Re: Punctum contra punctum

From: Q22 <21714invalid_at_mynewsgate.net>
Date: Tue, 28 Jan 2014 00:37:04 GMT

Il 27/01/2014 21:41, Elio Fabri ha scritto:
> Q22 ha scritto:
>> Le contraddizioni sono di grande interesse non tanto logico quanto
>> psicologico. Ma senza entrare in questo amletico aspetto, mi hanno
>> incuriosito le seguenti contraddizioni:
> A me non incuriosisce, ma se mai infstidisce, che tu ti pretenda
> maestro di logica, filosofia, e magari anche fisica, quiando
> invece...

... quiando invece è sufficiente contestare con la logica senza
giudicare, perché i giudizi sono sempre a boomerang, qui come ovunque.


>> - qualcuno ha annunciato che il libro di Werner Heisenberg 'Fisica
>> e Filosofia' è un libro "divulgativo", e ha aggiunto che il suo
>> interlocutore avrebbe studiato la fisica su quello. Il primo
>> aspetto della contraddizione è sulla definizione di 'libro
>> divulgativo'; infatti rivela che chi lo dice non lo ha letto.
> E dove sarebbe la contraddizione? Se non è divulgativo, chi lo dice
> sbaglia e basta.
>
> Anch'io non l'ho letto, però ho trovato la lunga introduzione di
> Northrop

Si trova anche quello in rete. Prima di giudicarlo si può persino
leggerlo.

> https://www.facebook.com/...

Non frequento facebook ma leggo i libri di cui parlo.

> dove si legge tra l'altro:
>
> "Nel suo precedente libro, 'I principi fisici della teoria dei
> quanta' Heisenberg fornì un'esposizione dell'interpretazione
> teoretica, del significato sperimentale e dell'apparato matematico
> della meccanica quantica ad uso degli scienziati e dei fisici in
> particolare. Qui egli tratta, _ad uso dei profani_, di quella e di
> altre teorie fisiche con riguardo alle loro implicazioni filosofiche
> ed a qualcuna delle loro probabili conseguenze sociali." (la
> sottolineatura è mia) Se è "ad uso dei profani", non è divulgativo?
> Che cos'è divulgativo, secondo te?

Avendo scritto questa cosa, costui ha toppato, oppure ha inteso per
"profano" qualcuno che capisce i concetti della fisica in rapporto alla
filosofia, nel passato e nel presente. Accidenti che profano!
Cosa voleva divulgare a chi? Ai ragionieri? Alle massaie?
No, il signor Northrop ha toppato: quello è un saggio in cui Heisenberg
riflette sulla cultura del tempo, sugli effetti della nuova fisica sul
pensiero filosofico, e quindi giustamente sulle possibili conseguenze
sociali.
Sul concetto di divulgazione ci sarebbe molto da dire (c'è un gruppo che
se ne occupa), ma il rapporto fra fisica e filosofia non può rientrarci
di sicuro. Inoltre costui, quando parla di "ad uso degli scienziati e
fisici in particolare", sta forse dicendo che un ricercatore in chirurgia
dei trapianti, evidentemente uno scienziato, poteva capire quel trattato
di fisica "stretta"?
Come vedi, un'altra contraddizione.

Per comprendere quel libro non solo è necessario avere cognizioni non
banali di filosofia, ma neppure di fisica.
Quell'introduzione non è all'altezza del libro e del suo autore. Non fa
testo per definire il libro come "divulgativo".

>> La seconda parte della contraddizione è più curiosa: se si tratta
>> infatti di un "libro divulgativo", allora non è un libro di studio
>> pedissequo,
> E' evidente (si vede anche dal resto del tuo post) che tu ami
> attaccarti alle parole senza riflettere sul contesto.

Ho già risposto. E ho risposto senza allargare al resto del tuo post. Per
correttezza cerco di argomentare punctum contra punctum, senza deviazioni
che non servono a nulla se non a inquinare la discussione.

> Per di più riporti in modo infedele le parole che critichi: Giorgio
> Pastore (è di lui che stai parlando) non ha usato la parola
> "studiare".

Cos'è? "Ami attaccarti alle parole senza riflettere sul contesto?" :)

> Ha scritto
>> Ma secondo te, la Fisica (o anche la Filosofia) si fa e si
>> apprende leggendo opere divulgative ?
> che mi pare alquanto diverso.

Non è affatto diverso, dato che parla di /apprendere/ e non d'altro.
Questo è il contesto, che si è capito benissimo essere un contesto
fortemente spregiativo nei confronti non dell'interlocutore Massimo 456b,
ma di un altro di cui stavano parlando. Molto scorretto peraltro questo
comportamento, ma anche per questo ho parlato di ragioni psicologiche
delle contraddizioni. Il malanimo non è mai favorevole alla logica.


>> In ogni caso, se pure ci fosse qualcosa da studiare propriamente
>> di fisica in quel libro, si tratterebbe della lezione non di
>> qualche solerte lavoratore scolastico o accademico, ma di un vero e
>> grande fisico.
> Parole inutili, visto quanto ho già rilevato.

Essendo evidentemente debole ciò che hai commentato, la mia affermazione
prende di conseguenza la rilevanza che le spetta.

>> - un'altra contraddizione (almeno una) è contenuta nella seguente
>> affermazione: "Un concetto espresso in una riga di linguaggio
>> naturale è probabilmente semplicistico. Tuttavia, forse, in questo
>> caso basta per abbozzare una risposta al perché "tutti i sistemi
>> reali [...] sono dissipativi; il sistema universo no"."

> Chissà perché non citi gli autori delle frasi che critichi... Questo
> è Persio, mi pare.

Perché chi legge il gruppo non può che riconoscerli, esattamente come
hai fatto tu con Persio, con cui peraltro condivido un punto di vista
importante.

>> Anche posto che l'universo non sia un "sistema reale" : )),
>> innanzitutto *ogni* concetto è espresso in linguaggio naturale.
>> Nessun linguaggio è non-naturale, incluso il linguaggio simbolico
>> dei metodi (logica, matematica) e delle scienze "naturali"; infatti
>> non esiste significato che non abbia bisogno del linguaggio
>> naturale per essere espresso, e i linguaggi cosiddetti formali non
>> sono che tentativi di semplificazione, in sostanza dialetti,
>> gerghi, finalizzati alla comunicazione fra gli addetti, e non
>> qualcosa che evade dal linguaggio naturale.
> Anche qui, non so dove sia la contraddizione.

Evidentemente nel pensare che qualche linguaggio sfugga alla paternità e
maternità del linguaggio naturale.

> Tu critichi la distinzione fra "linguaggio naturale" e altri
> linguaggi, che chiami "dialetti, gerghi"...

Non è un giudizio negativo quello di 'dialetto' o 'gergo'.
Hony soit qui mal y pense :)
Un tempo dicevo che i linguaggi formali erano "distillati" del
linguaggio naturale.
Quello che ho detto qui, ripeto ancora, è che nessun linguaggio sfugge
all'*essere* linguaggio naturale.
Non critico affatto la distinzione, a meno che non si pretenda di negare
la paternità e maternità.

> Anche questo mi pare tipico del tuo modo di ragionare.

Quale sarebbe il mio "modo di ragionare"?
Forse solo diverso dal tuo e di altri - e questo lo so bene, - ma il
giudizio, come per la faccenda qui sotto dell'universo, non può essere
assoluto, di nessuno dei due.

> Parti dall'osservazione vera quanto banale che qualunque linguaggio
> è costruito su un linguaggio naturale, per concluderne che nel
> linguaggio scientifico non ci sia niente di più.

*Non può* esserci niente di più, perché qualunque significato
scientifico non può che essere espresso nel linguaggio naturale !
Forse che un assioma può essere espresso in qualche altro linguaggio?
La definizione di una grandezza fisica - o della stessa fisica - può
essere espressa in qualche altro linguaggio? Quale?

Quello che ho detto, in sostanza, è che il linguaggio naturale è il
meta-linguaggio o anche il linguaggio-sorgente di ogni possibile
linguaggio (umano ovviamente).
Ciò che è chiaro però è che questo immensamente potente strumento - che
in sostanza firma la dimensione umana - può essere usato in molti modi,
e che dalla scienza si richiede rigore nel suo uso. Nessuna leggerezza
come potrebbe esserci nei discorsi quotidiani. Tutto qui.


> Peggio: parli addirittura di "tentativi di semplificazione", e
> ovviamente se sono tentativi vuol dire che non hanno successo...

Spesso ho constatato che possono causare confusione. Non sempre per
fortuna. La semplificazione consiste, evidentemente, nell'usare termini
ormai codificati, che quindi agli addetti non vanno spiegati. Questo
succede in tutte le discipline. Ma il fatto che un termine sia
codificato e persino normalizzato in certi ambiti non interrompe il suo
cordone ombelicale con il linguaggio naturale.

> Il che significa però che tu sai molto poco dei linguaggi
> scientifici.

Conclusione ingiustificata.

> Intanto consteso il "tentativi". Tanto poco sono tentativi, che
> interi settori scientifici sono costruiti usando quei linguaggi, e
> non sarebbero possibili senza.

Per fortuna, come eredità del linguaggio naturale, anche i linguaggi
scientifici evolvono, anche solo perché l'evoluzione delle scienze lo
richiede. Quanto è cambiato il linguaggio della fisica con la MQ? Quello
che non evolve è la sintassi, ma neppure le radici semantiche dei
linguaggi scientifici. E queste sono le colonne del linguaggio naturale,
cioè del logos. Qualcuno crede di poterne evadere forse?

> E spero non vorrai contestare (o forse sì?) il valore conoscitivo
> della scienza.

Riconosco il valore descrittivo della scienza nei propri ambiti, punti di
vista e statuti.
Che sia anche valore conoscitivo della realtà ho invece delle difficoltà
a crederlo.

> Poi non si tratta affatto di "semplificazione". Anche, in tanti casi;
> ma c'è assai di più. Moltissimi concetti semplicemnte non potrebbero
> essere espressi senza un linguaggio specialistico: per l'ambiguità
> del linguaggio comune, per l'estrema prolissità che acquisterebbe
> qualsiasi discorso...

Ho già risposto a queste obiezioni. I concetti che sono esprimibili solo
mediante linguaggio specialistico, come ho detto, usano terminologia
codificata: in questo senso semplificano, non portandosi dietro tutte le
definizioni e le premesse che danno significato ai vari termini. Perciò
parlo di 'gerghi'. E intendiamoci: questo vale per ogni disciplina.
Aggiungo però un'osservazione: mentre questa semplificazione o formazione
di gerghi/dialetti specialistici è del tutto lecita, può essere invece
una gabbia, e lo è, se su tali gerghi non opera costantemente la critica,
evitando il meccanismo della prevaricazione del cosiddetto significante
sul significato, della codifica sul senso.
La mia critica è su questo (e non è affatto nuova o solo mia), non sul
fatto che ogni scienza ha il suo dizionario.

L'uso di un linguaggio specialistico (per es.
> quello della matematica) è tra le altre cose una /disciplina
> mentale/:

Non il linguaggio matematico ma la matematica è una disciplina mentale.
Infatti ho constatato quasi sempre che i libri di matematica sono i
meglio scritti, nella nostra lingua e non solo. È la matematica a educare
al rigore, non i formalismi matematici.

quello che Galileo nel "Saggiatore" esprime dicendo "ma è
> forza in brevi parole ed al primo assalto restare o Cesare o
> niente". Non aggiungo altro, per brevità.

Dietro le "brevi parole" di Galileo c'era proprio la lotta di un nuovo
linguaggio contro un vecchio linguaggio - definentesi a sua
volta "scientifico" - contraddire il quale (proprio come linguaggio!)
poteva costare la vita come a Giordano Bruno.
Ripeto che il linguaggio, se non affrontato criticamente costantemente,
finisce per creare altre nuove scolastiche fatte solo di codici senza
contenuti, svuotati dall'abitudine ma resi potenti, in quanto codici, da
seguaci acritici. E quindi di freno proprio alla scienza.
 
> ... Più in generale, il termine "universo" andrebbe
> bandito dai discorsi sulla termodinamica.
 
>> - a proposito di curiose contraddizioni e di universo, si dice che
>> a partire da un certo evento (il cosiddetto big-bang) l'universo si
>> è "espanso". La contraddizione è¨ evidente: si è espanso *dove*,
>> se, in quanto universo, all'atto di tale evento era tutto quello
>> che c'era???

> Qui invece ti cimenti con cose più grandi di te :-)

L'universo lo è indubbiamente, moooolto più grande :)

Non sai la fisica
> in generale (basta vedere quello che hai scritto in altro thread sul
> corpo nero)

Non ho detto di sicuro cose false, fino a prova contraria: ho solo
mostrato che non è un concetto così speciale, ma è solo l'astrazione di
fenomeni a portata di mano di chiunque. Quando si sono capite queste
cose, poi la formalizzazione acquista senso, altimenti no, come dimostra
proprio la domanda posta da quel postatore. Altrimenti sembra cadere dal
cielo - spesso proprio per colpa del linguaggio.
E attenzione: neppure quella era divulgazione, ma era solo come
dire "Ehi! Guarda che il tuo contachilometri esegue un integrale", che è
vero e che toglie ogni timidezza rispetto al concetto di integrale con
tutte le sue regole e i suoi segni.

in particolare non sai di RG né tanto meno di cosmologia
> relativistica. Quindi ti attacchi a delle parole, ignorando che in
> cosmologia hanno un significato specialistico, che non ti starò a
> spiegare perché ci vorrebbe troppo e tanto non capiresti.

Non ti chiedo di spiegarlo perché non è necessario per diverse ragioni.
Ma la ragione più semplice e ovvia è questa: "Universo", per chiunque,
relativisti e non, è *tutto ciò che c'è*. [A proposito di linguaggio, la
Biblioteca di Babele di Borges, inizia proprio così: "L'universo (che
altri chiama la Biblioteca)"]
Né la RG né altri possono affermare che ci sia "altro" che non sia
universo, a meno di non dichiararsi metafisici (però per certi aspetti lo
sono, "ma non ti starò a spiegare perché ci vorrebbe troppo e tanto non
capiresti"[cit]).
 
>> Il problema di questo *dove* sussiste poi quando si dice che
>> l'universo continua a espandersi. In altre parole, a causa
>> dell'inesistenza di tale *dove*, l'universo è nella stessa
>> situazione, fisica e logica, presunta "iniziale".

> Eccola, quella che io chiamo "la logica di Don Ferrante" :-) (A
> proposito: mi hai definito "bonario", il che mi è sembrato buffo,
> perché la mia intenzione era tutt'altra...)

Guarda che mi confondi con un altro: io non sono Loris Dalla Rosa.
E io so benissimo che la tua intenzione era un'altra. Loris è un
gentiluomo, ma guarda che ha anche uno spiccato senso dell'ironia, se non
lo avevi capito.
 
>> Simili affermazioni avrebbero un senso infatti se e solo se la
>> misura di tale presunta espansione fosse effettuata con riferimenti
>> assoluti dall'esterno dell'universo, esterno e riferimenti che non
>> esistono.
> Simili affermazioni hanno un senso all'interno di una teoria dove il
> termine espansione ha un preciso significato tecnico, che tu ignori.
> Il che non t'impedisce di enunciare giudizi perentori quanto
> sballati :-(

Il significato tecnico di espansione è quello di un aumento perlomeno di
volume. Vengono date persino delle velocità di tale aumento, in termini
di allontanamento fra loro delle stelle.
Ora, per misurare una simile espansione, "dall'interno" dato che siamo
dentro all'universo e non fuori, quale è il riferimento o il metro? Non
certo quello di Sèvres, ma qualcosa, anzi la sola cosa che proprio nelle
da te citate Relatività assumiamo come una costante e che trattiamo in
pratica come assoluta: la "velocità" della luce.
Ma, ripeto, anche questo exploit si situa "dentro" all'universo, quindi è
del tutto arbitrario affermare che ciò che misuri "di dentro" con uno
strumento "di dentro" possa realmente dire qualcosa di assoluto, che
potrebbe solo essere detto "da fuori".

>> pretendere di misurare con strumenti di qui e ora ciò che si
>> sostierne accaduto miliardi di anni fa in un qualche punto di uno
>> spazio ... che non c'era, e in un tempo ... che non c'era, e poi
>> l'altra contraddizione secondo cui una misura "dal di dentro"
>> direbbe qualcosa di "consistente" con una impensabile misura
>> assoluta "dal di fuori". ...
> Raccapricciante il livello d'ignoranza e presunzione che manifesti.

Motiva la tua affermazione: i tuoi strumenti di misura e i loro
riferimenti - oggi come sempre - sono dentro o fuori dall'universo?
Esiste un "fuori" dall'universo?

Relatività o no, quindi, devi motivare che è "ignoranza e presunzione"
affermare che non c'è altro che quello che c'è (tautologia, quindi
assolutamente vera), e che quindi il big-bang è proprio adesso, se non
avevi capito che cosa intendevo dire (ma mi pareva evidente).
Ovvio poi che, in quest'ottica, sulla Relatività ci sarebbe molto da dire
(se il linguaggio della Relatività non ha subito quanto dicevo sopra).

> D'altra parte, c'è libertà di parola, e bisogna lasciare libere
> anche le parole senza senso di tipi come te. Però lasciarti libero
> non significa lasciarti senza repliche e confutazioni.

Confutazioni che mi aspetterei più puntuali.

Comunque non è certo concessione tua lasciar libero il prossimo di
esprimersi. Per fortuna siamo ancora in democrazia.
Che ci sia libertà di parola però non è vero in questi lidi usenettiani,
e non mi riferisco alla moderazione. Se io per esempio metto nel killfile
qualcuno, allora lo lascio a boccheggiare come un pesce togliendogli
proprio la possibilità di cui parli, ossia di replicare e confutare ciò
che scrivo: il mio sarebbe in tal caso un atteggiamento quantomeno
intollerante che non ha niente a che fare con la libertà, come non lo
avrebbe da parte mia apostrofare di "tipi come te" chi mostrasse di non
usare il mio stesso modo di pensare (o di non avere i miei pregiudizi, o
la mia fede nei miei liguaggi).

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Received on Tue Jan 28 2014 - 01:37:04 CET

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