Ancora sul principio di indeterminazione
Valter Moretti ha scritto:
> In definitiva io preferisco pensare alle relazioni di
> Heisemberg come un teorema (o un corollario)
Anch'io.
> Heisenberg formulo' il suo PRINCIPIO dopo aver esaminato
> varie situazioni ideali (microscopio di Heisenberg ecc...)
> PARTICOLARI. Nella sua formulazione ci sono molte cose
> ambigue, per esempio non e' molto chiaro cosa si debba
> intendere con delta x e delta p in casi generali.
> Tali casi PARTICOLARI non DIMOSTRANO il principio ma CONDUCONO
> ad esso (inoltre sono anche inconsistenti alla luce della
> moderna MQ perche' gli esperimenti ideali di H. sono stati
> formulati quando la MQ non c'era ancora e si pensava che
> l'elettrone fosse in fondo una pallina ma che valessero
> altre regole di quantizzazione inconsistenti con la visione
> della pallina... Un po' come l'atomo di Bohr.)
Non sono tanto sicuro.
Ho riguardato "I principi fisici della teoria dei quanti" (Pensate: la
mia vecchia edizione Einaudi e' di 50 anni fa! Ma deve esistere una
ristampa di Bollati-Boringhieri). L'originale e' del 1930.
A pag. 26 e seguenti c'e' la dim. del teorema, non nella forma generale
con i commutatori, ma limitatamente alle variabili posizione-impulso. La
dimostrazione e' classica, e usa le trasformate di Fourier.
Dopo questo, a partire da pag. 30, comincia una discussione su "le
relazioni di indeterminazione e gli strumenti di misura" (tra parentesi,
non ci metto la mano sul fuoco, ma scommetterei che il testo tedesco usa
il termine
"Verhaeltnis", che vuol dire appunto "relazione". Il traduttore, Mario
Ageno, era un tipo assai accurato.)
La discussione secondo me ripercorre quella che era stata condotta in
quegli anni, quando da parte dei numerosi oppositori alla m.q. si
tentava di escogitare contraddizioni, del tipo: "ma per misurare insieme
posizione e
impulso si potrebbe ...".
Heisenberg fa vedere che nessun esperimento puo' violare la rel.
d'indet.
Non sarei pero' cosi' ottimista come Valter quando scrive (cito a
memoria) che la maggior parte dei fisici vedono le rel. d'indet. come un
teorema, non come conseguenza della perturbazione indotta dalla misura.
Penso anzi che ci sia
ancora parecchia confusione in giro, non solo nella divulgazione...
Giustamente Valter osserva che il generico discorso della perturbazione
non spiega come intervenga la costante di Planck.
In effetti se si analizza ad es. uno degli esperimenti discussi da
Heisenberg si vede che h entra in gioco attraverso la quantizzazione
della radiazione: se vuoi misurare una posizione mandando luce su una
particella, non potrai usare
meno di un fotone, e quello ha una q. di moto finita, inv. prop. alla
lunghezza d'onda. Questa determina la risoluzione della misura spaziale,
mentre l'impulso ceduto alla particella dipende dalla direzione in cui
e' stato diffuso il fotone. La direzione non puo' essere nota, perche'
il fotone deve avere aperto tutto l'obiettivo del microscopio (se lo
stringo, la diffrazione fa perdere in risoluzione). Facendo i conti,
tutto torna.
In poche parole, il mondo quantistico e' un insieme coerente.
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Elio Fabri
Dip. di Fisica
Universita' di Pisa
Received on Thu Aug 27 1998 - 00:00:00 CEST
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