Re: R: R: il termine virtuale... in che senso?

From: Valter Moretti <moretti_at_science.unitn.it>
Date: 2000/09/14

Biagio wrote:
>

> Allora cerco di spiegarmi meglio.
> Consideriamo l'interazione debole, definisco un processo di scattering tra
> particelle e mi trovo le sezioni d'urto. Interpreto le linee intermedie in
> modo puramente formale, ad esempio i P^2 - M^2 dove M � la massa che compare
> al denominatore delle formule � ad esempio quella della Z0, mi trovo le
> sezioni d'urto e tutto funziona perfettamente. Tuttavia so' che la mia
> espressione � puramente formale, quella Z0 � solo una particella virtuale??
> Domanda, se non c'� alcun motivo per credere che quella particella abbia un
> significato fisico, ma � solo una formuletta matematica, perch� se la sono
> messi a cercare?? per avvalorare la teorie dell'interazione?? un motivo ci
> sar� pure??


Ciao, bisogna precisare bene alcune cose cose.

Intanto partiamo dai campi. Come sai bene ad ogni campo e' associabile
una particella reale, cioe'in linea di principio
osservabile quando i campi hanno intensita' particolarmente basse
(per i fermioni bisognerebbe dire un po' di cose perche' il campo
fermionico non e' osservabile per principio se non quando
entra in una corrente per dare luogo ad un operatore bosonico).
Tuttavia non sempre il campo si manifesta attraverso l'osservazione
delle sue particelle, puoi avere un processo *mediato da un campo*
ma tale che lo stato del sistema non sia mai in tutto il tempo
considerato uno stato a particelle definite del campo mediatore.
Per esempio se prendi due ipotetiche cariche di Yukawa macroscopiche
ad una distanza fissata tra di esse, il campo di Yukawa statico che
si crea intorno a loro e' descritto da uno stato quantistico di campo
che manco per idea e' a numero finito di muoni, il valore medio locale
del campo di Yukawa non diverge sullo stato e non e' nemmeno nullo: soddisfa
invece l'equazione che ci aspetteremmo. Se tuttavia a te interessa per esempio calcolare
l'energia dello stato, puoi sviluppare perturbativamente il calcolo
con la teoria delle perturbazioni ed usare i diagrammi. Allora vedi che l'energia
e' data dalla somma di infiniti contributi ciascuno dei quali e' riferibile
a stati ad un numero finito di muoni via via crescenti...
Se vuoi sapere con quale forza si attirano le cariche
basta derivare l'energia del campo rispetto alla distanza delle cariche
e questo di fornisce la forza effettiva...
Viene spontaneo pensare che l'interazione, la forza, tra le due cariche sia
"mediata" dai muoni. Pero' lo stato non e' a muoni definiti. In quale senso
allora ci sono i muoni? Secondo me non ha molto senso cercare i muoni
per forza: mi basta dire che c'e' il campo muonico.
Le particelle di Yukawa ci sono, ma non si rivelano direttamente in questo esperimento
ideale.
Similmente i mediatori elettrodeboli possono partecipare a processi come
particelle virtuali (in tal caso io preferisco pensare che e' il campo quantistico
elettrodebole che media il processo perche' non sono in grado di attribuire
un significato preciso al fatto che ci siano le particelle virtuali, ma solo a tutto
il processo una volta compiuto) - ed e' questo il caso a cui ti riferivi e stavi
parlando solo di *un termine* di un certo sviluppo letto con i diagrammi di Feynman -
oppure come particelle reali, cioe' che si rivelano in un contatore alla fine
del processo. E' in questa forma che le hanno "viste".

La tecnica di Feynman permette di analizzare i processi in modo
perturbativo in termini delle particelle (virtuali) associate ad un campo
anche se queste non si rivelano direttamente all'inizio o alla fine del
processo quando cioe' il "collasso della funzione d'onda avviene" e i rivelatori
"scattano". Tuttavia, il mio parere e' che non e' lecito attribuire
a ciascun pezzo dello sviluppo perturbativo una sua esistenza a parte,
ma solo la somma finale ha un significato fisico (in certi casi
sappiamo che nemmeno quella). Anche perche' e' ben noto che ci sono
certe caratteristiche delle teorie quantistiche dei campi che non possono
essere analizzate completamente con la tecnica dei diagrammi, perche'
sono intinsecamente non perturbative. Ancora una cosa, appena accendi la
gravita' il concetto stesso di particella reale o virtuale perde significato,
e bisogna riformulare tutta la teoria dei campi in termini diversi
e siamo ancora agli inizi...


Infine ci si puo' chiedere se ci sono particelle virtuali che non si
rivelano MAI per principio come particelle reali. Ci sono, come probabilmente
saprai. Sono i "ghosts" delle teorie di gauge non abeliane: particelle
scalari, ma che soiddisfano regole di anticommutazione.
Sono necessarie, *quando si usa la tecnica dei diagrammi* cioe'
quando si espande perturbativamente la teoria (in gauge covariante,
ma anche in gauge assiale a volte, mi hanno detto) per salvaguardare, formalmente,
l'unitarieta' della teoria. (Poi c'e' una tecnica elegante dovuta a Faddeev e Popov
di farli saltare fuori direttamente nell'integrale funzionale...)
Dato che proprio come le particelle virtuali "normali" compaiono anche loro nei
diagrammi di Feynman, la domanda dal punto di vista di chi "crede alle particelle virtuali"
e' lecita: esistono o sono anche loro degli oggetti *solo* matematici come penso io?
Ma si potrebbe rincarare la dose. Quado sviluppi la QED lo puoi fare in molti
modi equivalenti. Uno dei modi classici e' il formalismo di Gupta-Bleuler, quello
che ha retto per tanti anni prima delle molto piu' potenti e generali tecniche BRST.
In quel formalismo si parte mettendo anche i fotoni *temporali* e *longitudinali* e
non c'e' niente da fare: se si vuole una teoria covariante "a vista" che segue le regole
di commutazione solite bisogna passare per qulla strada. Anche in tal caso 'sti fotoni
strambi si infilano nei conti intermedi ma si fanno sparire all'inizio e alla fine dei processi.
Che dire, esistono davvero o no questi fotoni longitudinali e temporali?



 Ciao, Valter
Received on Thu Sep 14 2000 - 00:00:00 CEST

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