cometa_luminosa ha scritto:
> Questo perche' dalle equazioni:
>
> x = u (2)
> y = v - a*sin(u). (3)
>
> se ne deduce che a = 0 e quindi l'equazione:
>
> dw^2 = [1 + a^2 * cos^2(u)]*du^2 + 2*a*cos(u)*du*dv + dv^2
>
> diventa:
>
> dw^2 = du^2 + dv^2 ?
Mi sfugge lo strano ragionamento che puo' averti portato a questa
conclusione...
> Se si sostituisce x ad u e y a v:
> x = x
> y = y - a*sin(x)
>
> e affinche' le equazioni siano soddisfatte dovra' essere a = 0. Almeno
> l'ho intesa cosi'.
Ora che l'hai spiegato, mi resce ancora piu' incomprensibile di prima :-)
Ripeto il discorso, non tanto per te, quanto per il beneficio di altri
che possano aver avuto difficolta' analoghe.
Evidentemente una cosa che a me pare ovvia, non lo e' poi tanto :)
Abbiamo i due piani P e Q, nei quali abbiamo definito *separatamente*
due sistemi di coordinate cartesiane: (x,y) in P, (u,v) in Q.
Poi introduciamo un'applicazione dai punti di P a quelli di Q, che si
definisce nel modo piu' naturale come relazione tra le coordinate:
u = x (2)
v = y + a*sin(x). (3)
Queste vanno lette cosi': al punto di P di coordinate (x,y) faccio
corrispondere il punto Q di coordinate (u,v) date dalle formule sopra.
E viceversa, come ho detto.
Poi nasce il problema della metrica da adottare in Q.
La prima scelta e' di usare la normale metrica euclidea
dw^2 = du^2 + dv^2.
La seconda meno banale e' di _trasportare_ la metrica di P usando
l'applicazione. Questo si fa come ho mostrato: si scrivono (x,y) come
funzioni di (u,v), si differenziano, si sostituiscono i differenziali
nella metrica euclidea di P.
La formula che risulta l'ho scritta e non la ripeto.
E ora il punto che a quanto pare ha creato problemi.
Nel piano Q non sono obbligato a usare le coordinate (u,v): niente mi
vieta di "etichettare" un punto con le coord. (x,y) legate a (u,v)
dalle (2), (3). Ma se faccio questo, la seconda metrica e' dx^2 +
dy^2, perche' e' proprio cosi' che l'ho costruita.
Le rette di eq. v = c + a*sin(u) si descrivono con l'equazione y=c, e
quindi sono geodetiche.
Aggiungo un commento: abbiamo visto che nel piano Q si possono
definire due metriche tra loro diverse ed entrambe euclidee, ossia
tali che la varieta' (che ho chiamato "piano" per essere breve, ma
senza che ci si debba attribuire il significato usuale del piano della
geometria euclidea) riesce in entrambi casi senza curvatura.
In effetti questo si puo' fare in infiniti modi, ma naturalmente si
possono anche definire infinite metriche che rendono la varieta' curva.
Un solo esempio:
(1+u^2)*du^2 + (1+v^2)*dv^2 2uv*du*dv.
--
Elio Fabri
Received on Mon Oct 04 2010 - 21:39:49 CEST