Re: Galassie in fuga e redshift

From: Ruggero Stanga <ruggero.stanga_at_iol.it>
Date: 1999/05/04

Antonio Iovane wrote:
>
> On 30 Mar 1999 18:25:10 +0200, "Mauro D'Uffizi" <aduffiz_at_tin.it>
> wrote:
>
......
> Pertanto, poiche' l' oggetto piu' vicino e' la Luna,
> un telescopio dovrebbe essere messo a fuoco una sola volta e
> mai piu'.
> Fatta salva una necessita' di adattamento all' occhio dell'
> osservatore, se un telescopio viene utilizzato solo con camere CCD
> o cose simili, non dovrebbe mai essere rimesso a fuoco.
> E' proprio cosi' ? In linea teorica lo e', lo so, ma cercavo qualche
> dato sperimentale, specialmente riferito alle condizioni da me
> esemplificate nella domanda (sarebbe soddisfacente per me che
> qualcuno dicesse : non rimetto a fuoco; oppure il contrario ).
>
> Ciao, Antonio.
>

In linea teorica e' vero. Pero' ci sono alcune osservazioni pratiche.
Sul telescopio: durante le osservazioni, la temperatura cambia, la
struttura metallica si contrae o si espande, secondo la variazione, e
cambia la distanza fra obbiettivo e oculare. L' effetto puo' essere
apprrezzabile o no, secondo le dimensioni della struttura e del pixel
del rivelatore, e quindi puo' essere necessario ritrovare il piano
focale.
Sulla lunghezza d'onda a cui si osserva: l'indice di rifrazione delle
lenti dipende dalla lunghezza d'onda, e quindi se si osserva a lunghezza
d'onda diverse puo' essere necessario rifocheggiare. (NB: questo puo'
essere vero anche per telescopi a specchi, poiche' in genere occorrono
comunque lenti per adattare la scala naturale del telescopio alle
dimensioni dei pixel del rivelatore.

Ciao, Ruggero
Received on Tue May 04 1999 - 00:00:00 CEST

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