Winston Churchill ha scritto:
> Salve a tutti, mi sto accostando alla teoria della relatività di
> Einstein e ho un dubbio rispetto alla velocità della luce. Sappiamo
> che essa impiega circa 8 minuti per arrivare dal Sole alla Terra.
> Poniamo che il Sole si accendesse in questo preciso istante e io, a
> bordo di una navicella che viaggia alla velocità di 100mila m/s, mi
> muovessi in direzione del Sole, dopo quanti minuti vedrei arrivare la
> luce? Se è vero che C è una costante assoluta, la velocità della mia
> navicella non dovrebbe sommarsi a quella della luce, quindi vedrei la
> luce del sole sempre dopo 8 minuti.
Capperi, Churchill che dall'aldilà si mette a studiare relatività :-D
Scherzi a parte, sarebbe utile sapere che cosa intendi con "accostare".
Stai studiando un libro?
Un sito internet?
Altro?
Lo chiedo perché sembra che non ti siano stati chiariti alcuni passi
pregiudiziali.
Non è possibile capire niente di relatività se non si tengono fermi
due concetti: "sistema di riferimento" (abbrevierò con "rif.") ed
"evento".
Nel tuo caso ci sono due rif. che occorre tenere ben distinti:
- quello solidale al Sole (lo indicherò con K)
- quello solidale con la tua navicella (chiamiamolo K').
Indicherò con N la navicella, che prenderò di dimensioni trascurabili.
Quando in rel. si parla di rif., bisogna intenderli in partenza come
dei /laboratori/ rigidi, dotati come minimo di strumenti per misurare
distanze (es. banale, regoli rigidi) e di un insieme di orologi
/sincronizzati/, situati in tutti i punti dello spazio che possono
interessare.
Non discuterò come si fa la sincronizzazione...
Ho scritto "in partenza" perché è spesso necessario estrapolare questa
definizione.
Per es. non puoi certo misurare la distanza fra te e il Sole con
regoli rigidi, e tanto meno immaginare un intero laboratorio così
esteso.
Si adottano metodi di misura "a distanza", di cui non parlo.
Ma l'essenziale è che *in ogni rif. si sia in grado di misurare le
distanze fra i suoi punti, e i tempi di certi eventi.
E con questo ho introdotto il secondo concetto: "evento".
Nel linguaggio della relatività, evento significa un fenomeno ben
localizzato nello spazio e nel tempo, così che sia lecito descriverlo
con un punto (senza estensione) e un istante (senza durata).
Per es. tu parli di "Sole che si accende": questo è appunto un evento,
che avviene lì dove si trova il Sole (e l'estensione del Sole la
trascuriamo) in un preciso istante.
Lo chiamerò A.
E' importante notare che un evento ha carattere oggettivo: *avviene* e
basta.
Poi sull'evento si eseguiranno misure, da un dato rif., e i risultati
di queste misure in genere saranno diversi da un riferimento all'altro
(vedremo meglio fra poco).
Un altro evento essenziale per il tuo discorso è: "la navicella riceve
il primo lampo di luce dal Sole.
Questo lo chiamiamo B.
Tutto il tuo problema sta nel collegare, in termini di spazio e di
tempo, questi due eventi.
E la tua difficoltà deriva dal fatto che non hai distinto i due rif. e
hai confuso nel ragionamento cose che appartengono a K e cose che
appartengono a K'.
Quindi ragioniamo tenendo nettamente saprati i due rif., ripetendo il
ragionamento due volte: una in K e una in K'.
Cominciamo da K.
Ho detto che in K ci sono orologi sincronizzati, ma non ho detto come
viene fissato lo zero di questi orologi.
Non l'ho detto perché questa è una scelta libera.
Approfittiamo di questa libertà per prendere t=0 all'istante in cui
accade l'evento A.
Fatto questo, dobbiamo far uso di un altro dato: dove si trova la tua
navicella in t=0?
Supponiamo di poter misurare la distanza tra S e N al tempo t=0, e
chiamiamola d.
Ciò posto, possiamo rispondere alla domanda:
"dove e quando avviene l'evento B?"
(Ricorda: "dove e quando" si riferiscono a K.)
Sia t il tempo dell'evento B.
In questo tempo la luce, partita dal Sole, ha percorso uno spazio c*t.
Nello stesso tempo la navicella, che viaggia a una velocità v, avrà
percorso uno spazio v*t.
La somma dei due tratti fa d:
c*t + v*t = d
t = d/(c+v). (1)
Passiamo al rif. K'.
Qui le cose sono più semplici, perché N è ferma.
Il Sole si muove, ma un postulato assume che la velocità della luce
sia comunque c, qualunque sia il rif. e qualunque sia il moto della
sorgente.
La luce deve percorrere lo spazio tra S e N, *misurato in K'*.
Chiamiamolo d': sarebbe un abuso assumere d=d', perché non abbiamo
principi che giustifichino quest'ipotesi (spazio invariante) valida
nella fisica newtoniana.
Sia t' il tempo dell'evento B (misurato in K').
Allora ovviamente
d' = c+t'
t' = d'/c. (2)
Confrontando (1) e (2) si vede che se t = t' segue d =/= d';
viceversa, se assumessimo d = d' avremmo t =/= t'.
Ma fin qui non abbiamo modo di decidere.
Sappiamo che in realtà sarà d =/= d' e anche t =/= t', ma come
arrivarci?
Il modo c'è, ma richiede di considerare luce che si propaga in una
direzione diversa dalla congiungente SN.
Non mi pare il momento di approfondire.
Finisco con un commento che ha a che fare col tuo discorso:
> Se è vero che C è una costante assoluta, la velocità della mia
> navicella non dovrebbe sommarsi a quella della luce
Può sembrare che io abbia fatto proprio questo: t = d/(c+v) sembra
venire dall'aver sommato c con v.
Ma sono le parole che traggono in inganno.
Io non ho sommato le velocità: ho sommato gli spostamenti di due
oggetti (luce e navicella) che si muovono entrambi nel rif. K.
Quando si dice che la vel. della "non si somma", s'intende un'altra
cosa.
Partiamo dalla buona vecchia fisica galileiana.
Se Sagredo, stando su una nave che viaggia a velocità u, lancia verso
prua un sasso a vel. v *rispetto alla nave*, che velocità misurerà
Simplicio fermo a terra?
In questo caso sì, le velocità si sommano: Simplicio troverà u+v.
Nota bene che cosa si somma: alla vel. del sasso sulla nave (rif. K')
si somma la vel. della nave rispetto a un altro rif. K (quello di
terra) per avere la vel. del sasso rispetto a K.
Quello che Einstein dice è che se al posto del sasso c'è un lampo
luminoso, questa regola della somma non vale: la vel. della luce
rimane sempre c, sia rispetto a K', sia rispetto a K.
Mi potresti obiettare: OK per K, ma se voglio tenere spazio assoluto
(d=d') e tempo assoluto (t=t') lo stesso risultato deve valere anche
in K', e l'unica intepretazione è che in questo rif. sia c' = c+v,
ossia proprio che la velocità della luce *si somma*.
Ti rispondo. Certo, ma a parte fatti sperimentali diretti, c'è da
osservare che il valore c discende dalle eq. di Maxwell, e abbiamo
prove in quantità che queste valgono tali e quali in K' come in K.
Quindi un fisico che lavori in K' è costretto a prevedere che la vel.
della luce sia c.
Anzi: non sono solo le eq. di Maxwell a valere in K e in K' immutate.
*Tutte* le leggi fisiche si comportano alo stesso modo (è ciò che
Einstein riassume nel /principio di relatività/).
Anche di questo abbiamo ormai numerosissime prove.
Quindi la soluzione dev'essere diversa: spazio e tempo non possono
essere assoluti.
> Ma allora perché nel celebre esperimento del treno e dei fulmini
> simultanei, vedo prima il fulmine nella direzione in cui si sta
> muovendo il treno?
Non sono sicuro di come hai visto presentato quell'esperimento.
Ma forse ora sei in grado di darti la risposta?
--
Elio Fabri
Received on Fri Sep 01 2017 - 14:44:26 CEST