Giorgio Bibbiani ha scritto:
> Questo è un punto che mi ha sempre dato da pensare, approfitto della
> tua disponibilità ;-) e provo a ricostruire l'idea che mi ero
> formato sull'argomento (appunto studiandolo su "Gravitation"), in
> attesa delle tue osservazioni e spiegazioni.
Non è "disponibilità": è che per caso è spuntato questo problema nello
stesso periodo in cui ci sto ragionando per mio conto, finora senza
riuscire a vederci chiaro.
Ti rivelo un segreto: mi ero messso a scrivere (al momento per uso
personale) una nota intitolata "Relatvità ristretta senza coordinate",
proprio per mettere in chiaro che cosa mi convince e che cosa no del
modo come parte "Gravitation".
E il punto che mi è saltato agli occhi è proprio la definizione della
4-velocità come invariante (se mi legge anth sarà felice).
In realtà non mi pare che in Grav questo ci sia scritto
esplicitamente, ma il modo come viene risolto il problema della
"centrifuga e il fotone" lascia intendere proprio questo.
Prima ancora, ci sono i punti P (scritti in maiuscolo corsivo) e
persino i dP (che forse risalgono a Cartan).
Però mi sono trovato (anche se con molti dubbi) ad assumere la
4-velocità non tanto come invariante, ma come "intrinseca" (non mi
chiedere la differenza :-) ).
È un po' quello che fai tu, anche se mi riesce facile trovare dei
punti criticabili nella tua presentazione. Vediamo.
> Consideriamo lo spaziotempo fisico S (~ insieme degli eventi) sia l
> la linea di universo di un p.m. (insieme dei punti di S associati al
> p.m.), parametrizziamola con il tempo proprio del p.m.
Già qui qualcosa mi disturba...
L'espressione "spaziotempo fisico".
Io vorrei procedere diversamente, tenendo distinto lo sviluppo
matematico dall'applicazione fisica.
Si capisce che poi dovranno essere tesi dei collegamenti (i fili che
pendono dalla rete di Hempel: ne ho parlato in più occasioni), ma la
struttura matematica dovrebbe essere definita in modo indipendente
(anche se di nascosto motivata dall'uso fisico che vogliamo farne, e
che sotto sotto abbiamo presente).
In effetti niente vieta di dire: "è data una varietà topologica
omeomorfa con R^4, che chiamiamo spazio-tempo; chiamiamo eventi i suoi
punti".
Che si possa evitare d'introdurre altre strutture, mi pare dubbio:
minimo c'è bisogno di definire due diversi tipi di separazione tra le
coppie di eventi, tipo spazio e tipo tempo (e poi il caso di confine,
tipo luce).
Così puoi precisare che la linea d'universo deve essere di tipo tempo
o al limite di tipo luce.
> (questa è una misura locale che non richiede di costruire un
> sistema di riferimento),
Anche qui avrei qualcosa da dire, nel senso di non annettere subito
al tempo proprio un significato fisico.
Ma non occorre approfondire, perché il problema è già spuntato nel
momento in cui si dà una qualche esistenza oggettiva agli eventi e
allo spazio-tempo.
Conoscerai di certo l'esistenza di due posizioni in materia: i
sostanzialisti contro i relazionisti.
Partire prendendo come primitivo lo spazio-tempo ti classifica (e
classifica Wheeler) come sostanzialista. La gran parte dei fisici
teorici invece sono relazionisti.
Quando mi è capitato io ho preso una posizione un po' ambigua: ho
dichiarato di preferire la posizione sostanzialista, se non altro
perché la trovo conveniente in senso didattico...
> dato un campo reale regolare f su S, considero 2 punti P e P1 su l
> separati da un intervallo di tempo proprio tau, considero
> l'operatore reale sullo spazio delle funzioni f lim tau -> 0 (f(P1)
> - f(P)) / tau,
Se capisco bene stai seguendo la linea standard per definire il
vettore tangente a una curva e poi il fibrato tangente sullo
spazio-tempo.
In effetti, se scavi per bene, stai introducendo su S la struttura di
varietà differenziabile (guarda su wiki l'articolo "differential
manifold". Non ho obiezioni a questo, ma tanto vale dirlo
esplicitamente da subito.
> _definisco_ questo operatore la quadrivelocità del p.m. in P,
E va bene...
> a posteriori dico che f è regolare in S se l'operazione sopra
> risulta _fisicamente_ possibile per ogni linea di universo
> di un p.m..
Qui non ho capito e farei l'obiezione di base: porrei come postulato
interpretativo che questo sia sempre possibile.
> Il procedimento descritto non ha richiesto né di introdurre una
> qualche struttura (ad es. metrica) su S né di costruire un s.d.r. in
> S,
Va bene, ma prima o poi dovrai farlo.
> a meno che non si debba intendere che la stessa descrizione di S
> come insieme degli eventi e delle loro relazioni causali realizzi un
> s.d.r..
Non vorrei, perché sarebbe un rif. in qualche modo privilegiato.
> In Fisica c'è ancora incertezza riguardo a tanti concetti e tante
> definizioni, ma almeno coloro che studiano la Natura, l'hanno come
> guida per riconoscere quali possano essere le definizioni più
> appropriate, poi mi sorge spontaneo il confronto con la Matematica,
> ove quasi per ogni termine utilizzato si ritrovano accezioni diverse
> a seconda dello scopo o del gusto degli autori...
Magari fosse solo questione di accezioni...
In realtà i matematici hanno sostanziosi problemi di fondamenti.
Solo che o preferiscono ignorarli, o non si abbassano a parlarne con
noi comuni mortali (leggi fisici)
Mi hai fatto ricordare Anna Maria. Se ricordo bene, non la vedo da 13
anni. Dato che è più giovane di me, assumo che sia ancora viva, quindi
non ne dico il cognome.
È laureata in matematica; è stata insegnante di mat. e fisica di due
mie figlie.
Per un certo periodo abbiamo collaborato su un'idea: usare la fisica
come motivazione per l'introduzione ai concetti del calcolo
differenziale (velocità, accelerazione, derivate, vettori...).
Ragionavamo insieme, poi lei portava le idee in classe, ecc.
Un giorno mi confessò che ci si metteva d'impegno, ma non riusciva a
liberarsi di un certo disagio con la fisica, dove niente è mai sicuro
e indiscutibile; non come in matematica...
Ricordo che preferii lasciarla nella sua illusione e non le raccontai
alcune difficoltà che avrebbe trovato, se ci avesse pensato, nei
fondamenti della matematica :-)
--
Elio Fabri
Received on Mon May 01 2023 - 15:56:57 CEST