Vorrei risponderti cominciando dalla fine del tuo post.
Piercarlo Boletti wrote:
> Non ho
> capito bene quali santi sono andato a disturbare;...
...
> PS - Sarebbe un'ottima cosa, quando si vuol "demolire" un'idea, indicare
> anche un suo possibile sostituto, se esiste, e comunque non solo dire "�
> sbagliato" ma anche spiegarne le ragioni.
Non ci sono "santi" disturbati e non voglio "demolire" niente. Tu hai
dato una tua spiegazione del quanto d' azione e questo e' comunque un
contributo interessante alla discussione sul NG. Tuttavia, se ci sono
cose che a qualcuno sembra siano espresse in modo poco chiaro o
inesatto, anche questo contributo puo' avere la sua utilita' e cosi'
tutte le successive repliche ed interventi. Alla fine, sperabilmente ci
impariamo tutti qualcosa.
In particolare, il modo con cui tu hai introdotto il principio di minima
azione e' a mio avviso pericoloso concettualmente, anche tenendo conto
della necessita' di spiegare in termini semplici.
Pensavo anche di aver dato almeno un paio di spiegazioni del perche'.
Forse non sono stato chiaro (succede a tutti!). Percio' ci riprovo.
Solo, non prenderlo per un attacco personale. La sfida di capire cose
complicate in termini semplici vale per tutti!
Comunque, parto da quello che dici nel tuo post.
>
> Controsservazione: la meccanica classica "funziona" perch� esiste,
> sottostante, una meccanica quantistica;
Cosa intendi con "funziona" ? Se pensi alla struttura logica e formale
della meccanica classica, non vedo dove spunterebbe la necessita' della
meccanica quantistica. Certamente questa e' necessari aper spiegare un
sacco di fenomeni del mondo reale. Ma un ipotetico mondo *meccanico*
retto solo dalla meccanica classica non mi sembra impossibile
logicamente (tanto e' vero che ci sono voluti degli esperimenti per
abbandonare la meccanica classica in favore di quella quantistica!).
> senza quest'ultima (e senza la sua
> costante di Planck) non esisterebbe NIENTE, neppure il principio di minima
> azione (o qualsiasi altro principio se � per questo).
E' proprio questo il punto che facevo. Il principio di minima azione, la
seconda legge della dinamica o qualsiasi altra formulazione della
meccanica classica NON dipendono in alcun modo dal fatto che ci sia
qualcosa chiamato meccanica quantistica con la sua costante di Planck.
Per affermare il contrario occorrerebbe almeno spiegare perche' p.es. le
leggi di Newton non esisterebbero in assenza di h.
>Il fatto stesso che
> "non ci sia niente di paradossale" nel principio di minima azione � dovuto
> proprio al fatto che esiste il quanto d'azione.
Non vedo la conseguenza, ma e' difficile poter argomentare se non si
entra nel dettaglio di cosa e' e dice veramente il principio di minima
azione. Io lo conosco solo nella versione che implica l' introduzione di
un integrale sul tempo della lagrangiana. Se qualcuno ne conosce una
versione "semplificata" ben venga. Attenzione pero' a non semplificare
troppo. Si potrebbe "perdere il bambino insieme all' acqua del bagno "
:-)
> Il paradosso esisterebbe
> se NON CI FOSSE tale quanto. Ne sono talmente convinto di questo al punto
> di affermare che, se ha un senso parlare di un "prima" del big-bang, esso
> era caratterizzato soprattutto dal non possedere NESSUNA COSTANTE DI
> PLANCK.
Del big-bang non so niente. Per non parlare di un "prima". Ma
soprattutto non vedo la connessione col resto.
> Che poi questa costante non possa essere dedotta da altre costanti
> (cos� come ancora oggi, in barba a tutte le "superteorie", tante costanti
> fisiche - masse delle particelle, cariche elettriche, costante G ecc. -
> te le misuri e te le incassi cos� come sono, senza spiegazione alcuna) �
> un problema che sinceramente non vedo come possa essere risolto.
La soluzione non la conosco neanche io, pero' conosco gente che cerca di
capire perche' alcune particelle hanno le masse che hanno e non altre.
Allo stesso modo non sarebbe impossibile chiedersi se c'e' un modo di
"ricavare" h. Evidentemente pero' questo e' un terreno di pura
speculazione. Ho anche conosciuto qualcuno che lavorava tecnicamente in
questa direzione.
>
> Il mio tentativo di "spiegare" (e di spiegarlo ad una persona che
> probabilmente non e' uno "specialista" ma solo un curioso come lo sono io)
> non andava in questa direzione ma piuttosto nel farsi un'idea del RUOLO
> che gioca la costante di Planck a tenere in piedi il mondo. Questo tipo di
> "spiegazioni" sono sempre possibili: si spiega COSA FANNO (basta ragionare
> sui dati disponibili per arrivarci) non PERCHE' lo fanno (curiosita' oggi
> impossibile da soddisfare).
Allora vengo al punto "ruolo della costante di Planck".
Io penso che insistere sull' aspetto "azione" sia un po' fuorviante.
E' vero che la dimensione di h e' quella dell' azione. Ed e' anche vero
che il motivo storico per chiamare h "quanto di azione" e' che nella
vecchia teoria dei quanti (quella di Bohr e Sommerfeld) la teoria era
basata sull' idea che il comportamento microscopico dei sistemi atomici
era governato dal "principio" che i cosiddetti "invarianti adiabatici"
(cioe' le quantita' meccaniche meno sensibili alle perturbazioni
esterne) dovevano essere "quantizzati". Potevano cioe' assumere solo
valori pari a multipli interi di una quantita' minima. Poiche' in
meccanica classica si puo' provare che alcuni oggetti particolari,
chiamati variabili di azione sono un invarianti adiabatici, seguiva che
l' azione poteva solo assumere valori pari a multipli di una quantita'
minima con le dimensioni di un' energia*tempo. Per far tornare le
predizioni della teoria con gli esperimenti, era necessario che questa
"azione minima" (NON minima azione :-)) fosse h.
Purtroppo pero' (o per fortuna, dipende dai punti di vista) la teoria di
Bohr e Sommerfeld aveva diversi problemi concettuali e pratici.
L' avvento della nuova meccanica quantistica (Heisenberg & Schroedinger)
ha fatto andare nel dimenticatoio quasi tutta la vecchia teoria dei
quanti a parte l' eccezione dell' atomo di Bohr che resta un modello
pedagogico di soluzione parziale delle contraddizioni della Fisica
classica nella spiegazione della fisica atomica.
L' altra eredita' della vecchia teoria dei quanti e' qualche termine
(numeri quantici, quanto d' azione) che pero' nella nuova teoria ha un
significato diverso dall' originale.
Allora come "spiegare" h attraverso le conseguenza legate al suo valore.
Dipende dai gusti (ovvero dal background dell' interlocutore). In
principio, basta guardare a qualsiasi formula in cui appaia h.
Io preferisco (ma e' una scelta puramente soggettiva) sottolineare la
presenza cruciale di h nelle relazioni di indeterminazione di
Heisenberg: la non misurabilita' (neanche di principio) con precisione
infinita di qualsiasi coppia di osservabili meccaniche mi sembra la
novita' concettuale fondamentale della meccanica quantistica.
Sicuramente sarebbe possibile battere altre strade (suggerimenti ?).
Probabilmente anche il principio di minima azione ma temo che
occorrerebbe passare per tecnicismi (integrali di cammino) poco
controllabili dalla maggior parte di chi vuol "guardare i quadri" e
soprattutto molto meno "trasparenti".
Ciao
Giorgio Pastore
Received on Fri Jan 21 2000 - 00:00:00 CET
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