'è una sorgente di luce, posta a metà del treno, che
emette simultaneamente due lampi: uno diretto verso la testa A del
treno e l'altro verso la coda B.
I due lampi vaggiano entrambi alla velocità c (per la precisione,
dobbiamo supporre che l'esperimento si svolga *nel vuoto*).
Possiamo asserire questo perché Einstein postula che la velocità della
luce nel vuoto sia sempre c, *in qualunque rif. inerziale*.
Non ha importanza che il treno stia correndo a una certa velocità v
rispetto a S: il postulato è che la velocità dei lampi sarà sempre c,
che il treno sia fermo o corra veloce.
Naturalmente i postulati fisici (a differenza di quelli matematici)
vanno sottoposti alla verifica sperimentale, cosa che sarebbe avvenuta
con successo in tutto il secolo e oltre che ci separa da Einstein.

Dunque: i due lampi partono dal centro C del treno, percorrono spazi
uguali alla stessa velocità, quindi arrivano *simultaneamente* ai due
estremi A e B.
Questi (gli arrivi dei lampi in A e in B) sono due eventi simultanei
nel rif. T.
Ora dobbiamo dimostrare che *gli stessi eventi* non sono simultanei nel
rif. S della stazione.

Indichiamo con 2L la lunghezza del treno *misurata in S*.
(La precisazione è necessaria perché non è ovvio a priori che la
lunghezza sia la stessa anche in T - in realtà sappiamo che esiste la
contrazione di Lorentz.)
Tutti i tempi che introduco ora sono intesi nel rif. S.
Sia tC il tempo di partenza dei lampi da C, tA e tB i tempi di arrivo.
Il lampo che arriva in A viaggia per un tempo tA-tC. In questo tempo
il treno è avanzato di v*(tA-tC).
Quindi lo spazio totale che il lampo deve percorrere è
L+v*(tA-tC)
e il tempo occorrente è
[L+v*(tA-tC)]/c.
Dunque
c*(tA-tC) = L+v*(tA-tC)
ossia
tA - tC = L/(c-v).

Per il lampo che arriva in B il ragionamento è analogo, solo che lo
spazio percorso è
L-v*(tB-tC)
perché il treno viaggia *incontro* al lampo. Quindi
tB - tC = L/(c+v).

Ne segue che tB < tA: il lampo arriva prima in B che in A.
I due eventi coi tempi misurati in S *non sono simultanei*.
La differenza dei tempi è

tA - tB = L/(c-v) - L/c+v) = 2*L*v/(c^2 - v^2).

E' questa la relatività della simultaneità: due eventi che sono
simultanei in un rif. non lo sono in un altro.

Per chiarezza ripeto che la non simultaneità in S deriva dall'aver
assunto che la luce viaggi a velocità c tanto in S quanto in T.
Secondo la fisica newtoniana questo non sarebbe vero: essendo il tempo
assoluto, i tA, tB calcolati in T sarebbero validi anche in S, e
questo richiedrebbe (ripetendo i ragionamenti all'indietro) che non
potrebbero essere uguali (in S) le velocità dei due lampi.
Il lampo che va in A avrebe velocità c+v, quello che va in B velocità
c-v.
Il che ci può sembrare logico: se la luce ha velocità c nel treno,
rispetto alla stazione questa velocità si dovrà "comporre" con quella
del treno, risultando qundi c*v in avanti e c-v all'indietro.
Ma questa non è logica: è solo la conseguenza della convinzione
inconsapevole che il tempo debba essere assoluto.

Dunque:
- tempo assoluto ==> la vel. della luce si compone con quella del
treno
- velocità della luce invariante ==> tempo relativo al rif. (in
particolare, simultaneità relativa).
Quale sia la scelta giusta può dirlo solo l'esperimento. Non quello del
treno, che non è fattibile, ma ci sono innumerevoli altre conseguenze
di queste ipotesi che possono essere e sono state verificate
sperimentalmente, dando ragione a Einstein.

Tutto potremo dire, ma non che sia una cosa banale...
-- 
Elio Fabri
Received on Wed Feb 16 2022 - 15:35:17 CET

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