In data 4 May 1999 13:30:22 +0200, Mauro D'Uffizi ha scritto sul
newsgroup it.scienza.fisica:
--------omissis-------
>Si arriva persino a mettere in dubbio il principio di causa ed effetto (anzi
>proprio a contraddirlo) purtuttavia non si sente mai la necessit� negli
>ambienti ufficiali di porsi il dubbio che sotto tutta questa messe di
>risultati imbarazzanti, si possa nascondere un errore sistematico di vecchia
>data.
Un errore sistematico di vecchia data c'e', secondo me, ed e' l'errore
concettuale derivante dal postulato dell'esistenza del tempo come
dimensione fisica concreta e reale al pari dello spazio.
Questo errore concettuale di vecchia data si e' definitivamente
aggravato ed enfatizzato con la moderna concezione secondo la quale la
dimensione fisica spaziale e quella temporale siano concretamente
collegate ed interdipendenti.
Il concepimento del continuumm spaziotemporale, a mio avviso, fu
letale per l'evoluzione della comprensione della realta' fisica,
poiche' si e' reso strutturale un errore concettuale, quello della
supposta esistenza concreta del tempo tanto da conferirgli la qualita'
(forse solamente fittizia) di dimensione fisica, al pari dello spazio.
Quanto sopra ho affermato si puo' constatare facilmente utilizzando il
"continuum delle accellerazioni" e cioe' lo spazio-velocita' in
sostituzione dello spazio-tempo, ove la velocita' non e' una grandezza
fisica derivata (V=ds/dt), ma una dimensione fisica (V=v) concreta ed
indipendente al pari dello spazio (S=s).
Si puo' cosi' osservare come non sia concettualmente necessaria la
dimensione temporale per descrivere gli eventi; e' sufficiente
utilizzare un moto opportunamente e convenientemente scielto come
campione concreto di velocita' e come unita' di misura delle velocita'
stesse; spazio e velocita' sono quindi misurate entrambe per
comparazione diretta secondo le relazioni:
V=xv; S=ys
ove
v=velocita' campione scielta come unita' di misura
s=spazio campione scielto come unita' di misura
da cui si traggono come grandezze derivate esclusivamente le
accellerazioni, con un solo ordine di indeterminazione secono le
relazioni seguenti:
Au=(V2-V1)/(S2-S1) = accellerazione uniforme
Ap=dV/dS = accellerazione puntuale
Questo modello di rappresentazione della realta' che da tempo vado
proponendo (peraltro senza essere molto ascoltato; speriamo di esserlo
di piu' oggi) ha l'enorme vantaggio di abbassare di un ordine di
indeterminazione tutti i nostri calcoli ed i nostri risultati e di
rappresentare con immediatezza la potenza ed il lavoro espresso dagli
eventi che vengono descritti attraverso il mio continuum delle
accellerazioni.
Cio' e' dovuto principalmente al fatto che la mia dv/ds (cioe'
l'accellerazione puntuale di un punto riferita allo spazio lungo la
traiettoria del moto) e' una derivata del prim'ordine che reca una
sola costante di indeterminazione (superabile mediante il fissaggio
delle condizioni inziali e finali del moto oggetto dell'osservazione
sperimentale) mentre nella fisica convenzionale (anche quella
classica, precedente il continuum spaziotemporale) l'accelerazione e'
una derivata del second'ordine e quindi contenente la doppia
indeterminazione che e' evidente anche nella scrittura formale
d2s/dt2.
------omissis-----
>Scusate l'articolo troppo lungo, ma spero di non essere stato noioso.
Per me non lo sei stato affatto, anzi...
Mi scuso anch'io per essermi un po' protratto nell'esporre il mio
concetto relativo al mio particolarissimo punto di vista, ma mi sembra
legittimo porsi il dubbio seguente: se si puo' prescindere
dall'esistenza del tempo per descrivere compiutamente la realta'
fisica (anzi descriverla anche meglio, cioe' con minore
indeterminazione) cosi' come e' possibile constatare concretamente
utilizzando il mio modello costituito dal "continuum delle
accellerazioni", il tempo sara' veramente una realta' fisica concreta,
una dimensione fisica vera e propria tale da poter costituire uno dei
fondamenti portanti del continuum spaziotemporale, oppure non e' il
tempo stesso un mero errore concettuale, che ci conduce ad una
maggiore indeterminazione nella quantificazione dei moti oggetto della
nostra osservazione sperimentale, dal momento che il moto presuppone
l'esistenza concreta delle forze (generatrici dei moti, appunto) le
quali forze a loro volta si basano proprio sulla quantificazione delle
accelerazioni, a parita' di massa?
Cordialita'.
Claudio Pipitone
P.S.
Nel mio continuum le variazioni di velocita' si scrivono
"accellerazioni" con la doppia elle proprio per distinguerle, anche
ortograficamente, dalle accelerazioni convenzionali della fisica.
Accellerazione=dV/dS
Accelerazione=d2S/dT2
Per maggiori informazioni sul continuum delle accellerazioni:
http://space.tin.it/internet/0pipiton/tempo_velocita.htm
Claudio Pipitone
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Received on Mon May 10 1999 - 00:00:00 CEST