Re: il paradosso dei due gemelli (seconda)

From: Pipitone Esp. Claudio <athanor_at_x-xtin.it>
Date: 1999/05/21

In data 20 May 1999 10:21:59 +0200, Mauro D'Uffizi ha scritto sul
newsgroup it.scienza.fisica:

------omissis-----
>Finora non ho espresso un parere sulla teoria delle accellerazioni da te
>esposta, anche perch� non mi sento matematicamente preparato ad affrontarla,
>comunque se ottiene quella riduzione di complessit� che tu affermi la trovo
>senza dubbio molto sensata.
>

Se e' solo una questione di complessita' matematica, non preoccuparti;
non sono un fisico di mestiere ed il mio livello di preparazione a
livello universitario e' quello che viene fornito agli ingegneri e
quindi specificamente per quanto concerne la matematica a livello
teorico, la mia preparazione e' al livello di quello che viene
normalmente insegnato nel biennio d'ingegneria.
E ti garantisco che basta ed avanza per comprendere agevolmente il mio
modello del continuum delle accellerazioni.

E' inoltre un modello facile ed intuitivo perche' non esorbita da
quanto siamo abituati a constatare ed apprezzare nella nostra normale
esperienza quotidiana.
E' sufficiente solamente comprendere e tenere bene a mente, che le
quantificazioni dei moti non sono riferite alla dimensione temporale
ma a quella spaziale...
Tutto qui!

Cosa c'e' di piu' semplice, concreto e perfettamente naturale
dell'osservazione di un moto che si svolge sotto i nostri occhi
percorrendo lo spazio circostante e quindi riferire il moto stesso
alla traiettoria percorsa?
Nulla e' piu' intuitivo di questo, perche gia' normalmente noi
quotidianamente osserviamo proprio in questo modo ogni moto che cade
sotto l'osservazione dei notri occhi; osserviamo con naturalezza che
un corpo in movimento si non si sposta a casaccio da un punto ad
un'altro dello spazio ma seguendo una "razio" (legge) nel percorrere
lo spazio e questa "razio" la indentifichiamo usualmente nella
traiettoria che viene a formarsi nello spazio stesso man mano che il
moto prosegue il suo svolgimento secondo una seconda "razio", quella
che quantifica la "performance" del moto, cioe' la velocita'.

E' quindi gia' patrimonio intuitivo della nostra esperienza comune
osservare compiutamente i moti esclusivamente attraverso le loro due
caratteristiche necessarie e sufficienti alla loro esaustiva
identificazione e quantificazione: la traiettoria spaziale e la
velocita' del corpo in ciascun punto dello spazio percorso.
Da quest'osservazione quasi banale il mio continuum delle
accellerazioni e' *bidimensionale*, poiche' sono solo ed unicamnete
DUE le caratteristiche dimensionali del moto: la caratteristica dello
spazio come UNA dimensione fisica (ad una, o due, o tre variabili, a
seconda delle condizioni sotto cui l'esperimento si svolge) e quella
della velocita' come SECONDA dimensione fisica.

Per quanto concerne la riduzione del livello di indeterminazione
matematica che si ottiene nel descrivere gli eventi con il mio
continuum, essa si ottiene in modo assolutamente semplice: i campioni
di unita' di misura di spazio e di moto (quest'ultimo e' quantificato
dalla velocita', unica caratteristica discriminante del moto, in
aggiunta dello spazio) sono dei campioni concreti di spazio e di moto,
ottenuti in modo diretto attraverso una campionatura altrettanto
diretta e concreta di una porzione di spazio oppure una porzione di
moto (per ottenere una porzione di moto si genera un moto uniforme
ciclico, costante nella propria caratteristica costituita dalla sua
velocita', in cui un semplice e singolo ciclo costituisce la porzione
di moto campione).

Non c'e' nulla di complicato da affrontare, quindi, dal punto di vista
matematico e neppure concettuale dal punto di vista dei concetti
usuali dell'ortodossia della fisica corrente: anzi poiche' le
velocita' sono misurate per comparazione diretta con la velocita'
assunta come campione nei rispettivi punti spaziali della traiettoria
percorsa, l'unica operazione che necessita di ricorrere al calcolo
differenziale e' quella dell'approssimazione al limite per derivare le
accellerazioni dalle variazioni della variabile semplice della
velocita' calcolata rispetto alle variazioni della variabile semplice
dello spazio in ogni punto della traiettoria del moto!

La cosa che ha stupito anche me all'inizio e che per molto tempo mi e'
sembrato un risultato incredibile (nel semso di "troppo bello per
crederci"...) e mi ha trattenuto dal proseguire temendo di essere in
errore, e' che nel diagramma spaziovelocita' ti ritrovi gia' tutto
espresso in modo compiuto ed inglobato nel modello, unitamente ad
altre significative grandezze, oltre lo spazio, la velocita' e
l'accellerazione, che si derivano con immediatatezza e sono gia'
contemporaneamente presenti.
Infatti in un unico compendio visuale, il continuum delle
accellerazioni, ti ritrovi ad avere l'espressione e la quantificazione
geometrica visuale dello spazio, della velocita', dell'accelerazione
puntuale (cioe' punto per punto della traiettoria spaziale), della
potenza e del lavoro!!!
Ogni punto, linea, area del diagramma, contiene una pluralita' di
significati importanti per lo studio di un evento e che forse potrebbe
dare una svolta anche ai risultati delle ricerche sui campi, sulle
masse e sulle energie.

Claudio Pipitone
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Received on Fri May 21 1999 - 00:00:00 CEST

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