Re: Dualismo onda particella

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_fastwebnet.it>
Date: Sat, 19 Mar 2022 16:38:59 +0100

Giorgio Pastore ha scritto:
> Qui occorre essere precisi. In senso stretto non c'ènessuna
> diffrazione del singolo elettrone. La diffrazione è un fenomeno
> legato alla probabilità di osservazione nello spazio dell'elettrone.
Come premessa, chiedo scusa per l'enorme ritardo con cui rispondo a
questo post.
L'avevo marcato come post cui replicare, ma poi sono stato distratto
da altre sollecitazioni.
Nel suo insieme il post di Giorgio mi trova del tutto d'accordo, con
l'unica ma non irrilevante eccezione della frase che ho citato sopra.
Mi sembra una frase che a me non verrebbe fatto di scrivere...
Può darsi che io non l'intenda bene, o che sia una delle solite
spinose questioni d'interpretazione; ma in ogni caso mi pare che un
approfondimento non sia inutile.

Esporrò ora come io vedo la diffrazione di un singolo elettrone.
Ne farò una trattazione che credo insolita, che dovrebbe però chiarire
perché secondo me invece si può appropriatamente parlare in m.q. di
"diffrazione di un singolo elettrone".

Abbiamo una sorgente di elettroni, un diaframma con un foro, e poi uno
schermo/rivelatore. Non ho bisogno di maggiori dettagli di tipo
sperimentale (però si veda meglio più avanti).
Dal punto di vista teorico semplificherò la discussione dimenticando
lo spin dell'elettrone e facendone una trattazione non relativistica:
quindi niente eq. di Dirac ma una semplice eq. di Schroedinger.
La sorgente emette un unico elettrone: questo ha uno stato che a un
certo tempo iniziale potremo rappresentare cone un "pacchetto d'onde"
di estensione finita in senso sia longitudinale sia trasversale,
quindi certamente non monocromatico, e tantomeno un'onda piana.

Ecco un punto essenziale nel quale mi discosto dalla trattazione che
credo si trovi su tutti i libri, dove il fenomeno della diffrazione
viene studiato ragionando su un'onda piana monocromatica.
Ciò è motivato prima di tutto dalla maggiore semplicità, poi dal fatto
che comunque un pacchetto può essere visto come sovrapposizione di
infinite onde piane monocromatiche (trasf. di Fourier).
La differenza centrale è che un'onda piana monocromatica è uno *stato
stazionario* (però non normalizzabile); quindi non è realizzabile in
pratica ma in compenso è trattabile semza coinvolgere il tempo.

Invece il pacchetto non è stazionario: si propaga, evolve nel tempo.
Anche senza scrivere equazioni, do per scontato che il suo baricentro
si muove di moto rettilineo uniforme finchè l'elettrone resta una
particella libera. Al tempo stesso il pacchetto si allarga e si
allunga, ma non abbiamo bisogno di preoccuparcene.

Così restano le cose per un certo tempo, finché il pacchetto non
incontra il diaframma. A questo punto non abbiamo più una particella
libera: la materia del diaframma interagisce con l'elettrone e ne
modifica lo stato in modo profondo.
In termini classici diremmo che l'elettrone potrà avere due diversi
destini:
- o colpisce il diaframma e viene da questo assorbito o riflesso
- o attraversa il foro e passa oltre.
In termini quantistici non ci sono due destini, ma c'è la necessità di
far intervenire nella descrizione dello stato diversi tipi di stato
che non erano entrati in gioco nella fase iniziale.

Nel corso dell'interazione tra elettrone e diaframma dovremo
considerare da un lato stati di particella libera, relativi a un
pacchetto che attraversa il foro senza interazione col difranmma.
Ma dall'altro lato avremo stati in cui l'elettrone è stato per es.
*assorbito* dalla materia che costituisce il diaframma: per es.
catturato dal solido.
Schematicamente lo stato dell'elettrone sarà una sovrapposizione
|t> = a |f,t> + b |b,t>
dove |f,t> è uno stato di elettrone libero (un pacchetto che si
propaga attraverso il foro) mentre |b,t> è lo stato di elettrone legato
nel solido.
|f,t> e |b,t> sono vettori normalizzati come era |t>; ovviamente
|a|^2 + |b|^2 = 1
e i due addendi danno risp. la probabilità che l'elettrone attraversi
il foro e quella che colpisca il diaframma venendone assorbito.

A noi interessa |f,t>, che è sempre un pacchetto libero, ma differisce
da |t> prima dell'interazione per essere stato "chopped": la ua
larghezza è pari al diametro del foro, mentre prima poteva essere
sensibilmente più grande.
Nel senso della lunghezza potrà esserci meno differenza.
Il taglio nella dimensione trasversale comporta (rel. d'indet.) che
sarà molto aumentata l'indet. dell'impulso trasversale: nel pacchetto
|f,t> saranno presenti componenti con impulsi che hanno (come vettori)
direzioni anche molto deviate rispetto alla direzione di moto del
baricentro (impulso medio).

Ne segue, anche senza fare calcoli, che il pacchetto nei tempi
successivi non solo si allargherà notevolmente, ma assumerà una forma
ben diversa da quella iniziale: riuscirà simile a una calotta sferica
dotata di un certo spessore.
(Spero che la descrizione sia suff. chiara anche senza figura: in caso
contrario, cercherò di arrangiare una figura, probabilmente fatta a
mano :-) ).

Debbo qui sottolineare che stiamo sempre parlando di stato di un
singolo elettrone *libero*.
Continuando a propagarsi, |f,t> raggiungerà lo schermo/rivelatore,
dove accadrà qualcosa di nuovo.
Per capirlo dobbiamo introdurre una qualche schematizzazione per il
detto sch./riv.

Dato che la struttura fisica di questo potrebbe essere assai varia,
non è possibile adottare una schematizzazone "tutto fare".
La più semplice che mi viene in mente è una struttura a celle
discrete, ossia sottosistemi tra loro isolati (però ... v. fra poco)
che si trovano inizialmente tutti in uno stato |0> e possono assorbire
l'elettrone, passando (per l'elettrone + cella) a uno stato |1>.
Il sistema complessivo rivelatore + elettrone sarà quindi dapprima
|ft> |1,0> |2,0> ... |n,0>
dove 1, ... n designano le singole celle; dopo un certo tempo sarà
invece una combinazione lineare di stati del tipo

...|k,1> ...

dove |k,1> indica che la k-ma cella ha inglobato l'elettrone e i
puntini indicano stati come |1,0> ecc.:

sum c_k ...|k,1>... (1)

A questo punto deve prodursi una *decoerenza*, ossia la combin.
lineare (1) deve trasformarsi in una *miscela statistica*, che - qui
ha ragione Giorgio - non può essere vista come relativa a un singolo
elettrone, ma a un "ensemble" di copie dell'esperimento, ciascuna con
un elettrone, dove si possono solo assegnare probabilità ai diversi
punti dell'ensemble.

Però questo accade solo perché c'è la decoerenza, e che questa ci sia,
più o meno rapidamente, dipende dalla struttura del rivelatore. In
linea di principio potrebbe anche essere un processo lento, per cui
potrebbe esistere un tempo apprezzabile in cui uno stato come (1)
sopravvive.
Del resto sappiamo che la ricerca sui computer quantistici in senso
sperimentale consiste tutta nella ricerca di strutture di molti qbit
in cui la coerenza si mantenga abbastanza a lungo perché si riesca a
usare il computer per calcoli significativi.

Aggiungo che se non mi risulta che a tutt'oggi esistano rivelatori per
elettroni con tempi di coerenza apprezzabili, questi esistono (e da più
di un secolo) per i fotoni: si chiamano "antenne".
-- 
Elio Fabri
Received on Sat Mar 19 2022 - 16:38:59 CET

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