Re: Funzionamento del transistor BJT

From: Archaeopteryx <cor.bonukFANCULOSPAM_at_libero_NOMAIL_.it>
Date: Fri, 20 Oct 2017 07:43:58 +0200

>> Ho dato una letta veloce al testo e secondo me e'
>> fuorviante parlare di "resistenza" quando si parla
>> di giunzioni. La parte segnata dalle due bande nere
>> laterali non ha alcun senso per me.
>>
>> Per capire come funziona un bipolare devi partire dalle
>> concentrazioni di minoritari ai capi delle giunzioni,
>> concentrazioni che sono modulate (esponenzialmente) dalle
>> tensioni B-E e B-C. Vedi qualche testo magari piu' moderno,
>> io non mi arrischio a darti spiegazioni perche' sono
>> pedagogicamente nullo e sicuramente ti confonderei.
>>
>
> Scusa, ma devo precisare che principalmente deve capire che lo
> spessore della della base deve essere stretta, dell'ordine di
> grandezza della regione di svuotamento "di carica spaziale" di una
> normale giunzione PN insieme al fatto che la regione di basse deve
> essere debolmente drogata rispetto a quella di emettitore.
> Questo per avere un alfa prossimo all'unita', ovvero nel caso di
> transistore NPN "quasi tutti" gli elettroni dall'emettitore vengano
> "risucchiati" scusa il termine poco felice dal collettore.
>

Accorpo le risposte, perché sarebbero quasi la stessa risposta. E' vero
che ho detto che il funzionamento del BJT mi sfugge e forse in questo
senso le risposte che ho avuto sono pertinenti.

Ma c'è un contesto in quello che ho scritto e credo che il problema che
sta ancora a monte della mia incomprensione si possa leggere: ho
scritto che il funzionamento del diodo a giunzione mi è chiaro, quindi
la spiegazione qualitativa delle bande di energia e cose così
grossomodo ce l'ho già. Per questo non è un problema per me capire
perché la base deve essere sottile: ovvero (anche) per diminuire quanto
possibile il numero di ricombinazioni. E questo credo che l'avessi
capito da un pezzo.

Il nodo è un altro: mi appare (nel senso che appare alla mia mente che
ancora non capisce) una specie di sbilancio energetico, ovvero un
flusso di corrente cui presumo sia associato un lavoro, che controlla
un altro flusso capace di compiere un lavoro maggiore (correggetemi
pure "lavoro di un flusso di corrente", so che sto sbagliando
terminologia) e sempre mi appare che questo effetto necessiti di
un'energia che da qualche parte manca.

Michele mi ha risposto in altra sede che dovrei capire le bande di
energia, benissimo, ma io ho decine di libri in cui si ripete questa
stessa cosa. Ne ho anche un paio con un approccio davvero di fisica di
base con la trattazione a livello atomico, non potrei sostenerci un
esame ma capisco grossomodo la sequenza di formule. Senza arrivare a
tanto, nessun testo e al momento nessuna spiegazione che vada a quello
che secondo me è il cuore del problema.

E' chiaro che la soluzione sta sotto i miei occhi ed è contenuta nei
testi, ma non so vedere i nessi in modo esplicito. In altre parole
ancora: da dove si prende l'energia per "fermare" (caso limite ideale,
chiaramente) un flusso di corrente dato che questa energia dovrebbe
essere uguale a quella associata al flusso di corrente da "fermare"?

Apx
Received on Fri Oct 20 2017 - 07:43:58 CEST

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