A proposito di divulgazione

From: Maurizio Bonfanti <maurizio.bonfanti_at_tin.it>
Date: 1999/09/27

(Messaggi di Giampaolo Tomassoni, Andrea Serra, fra gli altri)

Esempi molto autorevoli, con tutto il rispetto per Piero Angela, non sono
infrequenti. Ci hanno provato Einstein stesso e Bertrand Russell (anche se,
per la verit�, con esiti non proprio brillanti), e ci ha provato Hilbert.
Non ci hanno forse provato Galileo e Descartes? La validit� della
divulgazione non � diversa, a mio parere, da quella dell'insegnamento delle
scienze a ragazzi che non hanno ancora gli strumenti (per esempio matematici
ma anche linguistici) necessari per digerire una teoria in piena regola. Il
problema, in entrambi i casi, � la capacit�, che � di pochi, di non
procedere per atti di fede ma di individuare una ratio accessibile all'
interlocutore inesperto, ossia di non lasciare mai un'esposizione senza
tutti i suoi perch�, sia pure non ineccepibilmente formalizzati. D'altra
parte, se dietro una teoria c'� della logica e non solo la pseudo-logica
della forma (che ha senso solo se formalizza ci� che gi� � logicamente
"chiaro e distinto", e non ha senso se serve a "giustificare" ci� che non �
gi� chiaro), allora � sempre possibile darle connotati intuitivi, ossia
accessibili a un inesperto che abbia gli occhi aperti. Io credo anzi che una
figura d'interfaccia fra la scienza e il pubblico sia sempre pi� necessaria,
dato che sempre pi� il pubblico dovr� dire la sua sulle scelte della
scienza; e credo che questa figura debba rispondere a requisiti ben precisi.
Deve infatti essere in grado di capire e digerire integralmente ci� che
divulga; deve inoltre saperne trarre immagini o analogie logicamente
pertinenti e linguisticamente semplici e chiare, e lo pu� proprio solo se ha
ben digerito la teoria, se ha spirito critico, passione, padronanza della
lingua e creativit�. Per fare un'analogia anche in questo caso: ci sono gli
inventori e ci sono i progettisti. Ecco: i progettisti sono proprio
divulgatori, e non � richiesto loro meno talento di quanto ne sia richiesto
agli inventori. Anzi, � loro richiesta maggior responsabilit�. Non credo,
perci�, che basti un consulente affiancato a un giornalista per ottenere
risultati soddisfacenti. Non si digerisce per procura.
Le universit� dovrebbero prendersi in carico la selezione di simili talenti,
perch� la conoscenza diffusa � pi� potente ed efficace, anche sul piano
economico, delle torri d'avorio (degli snob) e del genio isolato. Internet �
un esempio di questa necessit� crescente non solo di conoscenza ma di
affermazione della dignit� dello spirito critico di tutti e di ciascuno, a
qualunque livello di formazione. Il termine "partecipazione", in questo
senso � debole e ha inoltre assunto via via un significato un po' (molto)
paternalistico di adesione a una delle parti in competizione.
Va da s� che anche il ruolo del divulgatore � sottoposto ai rischi cui la
scienza stessa � pesantemente sottomessa: il rischio dell'ideologia da un
lato e degli interessi di mercato dall'altro. Ma questo � un altro discorso.
Infine, piuttosto che di "divulgazione", termine semanticamente spregiativo,
dovremmo parlare di diffusione capillare della conoscenza, che non � un
optional per le sere con brutti film in TV, ma un diritto-dovere di tutti
che richiede un grande sforzo di riflessione e di invenzione, cio� di
ricerca.
C'� quindi molto lavoro da fare.

Salve.
maurizio.bonfanti_at_tin.it
Received on Mon Sep 27 1999 - 00:00:00 CEST

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