Re: Prigogine e l'entropia
Federico Spano' wrote:
>
>
> [d'accordo, ma l'entropia che aumenta in questo processo e' quella del
> sistema recipiente/termostati, mentre quella del recipiente scende,
> no? E dov'e' allora l'irreversibilita', dato che se togliamo i due
> termostati il recipiente vede aumentare la propria entropia
> spontaneamente con il rimescolamento dei gas? In particolare lui
> definisce irreversibile proprio il flusso di calore, ma, a parte le
> dispersioni, questo si invertira' se togliamo la fonte di energia, no?
> Voglio dire, che i sistemi lontani dall'equilibrio vedano locali
> diminuzioni di entropia e' chiaro, ma non vi sembra che l'esempio
> portato da Prigogine sia poco calzante?]
>
Ciao, vediamo un po'.
Prima di tutto non dici come definisci l'entropia
del recipiente mentre non e' in uno stato di equilibrio : non lo e'
mentre e' attraversato dal flusso di calore e c'e' un
gradiente di temperatura all'interno del recipiente.
Che definizione usi? Ti dico come farei io, pero' si esce dalla
situazione della termodianmica che si impara nei corsi elementari
all'Universita' e si entra nella definizione dell'entropia per i sistemi
fuori dall'equilibrio, dove i principi della termodianmica devono essere
trattati con molta cura.
Dato che piccole porzioni di sistema sono approssimativamente
in equilibrio e l'unico,disequilibrio e' quello termico,
si potrebbe pensare di definire,,come di fatto si fa in termodinamica
dei continui , una densita' di entropia per unita'
di volume assumendo che su piccole scale macroscopiche le
definizioni siano esattamente quelle per i sistemi in equilibrio.
Si considera quindi anche una densita' di flusso entropico e si enuncia
la legge di Clausius nella forma generale...
Allora, se non mi sbaglio
(dovrei analizzare il problema con piu' cura) vedresti che
c'e' un flusso di entropia stazionario, *quando le concentrazioni
sono diventate stazionarie*, che attraversa il recipiente.
In questo senso tanta entropia entra nel recipiente quanta ne esce
per cui l'entropia del recipiente (l'integrale della densita' di
entropia)
rimane costante.
Il processo comunque non e' di equilibrio perche'c'e' un gradiente
termico
e quindi, per la legge di Fourier, un flusso continuo di calore
da una sorgente all'altra e il vero equilibrio si raggiungerebbe solo se
le due sorgenti e il recipiente arrivassero alla stessa temperatura
(cosa impossibile per definizione di sorgente ideale, ma vera in
pratica).
L'entropia del sistema complessivo, nella situazione
ideale, ammesso che tu la possa definire come
abbiamo detto, cresce nel tempo fino all'infinito. Questo benche'
l'entropia del recipiente si abbassi rispetto al valore che aveva nel
miscuglio che era un vero stato di equilibrio...
L'irreversibilita' e' dovuta direttamente al secondo principio
nella forma di Clausius "il calore fluisce spontaneamente dai corpi
(qui sorgenti) caldi a quelli freddi".
Nel tuo caso per avere un processo reversibile dovrebbe poter avvenire
che il calore entrato nella sorgente piu' fredda attraversando
il recipiente ritornasse spontaneamente nella sorgente calda
e questo non avviene senz'altro!
Mi pare che pero' P. voglia solo dimostrare che si raggiunga uno
stato, in realta' locale e temporaneo, che possiamo definire
ambiguamente come di "ordine" DURANTE un processo irreversibile.
Da questo punto di vista il suo esempio mi pare che calzi...
Sulla definizione di calore la questione e' un po' delicata.
Se parti dall'assunzione della calorimetria (esistono altri punti di
partenza),
esiste una definizione di calore (o meglio del modo di misurarlo
almeno in *alcuni* processi) indipendente dai pricipi della
termodinamica (la trovi nelle prime pagine del Fermi di Termodinamica).
Successivamente l'esperimento di Joule ha provato che il calore misurato
con un calorimetro e' una forma di energia nel senso che e' equivalente,
secondo una costante numerica determinata dallo stesso Joule, ad una
certa quantita' di lavoro...
Per scaldare un volume fissato d'acqua, da una temperatura iniziale
ad una finale, a pressione costante, puoi compiere lavoro sul sistema
acqua ed aspettare l'equilibrio (cioe' che l'energia meccanica ceduta
venga dissipata delle forze d'attrito) oppure scaldare l'acqua cedendo
una certa quantita' di calore, ed a parita'di temperature iniziale e
finale
dell'acqua (e pressione invariata) il rapporto tra calore e lavoro
e' sempre lo stesso.
In questo modo e' possibile misurare il calore in unita' di misura
energetiche ed e' possibile formulare (e verificare!)
il primo pricipio della termodianmica:
L + Q = DU.
Dove si dice che per un sistema termodinamico esiste una funzione
che dipende solo dalle variabili di stato, le cui differenze tra due
stati
di equilibrio ammontano alla somma tra il lavoro ed il calore compiuti
sul sistema per porterlo dal primo stato di equilibrio al secondo.
Nota che L e Q al contrario di DU dipendono dalla trasformazione.
(Il caso dell'acqua di cui sopra ricade in questo schema assumendo
che U dipenda da V, p e T e che nei due processi considerati il sistema
riceva *solo* lavoro oppure *solo* calore).
Assumendo il primo principio si puo' usare esso come definente
il concetto di calore ricevuto dal sistema o per lo meno come definente
un' estensione del concetto di calore, rispetto alla originaria
definizione
calorimetrica.
Riguardo alla definizione di temperatura (basata sul principio zero
e quindi sul secondo principio) la cosa e' complessa e ne abbiamo
discusso un bel po' l'anno passato. Se fai una ricerca con dejanews
dovresti trovare tutto.
Ciao, Valter
Received on Fri Jul 14 2000 - 00:00:00 CEST
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