Il 25/04/2022 20:45, Paolo Russo ha scritto:
> Non sono del tutto d'accordo con questa visione.
Benissimo. Ti ringrazio della replica che mi dà l'occasione per
puntualizzare la mia posizione che potrei sintetizzare nel dire che la
mia visione dovrebbe essere considerata non una "visione" ma la *base*
della relatività.
Poi, non è la "mia" visione. È quella di Reichenbach. È quella che
Reichenbach sostiene essere la visione di Einstein. Lo sostiene, ad
esempio, nel saggio che manda per il volume "Albert Einstein,
Philosopher-Scientist" redatto da P. A. Schilpp nel 1949 in occasione
del 70esimo compleanno di Einstein. In quel saggio si legge:
"La base logica della teoria della relatività è la scoperta che molte
affermazioni, la cui verità o falsità si riteneva dimostrabile, non sono
che semplici definizioni convenzionali".
Va fatto presente che il volume si apre e si chiude con due saggi dello
stesso Einstein. Nel saggio di chiusura, intitolato "Einstein's Reply:
Remarks to the Essays Appearing in this collectrive Volume", Einstein
attacca Reichenbach (prendendo la posizione di Poincaré nella diatriba
Reichenbach-Poincaré), ma lo fa su un punto che, per quello che ci posso
capire, non ha nulla a che fare con quanto discutiamo qua.
Ad ogni modo, tutti i convenzionalisti sostengono, ovviamente, che
Reichenbach fosse un convenzionalista e sostengono (credo tutti) che lo
fosse anche Einstein. Fra i non convenzionalisti ce ne è qualcuno che
ritiene che Einstein si possa non considerare convenzionalista.
Tutto questo per dire che mi sento più tranquillo dicendo che qui vado a
sostenere la mia posizione, anche se ritengo (non solo io, di certo lo
ritengono in molti) che la mia sia la posizione di Reichenbach e di
Einstein, oltre che di molti altri.
Anche da qui deriva la mia "intransigenza", cioè il fatto che
pretenderei di presentare la mia non come "visione" ma come "base
logica" della relatività.
> Naturalmente sono d'accordo che in relativita` occorra
> definire una procedura di sincronizzazione per definire la
> coordinata temporale dei sistemi di riferimento, tuttavia lo
> vedo come un punto di partenza della teoria ma non della sua
> base concettuale. I concetti di sistema di riferimento, di
> tempo, di simultaneita` e di sincronizzazione non li ha
> inventati Einstein. Einstein ha "solo" capito come questi
> concetti dovessero evolversi per accordarsi con la realta`
> che si stava scoprendo in quegli anni.
> La sincronizzazione alla Einstein non e` arbitraria: e`
> chiaramente finalizzata alla definizione di un concetto di
> tempo il piu' vicino possibile a quello classico, intuitivo.
Benissimo, direi che qui tu abbia espresso con estrema chiarezza quello
che *non* si deve dire.
Nel dire che i concetti "di tempo, di simultaneita` e di
sincronizzazione non li ha inventati Einstein", lasci intendere che quei
concetti esistessero e che, con il progredire della tecnica e in
generale della scienza, di fronte a nuove evidenze sperimentali (es
Michelson e Morley) e a nuove conquiste teoriche (es le equazioni di
Maxwell con la scoperta della natura elettromagnetica della luce), ci si
è accorti che quei concetti andavano precisati. Ci si è accorti di quale
sia la corretta definizione operativa del concetto di simultaneità e ci
si è accorti che quel concetto non ha un carattere assoluto.
Si potrebbe dire che il vecchio concetto di simultaneità è stato
"sistemato", non è stato abbattuto. La "base concettuale" è sempre la
stessa. I concetti di sistemi di riferimento, di tempo, sono sempre
quelli; lo spazio e il tempo sono sempre i soliti concetti che erano e
rimangono nell'olimpo dell'a priori, solo che, mentre per il concetto di
spazio non cambia nulla, continua ad essere un concetto che, nel mondo
dei fenomeni, è legato alle operazioni da fare coi regoli, per il
concetto di tempo c'è un grosso cambiamento: continua ad essere un
concetto che, nel mondo dei fenomeni, è legato alle operazioni da fare
con gli orologi, però, con la relatività, prendiamo coscienza che la
simultaneità a distanza è relativa.
Ecco, lo dico con chiarezza: *non* è così.
La discesa del tempo dall'olimpo dell'a priori ha un significato molto
più profondo di quanto detto sopra. Il vecchio concetto di simultaneità
non è stato "sistemato", è stato proprio *abbattuto* (da Einstein con
concorso operoso di Poincaré e io non sono certo in grado di dare
patenti di merito, o di priorità, all'uno più che all'altro).
La simultaneità a distanza *non esiste*, nemmeno se volessimo riferirla
esclusivamente a un dato riferimento inerziale. È una nostra invenzione.
Del vecchio concetto di simultaneità a distanza *non rimane nulla*, è un
concetto che è stato abbattuto, non sistemato.
In "Relatività: esposizione divulgativa", Einstein dice quanto segue:
"Che la luce richieda lo stesso tempo tanto per compiere il percorso
A->M quanto per compiere il percorso B->M [M è il punto medio del
segmento AB, cioè si verifica sperimentalmente che i regoli AM e BM
hanno uguale lunghezza], non è nella realtà né una supposizione né
un'ipotesi circa la natura fisica della luce, bensì una convenzione che
io posso fare a mio arbitrio al fine di giungere a una definizione di
simultaneità".
Tu dici
> La sincronizzazione alla Einstein non e` arbitraria: e`
> chiaramente finalizzata alla definizione di un concetto di
> tempo il piu' vicino possibile a quello classico, intuitivo.
ma Einstein dice che la sincronizzazione che adotta è arbitraria, e non
ha minimamente alcun fine di "definire un concetto di tempo il più
vicino possibile a quello intuitivo" (perché quel concetto intuitivo è
solamente una nostra chimera) ma è semplicemente una convenzione che ci
permette di dare *una* (non "la") definizione di simultaneità.
Aggiungo io, non è che Einstein e Poincaré non abbiano riflettuto a
sufficienza su quale dovesse essere la maniera di "definire un concetto
di tempo il più vicino possibile a quello intuitivo". Lo hanno fatto, ci
hanno riflettuto, e sono arrivati alla conclusione che quel concetto
intuitivo non esiste, va abbattuto, non sistemato.
Questa è la *base logica* della relatività.
Spero si capisca che, al confronto con un colpo mortale di tale portata
(la presa di coscienza della convenzionalità della simultaneità a
distanza), la relatività della simultaneità (cioè il fatto che due
eventi simultanei secondo relazione standard nel riferimento del treno
risultino non simultanei, sempre secondo la relazione standard, nel
riferimento della galleria) sia decisamente poca cosa. Non si vede per
quale motivo un concetto che definiamo noi arbitrariamente e che
adottiamo allo stesso modo in ogni riferimento, debba poi dare dei
risultati assoluti.
Siccome la sincronizzazione è arbitraria, cambiando sincronizzazione
(definendola opportunamente in ogni riferimento) potremmo certamente
giungere a una definizione di sincronizzazione secondo la quale il
concetto di simultaneità a distanza risulterà assoluto (si chiama
sincronizzazione di Tangherlini per il caso unidimensionale, o di
Tangherlini-Chang per la generalizzazione tridimensionale) ma,
sinceramente, io non vedo l'utilità di ricercare una sincronizzazione
che possa permettere la definizione di una simultaneità a distanza che
sia assoluta quando abbiamo ormai capito che quella simultaneità a
distanza, essendo convenzionale, non ha una reale base fisica se non
quella che le deriva dalle nostre scelte arbitrarie adottate per
permetterne una sua definizione.
> Ad esempio, una proprieta` base che la sincronizzazione deve
> avere e` la transitivita`: se A e B sono sincronizzati tra
> loro e se C viene sincronizzato con A, deve risultare
> automaticamente sincronizzato anche con B.
Certo. Una qualsiasi definizione convenzionale, per poter essere
accettata come corretta procedura di sincronizzazione, deve dar luogo a
una relazione di equivalenza fra l'insieme degli orologi fissi nel
riferimento in esame. Devono quindi valere le proprietà riflessiva (ogni
orologio è sincronizzato con se stesso) simmetrica (se l'orologio fisso
in A è sincronizzato con l'orologio fisso in B, allora l'orologio fisso
in B è sincronizzato con l'orologio fisso in A) e transitiva (se
l'orologio fisso in A è sincronizzato con l'orologio fisso in B e
l'orologio fisso in B è sincronizzato con l'orologio fisso in C, allora
l'orologio fisso in A è sincronizzato con l'orologio fisso in C).
Esistono infinite diverse procedure di sincronizzazione che, in quanto
tali, definiscono ciascuna una diversa relazione di equivalenza
nell'insieme degli orologi fissi in un dato riferimento K. La procedura
adottata da Einstein nel 1905, che prenderà il nome di "sincronizzazione
standard", è una fra le infinite possibili.
> Che degli eventi possano essere considerati "simultanei" e`
> un concetto istintivo che tutti abbiamo e che da millenni sta
> alla base della nostra nozione di tempo. Senza una qualche
> nozione di simultaneita`, guardare un orologio non darebbe
> alcuna informazione utile associabile a eventi esterni
> all'orologio, a prescindere da qualunque sincronizzazione. Se
> poi cerchi "sincronizzato" in un vocabolario, troverai nella
> spiegazione "simultaneo" e un rimando a "sincronismo" che a
> sua volta tira in ballo la contemporaneita`. A livello
> concettuale la simultaneita` viene prima di tutto il resto,
> anche se ora sappiamo che per definirla bene in fisica deve
> passare un sacco di acqua sotto i ponti. Abbiamo a che fare
> con un insieme di concetti che si sono evoluti insieme e sono
> attualmente fortemente intrecciati tra loro; il loro rapporto
> non e` gerarchico, non ce n'e` uno piu' di base su cui si
> costruiscono gli altri. A qualche teorico potra` dare
> concettualmente fastidio, ma nessuno puo` farci nulla.
questo è un altro passo di cui ti ringrazio sinceramente perché, in
negativo, mi permette di spiegare molto chiaramente la mia posizione.
La questione *non è* come la metti sopra. Mettendola in quei termini si
*sminuisce* pesantemente il fondamentale contributo che Poincaré e
Einstein hanno dato nei primi anni del '900 alla revisione del concetto
di tempo. Revisione che Einstein descrive con le parole "discesa del
tempo dall'olimpo dell' a priori".
Devo comunque dire che mi pare che la tua visione sia ancora oggi molto
diffusa. È per questo che io dico che dobbiamo ancora portare a
compimento la discesa del tempo dall'olimpo dell' a priori. Sono ancora
oggi moltissimi quelli che riducono tale discesa alla semplice
relatività della simultaneità, ignorando totalmente il cuore della
profondissima critica che Poincaré e Einstein portano al concetto di tempo.
Questo fatto, cioè il non portare a compimento la discesa del tempo
dall'olimpo dell' a priori, è a mio avviso alla base di numerosi errori
ad ogni livello. Si va dall'interlocutore di tucboro sul gruppo facebook
che (posto che io abbia capito la loro diatriba) all'osservazione
"ma il fatto che gli orologi fissi su testa e coda del treno segnino lo
stesso istante quando uno esce e l'altro entra nella galleria, sarà un
fatto oggettivo, verificabile anche da chi è fermo rispetto alla
galleria, no?"
non sa rispondergli "sì, certo" e gli parla di desincronizzazione degli
orologi in moto, ignorando il reale significato che si dovrebbe dare a
quelle parole, e accusando tucboro di "ragionare galileiano", fino a
errori di livello ben più alto alcuni dei quali descrivo nel paragrafo
2.2 di
https://iopscience.iop.org/article/10.1088/1742-6596/626/1/012054/pdf.
In tutti questi casi, a mio avviso, l'origine dell'errore sta nella non
ferma distinzione fra enti convenzionali e enti misurabili. Così
l'interlocutore di tucboro arriva a pensare che "ragionando einsteniano"
si possa negare un dato di fatto e addirittura lo stesso Einstein arriva
a confondere un ordinamento convenzionale (l'ordinamento temporale
indotto dalla sincronizzazione standard) con l'ordinamento causale che
di sicuro convenzionale non è.
La
"nozione di simultaneita` [senza la quale], guardare un orologio non
darebbe alcuna informazione utile associabile a eventi esterni
all'orologio",
nozione che è certamente preesistente la relatività, è *locale*.
Poincarè e Einstein prendono coscienza del fatto che l'estensione di
tale nozione a tutto lo spazio (interno a un dato riferimento K) *non
corrisponde ad alcunché di misurabile*. Mentre la simultaneità locale
corrisponde a qualcosa di verificabile (posso controllare che un certo
fascio luminoso arrivi nel punto Q dove è l'uscita della galleria
esattamente quando in quel punto arriva la testa del treno), la
simultaneità a distanza *non è verificabile*, possiamo solo definirla
convenzionalmente (in infinite possibili maniere).
> La "mia" definizione di sincronizzazione basata primariamente
> su un concetto di simultaneita` e non sulla procedura
> operativa che serve per ottenere quel risultato credo sia
> semplicemente quella che userebbe quasi chiunque, magari a
> digiuno di relativita`, dopo aver aperto un vocabolario, e se
> si sta cercando di spiegare la relativita` a qualcuno, forse
> sarebbe sensato spiegargliela nella sua lingua e non partire
> dal presupposto che gia` conosca quello che si sta cercando
> di insegnargli.
e nella sua lingua va detto *chiaramente* che il concetto di
simultaneità che ha nella testa *non esiste*, nemmeno se riferito a un
solo riferimento inerziale. Senza fare questo passo, il tipo digiuno di
relatività affogherà in un mare di formule (le t. di Lorentz) alle quali
non riescirà a "dare corpo" e, semplicemente, non potrà capire la
relatività. Se non gli si dice che deve rinunciare a cercare il
"corretto" modo di sincronizzare gli orologi distanti, perché il
corretto modo non esiste, e il modo che usiamo è soltanto uno dei tanti
possibili, allora il digiuno di relatività si tranquillizza, dice "ma
gli orologi li ho sincronizzati" e dà a quella frase il significato
intuitivo che sarà poi foriero di numerosi sfondoni. Sfondoni che
diventano molto meno probabili se si dedica sufficiente attenzione alla
"base" della relatività, cioè al fatto che la frase "gli orologi sono
sincronizzati" ha una valenza convenzionale il cui contenuto fisico è
tutto e solo nella scelta convenzionale che abbiamo deciso di adottare.
> Francamente sono stupito che la "mia" definizione di
> sincronizzazione vi sembri cosi' strana. Sembrate tutti
> preferire un concetto puramente operativo e autoreferenziale
> di sincronizzazione: due orologi si dicono sincronizzati se
> si e` eseguita una certa procedura detta di sincronizzazione.
> Il fatto che alla fine della procedura si possa dire che i
> due orologi segnano la stessa ora nello stesso momento in un
> dato riferimento, cioe` il fatto che la procedura consenta di
> definire una coordinata temporale globale per quel
> riferimento, sembra non essere importante per voi, quando e`
> piu' che evidente che e` l'unico scopo di quella procedura ed
> e` da questo scopo che deriva il suo nome.
certo, la procedura di sincronizzazione di orologi distanti permette di
definire *una* (non "la") coordinata temporale globale. Una volta che
quella coordinata sia opportunamente discesa dall'olimpo dell' a priori
direi che si possa non aggiungere altro. Però oggi, come dicevo, non è
così. La discesa va portata a compimento.
Ti faccio un esempio. La stragrande maggioranza dei fisici ritiene di
grande importanza l'esperimento di Aspect per il seguente motivo:
siccome Alice e Bob eseguono le loro misure simultaneamente, cioè i loro
orologi segnano entrambi t_mis nel momento in cui loro effettuano la
misura, allora nessun messaggio potrà partire dal punto, e nel momento,
in cui Alice ha effettuato la propria misura e arrivare da Bob prima che
egli effettui la propria misura (né viceversa). In breve, le
correlazioni non possono essere dovute a comunicazioni perché le due
misure sono simultanee.
Una volta preso atto che le procedure di sincronizzazione sono
convenzionali, potremmo adottarne un'altra secondo la quale (fermo
restando che l'esperimento si esegue esattamente allo stesso modo) Alice
effettuerà la propria misura quando il proprio orologio segna t_A<t_mis
mentre Bob la effettua quando il proprio orologio segna t_B>t_mis.
Avendo sincronizzato in altro modo abbiamo t_B>t_A, cioè, secondo la
nuova sincronizzazione, la misura di Alice precede quella di Bob.
Potremmo dire che Alice potrebbe avvisare Bob dell'esito della propria
misura per il semplice fatto che, secondo la nuova sincronizzazione, t_A
è minore di t_B? E se no, perché no? E perché potremmo invece
eventualmente dirlo qualora gli orologi li avessimo sincronizzati
secondo la relazione standard ottenendo che le due misure risulterebbero
simultanee?
Potremmo riassumere nella seguente domanda:
quale è il reale significato fisico dell'esperimento di Aspect?
Domanda che tanti non si pongono, ritenendo che la risposta si possa
dedurre da "le misure sono simultanee e gli orologi sono sincronizzati"
commettendo così un errore analogo a quello che commette il digiuno di
relatività che, ignorando il reale significato che andrebbe dato alle
parole (che io proibirei) "contrazione delle lunghezze", dice "il treno
non si può contrarre perché gli orologi sul treno verificano la
simultaneità di uscita dalla galleria della testa e entrata nella
galleria della coda".
Posta in altra forma la domanda potrebbe essere la seguente:
perché diamo all'ordinamento temporale indotto dalla sincronizzazione
standard la valenza di ordinamento causale? Su quale base fisica
fondiamo questa identità fra un ordinamento convenzionale (quello
temporale) e uno non convenzionale (quello causale)?
Tutte domande che non ci porremmo se ci tranquillizzassimo ritenendo che
la sincronizzazione standard sia proprio quella "giusta", quella che
"definisce il concetto di tempo in modo il più vicino possibile a quello
intuitivo", cioè quello secondo il quale partendo da qua ora non è
possibile arrivare su Sirio ora.
> Paolo Russo
Ciao
Bruno Cocciaro
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Received on Mon May 02 2022 - 18:50:18 CEST