Re: Corsi annuali vs. semestrali

From: Martin Sileno <micorre_at_libero.it>
Date: Mon, 12 Feb 2001 17:23:13 GMT

Elio Fabri <fabri_at_df.unipi.it> wrote in message
3A8508D2.F9C9FCFE_at_df.unipi.it...
> 3. Non credo che un giovane sia meglio di un anziano per insegnare nei
> corsi di base, spec. del primo biennio attuale.
> Spesso un giovane (spec. se brillante) sottovaluta le difficolta'
> didattiche, tende a parlare in modo che capisce solo lui, snobba i meno
> dotati.
> Se invece e' una mezza calzetta non avra' questi difetti, ma il livello
> del suo insegnamento sara' quello che sara'...

Sono assolutamente d'accordo: dal punto di vista didattico un giovane ha, in
generale, minore capacita' di farsi comprendere, non avendo l'esperienza che
ti danno l'abitudine a preparare relazioni a convegni o semplicemente la
maggiore padronanza di un linguaggio adeguato, che ha invece (sempre in
generale) un docente anziano.

> Un anziano puo' essere piu' paziente,

Su questo invece la penso diversamente: e' vero che la pazienza migliora
sicuramente con l'eta' ma e' anche vero che la noia indotta dal tenere lo
stesso corso o in generale da una prolungata attivita' di insegnamento
portano, in certi casi, ad una scarsa, per non dire nulla, disponibilita'.
Ma forse mi sbaglio e ho incontrato solo persone che non hanno mai avuto
voglia di insegnare (questo non lo posso sapere). Pero' vorrei sottolineare
che a volte la disponibilita' e' una questione di importanza fondamentale,
soprattutto quando ci si trova ad aver a che fare con le materie degli
ultimi anni: non sono mai stato un assiduo frequentatore delle ore di
ricevimento (a dire il vero non credo di essere mai andato ad un ricevimento
in vita mia), ma credo che, in molti casi, avere la possibilit� di fare due
chiacchiere sui problemi che si hanno nell'assimilare certi concetti sia
molto istruttivo e puo' anche porre rimedio alla scarsa capacit� didattica
del docente...
Inoltre vorrei aggiungere che la scarsa presenza di "giovani" all'interno
dei dipartimenti di fisica in Italia e' un problema non tanto per la
didattica (per i motivi a cui e' stato fatto riferimento), quanto piuttosto
per la ricerca. In Italia i posti di post doc sono ormai in via di
estinzione (o sono proprio scomparsi istituzionalmente?) e anche per quanto
riguarda il ph.D. non e' che ci sia molto da stare allegri. Conseguentemente
la ricerca resta affidata a docenti anziani che vivono piu' che altro sugli
allori...inoltre la presenza di linee di ricerca "giovani", al di fuori dei
soliti schemi, puo' dare molti piu' frutti e rendere piu' ampia la scelta
per uno studente che deve affrontare un lavoro di tesi...Il risultato e'
che, finito il dottorato (ma sempre piu' spesso anche prima), e' molto raro
che un fisico resti in Italia per continuare gli studi, sia per motivi
puramente economici che per la ridotta offerta di temi di ricerca: da un
punto di vista personale puo' anche essere positivo, permettendo un
confronto con altre realta', ma credo non sia un bene per la "gloria"
nazionale (e non solo per quella se i cervelli sono una ricchezza).

> Pero': a) sono un'eccezione;

Confermo :)
A presto,

--
Martin Sileno
Received on Mon Feb 12 2001 - 18:23:13 CET

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