Re: Rich. pareri su libro "La relatività e la falsa cosmologia" di Marco De Paoli
On 15 Mag, 19:15, frigeni_ovvio_at_tiscali_ovvio.it (Maurizio Frigeni)
wrote:
> Puoi riportare per esteso, per favore, il passo in cui Galileo afferma
> queste cose?
Non v’è un solo passo: i passi sono molteplici.
Comunque, ecco i dati (in gran parte già riportati nel mio Theoria
Motus).
Preciso che citazioni internazionalmente valide andrebbero fatte
sull’Edizione Nazionale del Favaro (VII vol.). Io cito qui da Opere,
Torino 1980 (I ed. 1964), Utet, 2 voll. Il “Dialogo sopra i massimi
sistemi del mondo” è nel vol. II. Qui ci interessa soprattutto la
Giornata Seconda.
Qui di seguito per ordine logico-sequenziale di temi (mi limito alle
citazioni principali):
1) Irrilevanza per Galileo della vis centrifuga ai fini del moto in
avanti del grave in caduta dalla torre:
Simplicio poco convinto ammette che in una Terra in rotazione le cose
non verrebbero scagliate lontano centrifugamente e tangenzialmente,
stante il moto parallelo dell’atmosfera, ma obietta: «quando quello
[il moto terrestre] fusse un milion di volte più veloce, la penna e
anco la pietra verrebbero estruse» (p. 249; cfr. p. 248), cioè
verrebbero scagliate via.
Salviati risponde che così non è perché anche con questa incredibile
velocità di rotazione «sempre l’inclinazione in giù supera la velocità
della proiezione». L’argomento era già di Tolomeo e viene contestato
anche a p. 238 e 264.
In realtà non sarebbe indifferente per la Terra ruotare «un milion di
volte più veloce» perché la spinta centrifuga aumenta col quadrato
della velocità, ma resta il fatto che per Galileo alla velocità della
rotazione terrestre la vis centrifuga è ininfluente sulla caduta del
grave. Di conseguenza si ha �'
2) Caduta parabolica del grave per composizione vettoriale fra cerchio
della rotazione e perpendicolare verso terra (e non per composizione
di due moti rettilinei, centrifugo per tangenziale e verticale):
- Simplicio: «quando ella [la torre] fusse portata dalla Terra,
bisognerebbe che ‘l sasso avesse due moti naturali, cioè ‘l retto
verso ‘l centro [della Terra] e ‘l circolare intorno al centro, il che
è poi impossibile» (p. 181). Salviati lo corregge e conclude il
ragionamento dicendo che invece il grave fugge in avanti, non
tangenzialmente ma proprio “intorno” al centro:
- «quel sasso che è in cima alla torre, ha per suo primario istinto
l’andare intorno al centro del suo tutto in ventiquattr’ore» (p.
182);
- Ancora Salviati su moto circolare (e perpendicolare): «non veggiamo
noi altro che il semplice [moto] in giù», mentre «l’altro circolare,
comune alla Terra alla torre ed a noi, resta impercettibile e come
nullo» (p. 207).
Invece l’idea della composizione di due rette ortogonali, poi
canonica, si trova in Guglielmini (De diurno Terrae motu; ma cfr.
Carteggio, Olschki, chiarisssima l’immagine a p. 60, facilmente
ricavabile a p. 199).
3) Illustrazione della parabola a p. 210
Pur essendo composizione di cerchio e perpendicolare, la parabola
disegnata è sostanzialmente quella solita con cui si raffigura la
composizione di due assi ortogonali.
Occorrerebbe però vedere l’immagine del testo originale o almeno
(questo lo farò nei prossimi giorni) di un’edizione antica: già una
volta (proprio con i Classici della Scienza Utet) mi è capitato di
trovare immagini geometriche di Giordano Bruno ritoccate nell’edizione
moderna. Anche il famoso diagramma originale di Darwin dell’Origine
delle specie fu ritoccato, già vivo Darwin, in sede di stampa.
4) Ruolo dell’atmosfera:
- Simplicio reputa impossibile una cosa del genere: «che un sasso
gravissimo o una palla d’artiglieria, che da alto venga a basso e sia
già posta in sua balìa, si lasci trasportar né da aria né da altro, ha
del tutto dell’inopinabile» (p. 182). E ancora: «Io non resto capace,
che l’aria possa imprimere in un grandissimo sasso o in una grossa
palla di ferro o di piombo, che passasse, verbigrazia, dugento libbre,
il moto col quale essa medesima si muove e che per avventura ella
comunica alle piume, alla neve ed altre cose leggerissime; anzi veggo
che un peso di quella sorte, esposto a qualsivoglia più impetuoso
vento, non vien pur mosso di luogo un sol dito: or pensate se l’aria
lo porterà seco» (p. 183).
Salviati lo corregge precisando che l’atmosfera non spinge, non
conferisce un nuovo moto al grave bensì lo “conduce seco”: «l’aria non
gli ha a conferire un nuovo moto, ma solo mantenerli, o per meglio
dire non impedirli, il già concepito» (p. 184). E ribadisce: l’aria
«seguitando naturalmente la vertigine della Terra, sì come conduce
seco le nugole, così porta gli uccelli ed ogn’altra cosa che in essa
si ritrovasse pendente» (p. 231).
NB) Laddove discute il grave in caduta (es. p. 210) Galileo parla del
suo moto inerziale in avanti, non centrifugo ma circolare: l’atmosfera
per lui porta solo il grave come «ogn’altra cosa che in essa si
ritrovasse pendente». A scanso di equivoci preciso dunque che
nell’ultimo post e altrove ho sviluppato ragionamenti e argomenti che
si dipartono da Galileo, ma se ne distanziano anche.
Marco dp
Received on Sun May 16 2010 - 10:11:12 CEST
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