(per i moderatori: se non lo pubblicate
spiegatemi almeno il perch�, ve ne sarei
grato! Gi� si sono trattati questi temi
in questo NG...)
T.Regge e il concordismo.
Intanto sono contento di constatare che anche in fisica
esistono correnti di pensiero differenti, e una qualche
misura di disaccordo almeno su certe questioni. Questo �
sempre un buon segno per gli uomini, perch� in fondo anche le
scienze della natura alla fin fine sono scienze dell'uomo.
Vorrei portare l'attenzione di chi ne sia interessato,
sulla solita questione inerente i rapporti tra fisica
occidentale e le dottrine orientali, prendendo come
spunto l'atteggiamento di un fisico rinomato.
A pag.281 dell' "Infinito" ed.Mondadori, Tullio Regge
tratta molto brevemente (come fa in tutto il libro)
la questione del concordismo (cos� la chiama, tra scienza
moderna e religioni), dichiarandosi scettico a tal riguardo.
In poche righe parla delle dottrine orientali (lui scrive
"pensiero orientale" il che � gi� un errore grossolano) e
dice: "anche in questo caso � d'obbligo una dose di
scetticismo e di cautela ove possibile anche pi� robusta di
quanto necessiti la Bibbia [e perch�?]. Certe analogie a
prima vista stupefacenti possono essere accidentali, oppure
frutto di una forzatura e di una traduzione inadeguata
[oppure possono essere genuine e persuasive]", poi afferma
che vorrebbe trovare un paleotesto di meccanica dei quanti.
Allora vorrei far notare che in tal caso andremmo alla
ricerca di vere e proprie equivalenze, ma invece si � sempre
e solo parlato di analogie, o, come diceva Kant di schemi
analogici (v. nota a pag.68 della "religione entro i
limiti..." ed Laterza, non posso riportarla perch� � molto
lunga) che hanno tutto un altro valore e che costutivamente
mantengono una certa genericit�. Pi� gi� insiste "Se fisici
di altri tempi...", forse non � del tutto chiaro a Regge che
l'analogia (non corrispondenza, ecc.) � tra la fisica
occidentale e le DOTTRINE orientali (io faccio riferimento al
buddhismo), non tra fisica antica orientale e fisica moderna
occidentale. Regge stesso parla di religioni all'inizio del
paragrafo, poi cambia e parla di un ipotetico paleotesto di
fisica. A me sembra proprio che lo scetticismo di Regge
deriva da una sua ignoranza (e forse da vari preconcetti)
circa queste dottrine.
Prosegue "Lo sviluppo della fisica atomica � avvenuto
attraverso la nostra progressiva liberazione da pregiudizi
antropomorfi, ottenuta con [...] l'uso di un bagaglio
matematico e formale straordinariamente evoluto e lontano
dall'intuizione corrente." e fin qui tutto bene. Poi dice "E'
estremamente difficile procedere lungo il cammino
dell'astrazione senza questi strumenti... ecc.". Qui dimostra
ancora di non avere alcuna minima cognizione delle dottrine
orientali, perch� se ne avesse non si esprimerebbe in modo
cos� approssimativo e unilaterale. Ha implicitamente ammesso
che non sa nulla delle capacit� astrattive delle pratiche
meditative.
Allora devo precisare brevemente che il rapporto (o
l'imbarazzo) che c'� tra le intuizioni derivate
dall'esperienza diretta di stati di assorbimento meditativo
(Dhyana) e i testi (buddhisti) da queste derivati, �
all'incirca lo stesso che c'� tra le pi� astratte complesse e
formali teorie della fisica e i rispettivi testi divulgativi.
Voglio dire che i maestri buddhisti (come i fisici, ma con
altri strumenti, per altra via) hanno raggiunto livelli di
astrazione cos� elevati (e Regge non lo sa) che hanno trovato
non poche difficolt� nel tradurre quelle loro esperienze in
testi. Le immagini che si trovano in questi testi sono
intrinsecamente inadeguate a rappresentare quelle intuizioni,
proprio come il testo divulgativo di fisica � sempre
necessariamente insufficiente a rappresentare l'apparato
formale-matematico che vorrebbe divulgare. Uno tra tanti
esempi � il ricorso all'analogia del passaggio dal piano
bidimensionale euclideo a la sfera (come piano bidimensionale
non-euclideo) per spiegare il passaggio (meno intuitivo)
dallo spazio tridimensionale a l'ipersfera. Insomma
l'operazione divulgativa � sempre penalizzante tanto per i
fisici occidentali quanto per i maestri orientali, perch�
entrambi (in modi affatto diversi) arrivano a un alto grado
di astrazione, e si allontanano di molto da pregiudizi
antropomorfi (Regge dovrebbe saperlo che la difficolt�
nell'approcciare queste dottrine sta proprio nel fatto che in
esse le intuizioni raggiunte sono cos� lontane dal pensare
comune e antropomorfo).
Ma non ho terminato. Due capitoli pi� tardi, all'inizio
della sua "conclusione" (p.286 op.cit.) Regge dice queste
cose "Una celebre 'finzione' di J.L.Borges inizia cos� [e
descrive...]. La "biblioteca di babele" mi ha sempre
affascinato [perch� non si legge i saggi zen di D.T.Suzuki?
magari rimane ancora pi� affascinato!] e ogni tanto corro a
rileggerla [ah! ecco perch� non legge altro] [...] La
biblioteca � una sfera il cui centro esatto � qualsiasi
esagono, e la cui circonferenza � inaccessibile. Borges a
volte mi spaventa: temo che sia nato con l'intuizione esatta
di cosa sia una ipersfera". Perch� mai tutta questa
indulgenza e ammirazione per le analogie nei confronti di uno
scrittore (pur bravo), e nessuna piet�, anzi scetticismo per
dottrine millenarie che di immagini come questa e meglio di
questa ne hanno prodotte a non finire (e che lui non
conosce)? (sono convinto che Borges � stato influenzato da
qualche lettura orientale..). Comunque un'immagine molto pi�
ricca di quella di Borges � descritta in modo mirabile
nell'Avatamsaka-sutra un testo enciclopedico risalente a
prima del IV d.c. (v. "Il buddhismo mahayana" di P.Williams,
ed. Ubaldini, p.142). Sono sicuro che se Regge la conoscesse
rimarrebbe stupito (a parte che � tirata in ballo anche da
Capra [p.338], si vede che forse Regge � tanto prevenuto [o
pauroso] che non l'ha neanche letto questo libro).
Testi e concetti buddhisti dove si possono incontrare
immagini per le quali � possibile stabilire un'analogia con
la fisica ce ne sono svariati: l'abidharma, il concetto dei
dharma, quello del paticcasamuppada, vari testi mahayana tra
cui l'avatamsaka-sutra, la madhyamika-karika di Nagarjuna, i
pregevoli testi "filosofici" della tradizione cittamatra,
ecc. Ma il problema rimane l'ostilit�, non so da cosa
indotta. Nell'analogia tra oriente e occidente non � in ballo
la giustificazione dell'una o dell'altra, come ho sentito
dire da certi, fisica e buddhismo continueranno a percorrere
strade proprie e indipendenti, n� tanto meno l'analogia
implica questioni di verit� (qualcuno disse che sono tutte
bugie, io non vedo che centrano). Anzi la sua caratteristica
� proprio quella di evidenziare delle convergenze mantenendo
chiaro il fatto che le due cose rapportate tuttavia non si
incontreranno mai, e chi non la pensa cos� compie, per dirla
con Kant "un salto formidabile". L'analogia � "un'estensione
probabile della conoscenza mediante l'uso di somiglianze
generiche che si possono addurre tra situazioni diverse"
(N.Abbagnano, p.37). Forse Capra � troppo enfatico (ribadisco
che il suo libro mi ha un po deluso), ma le analogie (pur con
tutta la loro genericit�) restano lampanti e affascinanti
tanto quanto lo sono i racconti di Borges per Regge.
Mi resta oscura l'ostilit� (e sottolineo ostilit�, e non
solo verso le dottrine orientali) di molti fisici, e l'ignoranza di
altri che parlano senza aver mai letto neanche un manuale di
storia delle dottrine orientali. Io lo sforzo di capire la
fisica lo faccio, perch� pur con tutti i miei limiti, mi
sembra doveroso. Mi piacerebbe vedere un giorno uno sforzo
pure da parte di alcuni fisici. E' chiedere troppo? Ma c'�
veramente la volont�? Gli psicologi occidentali p.e. questo
sforzo l'hanno fatto. Certo un fisico dir� che la psicologia
� una scienza di serie "b". Forse � vero, per� devo dedurre
allora che essi hanno se non altro pi� coraggio e apertura
mentale.
Valerio Guagnelli, 32 anni
Laureando in Filosofia Teoretica
universit� "La Sapienza" di Roma
(cos� sapete chi sono)
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Received on Mon Oct 19 1998 - 00:00:00 CEST