Alberto Rasà ha scritto:
> 1. dove sono localizzate massa e carica di un elettrone la cui
> funzione d'onda è delocalizzata in una regione spaziale grande,
> tenuto conto che psi *non è un'onda di carica né di massa* (come
> pensava all'inizio Schroedinger) ma solo di probabilità?
> 2. La domanda 1 ha significato fisico in MQ o non ne ha?
In primo luogo ti suggerirei di modernizzare il tuo linguaggio.
Non credo che nessun fisico e nessun testo usi più il termine "onda di
probabilità". E se qualcuno lo usa, fa male.
Ti ricordo che siamo ormai arrivati al centenario della MQ...
A parte questo, la mia risposta ti (vi) stupirà: carica e massa *non
sono osservabili*. Non esistono gli operatori carica e massa, quindi
non esistono autovettori e autovalori...
Quando sono definiti, carica e massa di un sistema quantistico sono
parametri *fissati* che figurano nella hamiltoniana.
Mi si potrebbe obiettare che per es. il momento di dipolo elettrico
*è* un'osservabile. Certo che lo è: lo è perché nella sua definizione
entra la posizione della particella; la carica è solo un parametro
moltiplicativo.
Potrei fermarmi qui, ma mi pare utile completare un'osservazione di
GP, che ha scritto:
> Non solo. La funzione d'onda rappresenta lo stato e talvolta (quasi
> sempre in alcuni contesti) lo stato viene etichettato mediante i
> possibili valori dell'operatore posizione. Ma non devi dimentichare
> la necessità degli operatori, come controparte degli stati. le due
> entità matematiche non hanno molto significato indipendente l'una
> dall'altra.
In realtà ormai da decenni è nota la possibilità di un altro approccio
alla MQ, in cui gli enti primitivi sono le osservabili, o meglio il
loro insieme che costituisce l'algebra delle osservabili.
Ci sono motivi tecnici (matematici) per cui è in realtà necessario
allargare da un lato e restringere da un altro la detta algebra.
Infatti nella trattazione tradizionale un'osservabile è rappresentata
da un operatore hermitiano (anzi autoaggiunto), Invece l'algebra di
cui sopra deve includere anche entità non hermitiane; questo perché in
un'algebra è sempre definito il prodotto di due elementi, ma se A e B
(hermitiane) non commutano, in generale AB non è hermitiano.
Inoltre in MQ si accettano osservabili i cui operatori non sono
limitati (es. posizione su una retta) mentre nel punto di vista
algebrico le osservabili sono limitate. Questo non è un problema
perché se A è un operatore autoaggiunto exp(iA) è unitario, quindi
limitato.
Ciò detto, e imposta (come assioma per l'algebra delle osservabili
qualche altra condizione (che non descrivo, ma tecnicamente si
riassumono nella definizione di C*-algebra), esiste il famoso teorema
di Gel'fand-Naimark-Segal (anni '40 del secolo scorso):
Dato un funzionale lineare Phi su una C*-algebra A, esiste una
rappresentazione pi di A sugli operatori di uno spazio di Hilbert H,
con un vettore (ciclico) x tale che per ogni a di A si ha
Phi(a) = <x, pi(a)x>
(<.,.> denota il prodotto scalare)
Cioè Phi(a) coincide col valor medio di pi(a) sullo stato x di H.
In parole povere: ogni C*-algebra può essere vista come algebra di
operatori limitati su uno spazio di Hilbert H.
In termini più fisici: in MQ la conoscenza delle proprietà algebriche
delle osservabili permette di costruire uno spazio di Hilbert in cui
ogni osservabile è rappresentata come operatore.
(Nella trattazione tradizionale lo spazio di Hilbert è dato (spazio
degli stati) e le osservabili sono certi operatori su H.)
Perché non si può prescindere dalle osservabili?
Il fatto è che tutti gli spazi di Hilbert separabili sul campo
complesso sono tra loro isomorfi, quindi dal solo spazio di Hilbert
non si potrebbe distinguere un sistema fisico da un altro.
Esempio: un oscillatore armonico unidimensionale e un atomo d'idrogeno
hanno *lo stesso* spazio di Hilbert...
Lo so, ho fatto un discorso alquanto astruso, ma non è stata cattiva
volontà: ho volutamente semplificato od omesso diversi punti, ma la
trattazione mediante C*algebra è necessariamente più astratta di
quella tradizionale, e questo si riflette sul linguaggio.
Nota: ho usato la parola "astratta" nel significato proprio che ha in
matematica, e che differisce da quello in cui l'ho vista usata in
alcuni post. Sarebbe auspicabile che il linguaggio venisse uniformato,
e che non si usasse "astratto" come sinonimo di ideale, inesistente...
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Elio Fabri
Received on Thu Oct 31 2024 - 11:51:39 CET