Re: perche' gli elettroni non collassano nel nucleo?

From: Giorgio Pastore <pastgio_at_univ.trieste.it>
Date: 2000/05/04

Elio Fabri wrote:
>
SNIP
>
> Si', pero' non vedo come enunceresti il pr. d'ind. in modo da poterne
> dedurre qualcosa, ossia in modo che non abbia solo al meglio un ruolo
> euristico.

Non ho la pretesa di costruire ex-novo un' assiomatica rigorosa della MQ
che contenga il pr. d' ind. tra i suoi assiomi. Pero' se vogliamo
parlare di assiomatiche, occorrerebbe partire da un tentativo concreto.
In realta' io partivo da un punto di diverso e piu' basato sulla mia
(limitatissima) esperienza didattica.

Premessa personale. Quando ho studiato MQ per la prima volta, avevo lo
stesso atteggiamento che manifestate tu e Smargiassi circa il pr. di
Heisenberg.
A suo tempo avevo letto anche il libro di Heisenberg e tutta la sua
casistica di treni d' onda, microscopi etc. mi sembrava estremamente
poco "rigorosa" e ancor meno interessante. Confesso che anche Dirac mi
sembrava un po' troppo "pasticcione" a confronto di von Neumann !

A distanza di anni, mi sono trovato a cercare di chiarire le idee sulla
MQ a studenti di ingegneria. E in quel caso, sul campo, ho dovuto
rivalutare l' utilita' del pr. di indet. nel chiarire il senso di una
dinamica in cui gli osservabili non
sono piu' c-numeri ma operatori. In questo senso e' vero che il pr. ha
un ruolo euristico, ma proprio per questo mi sembra piu' utile "partire"
da questo.
E per questo lo considererei un "principio".

Aggiungo anche, in positivo, che mi sembrerebbe possibile (ma
attenzione, sto improvvisando) enunciare un principio del tipo: per ogni
sistema dinamico quantistico esistono coppie di osservabili P,Q tali che
le dispersioni attorno alla media
dei risultati di misure di P e Q sullo stesso sistema soddisfa il pr. di
indeter.

Ripeto, e' un tentativo estemporaneo e probabilmente non reggerebbe a
lungo ad un' analisi.
Ma quale e' l' obbiettivo? Un principio che "coaguli" una parte dell'
esperienza sui sistemi quantistici per affermare che c'e' un vincolo
sulle possibili formalizzazioni:
queste devono permettere di ottenere (indipendentemente dal formalismo)
questo risultato.
Alla fin fine anche il principio di inerzia NON permette di dire come si
muovera' un corpo soggetto a forze date ma restringe la classe di
equazioni possibili (per esempio esclude d^3 x/dt^3 = F/m !).


>
> > L' equazione di Sch., o meglio, la rappresentazione di Sch. non e' l'
> > unica formulazione della MQ. Possiamo usare la "rappresentazione" di
> > Heisenberg, gli integrali di cammino, le C* algebre etc.
> Non vorrei impegolarmi in questoni terminologiche, ma che cosa intendi
> per "rappresentazione" di Schr. e di Heis.?
> Temo sia una vecchia questione: per es. Dirac usa due parole distinte:
> "picture" e "representation", che spesso in italiano vengono confuse.
> Non per te, che lo sai di certo, ma per altri, chiarisco: parlando di
> "Schr. picture" o di "Heis. picture" Dirac intende due diversi modi
> vedere la dipendenza temporale: nel primo caso a carico degli stati, nel
> secondo a carico delle osservabili. In ogni modo siamo nell'ambito di
> una stessa formulazione della m.q.: quella a base di spazio Hilbert e
> operatori autoaggiunti....

La tua puntualizzazione e' ineccepibile. Le virgolette avevano il senso
di avvertimento sull' uso fuori di un contesto tecnico della parola in
questione. Il punto che volevo fare e, cerco adesso di chiarirlo meglio,
e' sulla molteplicita' dei formalismi ( parola forse migliore di
"formulazione").

Data una teoria, c'e' molto spesso la possibilita' di riformularla in
piu' modi utilizzando formalismi (=insiemi di formule e concetti
matematici) diversi.

Esempio: la meccanica newtoniana e' basata su equazioni
differenziali ordinarie del secondo ordine nelle coordinate dei gradi di
liberta' (equanzioni di Newton).
E' possibile tradurre il formalismo di Newton (*per sistemi
conservativi*) in formalismi diversi dal punto di vista matematico ma
con lo stesso contenuto fisico (formalismo di Lagrange, f. di Hamilton,
f. di Hamilton-Jacobi...).
Quello che cambia NON e' il contenuto fisico dei principi della dinamica
ma solo il tipo di oggetti matematici ed equazioni con cui si deve
lavorare. Cosi', e' vero che sotto il f. di Hamilton e quello di
Ham.-Jacobi c'e' sempre lo spazio delle fasi pero' nel primo caso devi
risolvere un sistema di equazioni ordinarie del primo ordine e nel
secondo un' equazione a derivate parziali.

Per la MQ la situazione non cambia. E' vero che "Schr. picture" e
"Heis. picture" sono due facce della stessa medaglia dal punto di vista
di utilizzo degli spazi di Hilbert. Ma tu sai
benissimo che passare dalla dipendenza temporale solo sugli stati a
quella solo sugli operatori cambia le equazioni da risolvere da
equazioni differenziali a derivate parziali (eq. di Schroedinger) a
equazioni differenziali operatoriali
(Eq. di Heisenberg).

>
> > Cosa hanno in comune questi formalismi per la MQ?
> > Il fatto che costituiscono modi diversi per costruire rappresentazioni
> > di un algebra di osservabili non commutativa.
> Beh, non direi: per es. nella formulazione tradizionale lo spazio di
> Hilbert e' dato in partenza; se parti da un C*-algebra puoi dire molte
> cose senza usare lo spazio di Hilbert, e poi devi usare un teorema (GNS)
> per asserire puoi
> rappresentare l'algebra su uno spazio di Hilbert, con possibili
> difficolta' (rappresentazioni non fedeli, non equivalenti...).
> S'intende che per un sistema con n. finito di gradi di liberta' tutto
> fila liscio, ma per quei sistemi usare una C*-algebra e' forse come
> sparare a una mosca col cannone...

Esattamente come usare Ham.-Jacobi per risolvere l' oscillatore
armonico.
Ma il punto non e' la maggiore o minor facilita' d' uso. E' piuttosto
che, di fronte ad una molteplicita' di formalismi, io trovo piu' utile
cercare di formalizzare i principi di una teoria nel modo meno
dipendente possibile dai formalismi necessari.
Quindi per me, da un punto di vista rigoroso, la questione e' solo se
il pr. di Heisenberg possa o no essere considerato un assioma
"formalismo-indipendente" della MQ, lasciando ad altri assiomi la
necessita' di dire qualcosa sul formalismo.


> > Quanto al principio di complementarita', sono d' accordo sul fatto che
> > lo si potrebbe omettere e certamente ne e' stato abusato (a cominciare
> > da Bohr) pero' anche li', lo si puo' usare "cum grano salis" e
> > considerarlo una parafrasi "a parole" delle conseguenze del formalismo.
> Questo e' cio' che io enuncio come "regola della patente" (l'ho
> inventata a proposito dell'equivalenza massa-energia, ma va bene lo
> stesso). Sono cose da lasciare soltanto in mano a chi ha un'apposita
> patente, non a qualsiasi principiante o dilettante!
> Comunque, mai nella divulgazione!!

Condivido in pieno. Pero' aggiungerei uno spunto di riflessione: se c'e'
tanta gente che "guida" senza patente e tanti patentati che fanno
incidenti, non sara' che forse c'e' qualcosa che non va *anche* nelle
scuole guida ?

Giorgio Pastore
Received on Thu May 04 2000 - 00:00:00 CEST

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