Carlo D ha scritto:
> ...
> Io avrei tenuto ben distinti i concetti di ebollizione e di
> evaporazione. Poi avrei detto che la pompa a vuoto "toglie l'aria" e
> insieme ad essa anche delle particelle di acqua che sfuggono dalla
> superficie. Le particelle che escono sono quelle che hanno maggior
> energia cinetica e quindi nel liquido restano le più fredde.
Sì, però attenzione: sono quelle che *avevano* maggiore energia cinetica.
Una volta uscite dal liquido ne hanno persa un po': non è che il vapore
sia più caldo del liquido!
Torna sempre utile considerare prima la condizione di equilibrio:
liquido in equilibrio col suo vapore sovrastante.
Qui abbiamo un continuo scambio: molecole passano dal liquido al
vapore e viceversa, in ugual numero.
Il tutto è alla stessa temperatura, l'en.cin. media è la stessa nel
liquido e nel vapore.
Passano dal liquido al vapore molecole con en.cin. superiore alla
media, che però perdono energia proprio perché debbono "rompere" i
legami, ossia aumentare la propria energia potenziale.
Quindi l'en. media delle molecole che non sono evaporate sarebbe
minore di quella prima dell'evaporazine.
Invece le molecole evaporate, trovandosi nel vapore, hanno la stessa
en.cin. media di quelle che già c'erano.
Sembrerebbe che i conti non tornino, ma occorre considerare che alcune
molecole del vapore vengono catturate dal liquido, col che aumentano
la loro en.cin., compensando l'energia che il liquido avrebbe perduta.
Insomma l'equilibrio è dinamico:
- nel numero, tante molecole evaporano in un dato tempo, e tante
condensano nel liquido.
- nell'energia, come ho già mostrato.
In senso macroscopico non ci accorgiamo di niente, sembra che non
cambi nulla, ma questo equilibrio è il risultato di un movimento
continuo nei due sensi.
Pensiamo ora all'evaporazione netta, ossia alle condizioni in cui
macroscopicamente vediamo il liquido evaporare.
Per es. mi bagno una mano, poi ci soffio sopra per asciugarla.
Il soffio serve ad assicurare un continuo ricambio dell'aria vicina al
liquido, in modo che non arrivi a saturarsi di vapore.
In questo caso il liquido perde realmente energia, quindi si
raffredda.
È per questo che d'estate si usano i ventilatori.
> Alberto Rasà ha scritto:
> Sono infatti concetti distinti, ma l'entalpia di passaggio di stato è
> sempre quella (varia un poci con temperatura e pressione ma il
> concetto non cambia).
Ho idea che ci vorrebbe un discorso lungo per chiarire la
relazione/distinzione tra evaporazione ed ebollizione.
Mi sa che non mi sento di farlo.
Però farei notare che il raffreddamento si ha sempre nel caso di una
condizione di non equilibrio, in cui prevale l'evaporazione.
A meno che il liquido non sia in contatto termico con un serbatoio
(termostato) che lo rifornisce di calore, mantenendone costante la
temperatura.
> No, è proprio la trasformazione di stato che richiede entalpia
Tirare in ballo l'entalpia può essere un problema, perché è un
concetto assai meno familiare (chimici a parte) dell'energia. Se ne
potrebbe fare a meno, ma occorrerebbe tener conto, nel bilancio
dell'energia, del lavoro che necessariamente viene speso dall'ambiente
sul sistema o viceversa, quando durante la trasformazione il volume
varia. Vediamo.
Comincio assumendo che l'evaporazione avvenga in condizioni
adiabatiche e a volume costante.
Ciò vuol dire che il liquido è contenuto in un recipiente a pareti
rigide (L=0) e isolanti (Q=0). Allora (primo principio)
DU = 0 (D sta per Delta).
Questo vale comunque, anche se la trasformazione è irreversibile; per
es. se nello stato iniziale il liquido non occupa tutto lo spazio, ma
è sormontato da un gas in cui il vapore del liquido non è saturo,
mentre nello stato finale parte del liquido è evaporato e il vapore è
saturo.
(Nota che sto considerando una trasf. *finita*, non infinitesima.)
Non importa sapere che cosa accade nel corso della trasf.: l'energia
interna sarà ben definita negli stati iniziale e finale, e avrà lo
stesso valore.
Cambiamo ora le condizioni: il volume non è più fissato, ma è fissata
la pressione esterna, che resta costante.
Il primo principio vale comunque, ma L non è più nullo: invece
L = -P DV.
(Nota: prendo L positivo quando l'energia del sistema aumenta; nel
calcolo del lavoro non importa la pressione dentro, che potrà anche
non essere definita: serve la pressione esterna.)
Allora
DU + P DV = 0
D(U + PV) = 0
DH = 0
avendo definito
H = U + PV.
Potrei anche sostituire la condizione di pareti isolanti con quella di
temperatura esterna costante; arriverei, usando il secondo pricipio, a
delle *disuguaglianze per F o per G.
In particolare se la trasf. è reversibile, e sono costanti tanto P
quanto T, troverò
DG = 0
il che implica
g_l = g_v (*)
Avendo definito
G_l = M_l g_l
G_v = M_v g_v.
Dato che nella (*) figurano solo grandezze intensive, se ne ricava una
relazione tra dP e dT: la pressione del vapore saturo dipende solo
dalla temperatura.
> (a pressione costante il calore è un differenziale esatto e vale dQ
> = CpdT).
Uhm...
Questo non mi piace.
Non ha senso dire che il calore è un diff. esatto.
E' vero che a pressione (esterna) costante
Q = DH
e per una trasf. reversibile infinitesima
Cp dT = dH
ma non ha senso parlare di diff. esatto, perché ti stai muovendo lungo
un'unica curva (P = cost.) e qualunque forma differenziale può solo
dipendere da T o in generale dalla variabile che scegli per
parametrizzare la trasf.
In altre parole, in una dimensione il concetto di diff. esatto è
banale: *tutti* i differenziali sono esatti e il concetto di diff.
esatto perde contenuto.
Per es. anche L è un diff. esatto e vale d(PV).
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Elio Fabri
Received on Tue Feb 28 2023 - 16:01:57 CET