Relatività ristretta e moto vario (ex SP 1.10)

From: Davide <davidedelia.pubblico_at_gmail.com>
Date: Thu, 7 Nov 2024 18:17:05 +0100

Dato che il thread (SP 1.10) da cui deriva questo discorso diventava un
po' lungo, ho spostato la parte sui moti vari in questo nuovo thread.

Il 05/11/24 17:48, Elio Fabri ha scritto:
> È possibile, ma non necessario, cercare di associare tale uno un rif.
> acccelerato in cui esso è fermo.
> Se non lo fai, puoi benisssimo definire il tempo proprio lungo quella
> curva come il tempo segnato da quell'orologio

Mi limito a quello che hai scritto qua e alla parte iniziale delle
pagine divulgative che hai indicato, perché guardando le lezioni di
introduzione alla RG non mi sembra siano ancora pienamente accessibili
per me. Possiamo anche rimandare la discussione al momento in cui sarò
stato in grado di studiarle, se fosse necessario avere quelle conoscenze
per capire la questione.

Venendo al discorso, fatico a mettere insieme prospettive che mi
appaiono diverse: ho sempre capito che il tempo fosse ciò che viene
misurato localmente da una serie di orologi posizionati stabilmente
lungo un reticolo e sincronizzati in un certo modo e che un eventuale
moto degli orologi non permetterebbe o almeno non garantirebbe la
possibilità di sincronizzazione, se non in particolari condizioni di
velocità estremamente basse.

Accettare che anche ciò che viene misurato da un orologio in moto non
uniforme, senza preoccupazioni delle basse velocità e delle non
accelerazioni, sia una grandezza che possiamo validamente considerare
come tempo all'interno della RR, mi sembra in contrasto con il rigore
dell'impostazione precedente e non riesco a farlo pacificamente. Ma,
cosa più importante, non riesco a capire in generale, al di là della
questione del rigore, come possiamo parlare di tempo senza un sistema di
riferimento. L'uso stesso di un orologio non significa aver stabilito un
asse dei tempi (che da quel che ho sempre pensato equivale ad avere un
riferimento almeno temporale)?


> 2) Usare un rif. accelerato non significa fare RG.
> Questo lo trovi discusso ampiamente in
> https://fabri.sagredo.eu/divulgazione/relgem/
> e anche in
> https://fabri.sagredo.eu/lezioni/irg/irg04.pdf
>
> Il primo dovrebbe chiarirti lo sviluppo storico e due interpretazioni
> del termine "relatività generale".
> Il secondo mostra un esempio canonico (Rindler) dell'uso di coord. non
> cartesiane in uno spazio-tempo piatto, per definire un "riferimento
> uniformemente accelerato" in RR.

Dal primo riferimento, ossia le pagine divulgative, ho capito la
differenza delle interpretazioni, ma faccio un po' di confusione perché
io avrei detto che entrambe le condizioni (spazio-tempo piatto e e
sistemi inerziali) sono condizioni necessarie per essere nell'ambito
della RR, invece entrambe le interpretazioni considerano sufficiente
anche avere solo una di queste condizioni.

Poi c'è l'osservazione di Einstein (al di là della sua posizione tra le
due interpretazioni) secondo la quale per chi è in un riferimento
accelerato, lo spazio non è euclideo. È un'osservazione corretta? Se sì,
allora non mette insieme la prospettiva della curvatura con quella dei
sistemi inerziali unendo inscindibilmente le due cose?

Infine, sempre nella prima delle pagine su RG e paradosso dei gemelli,
leggo che "gli esperimenti in un rifeirmento accelerato mostrano
fenomeni <<strani>> che non si vedono mai in un riferimento ineziale.
[...] I sostenitori della seconda interpretazione non negano
naturalmente questi effetti, ma osservano che essi possono essere
perfettamente spiegati descrivendo gli esperimenti da un riferimento
inerziale, quindi senza uscire dalla RR". Qua non riesco a seguire la
logica del discorso: se i fenomeni non si vedono mai in un riferimento
inerziale, come possono essere spiegati descrivendoli in un riferimento
inerziale?

-- 
Davide D'Elia
Received on Thu Nov 07 2024 - 18:17:05 CET

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