Re: Due domande sul determinismo di Laplace

From: Loris Dalla Rosa <lbhi3k$e1c$1_at_dont-email.me>
Date: Fri, 31 Jan 2014 14:06:36 +0100

"Persio" <persio.flacco_at_gmail.com> ha scritto nel messaggio
news:lc9a4i$1qd$1_at_dont-email.me...
> Il 25/01/2014 17:06, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>
> Provo a risponderti, sempre che il moderatore nel frattempo non ha
> impugnato la ramazza per cacciare la torma di "filosofi" calata a
> disturbare la serenità del NG di Fisica.

Speriamo di no. Comunque, se questa "estensione" logico-filosofica, di una
questione impostata sotto il profilo esclusivamente fisico, ai fisici desse
tanto fastidio, speriamo che il moderatore sia cosi' cortese da avvertirci
pubblicamente. Nel qual caso potremmo spostare l'eventuale prosieguo della
discussione su it.cultura.filosofia.moderato.
Premetto che la questione, dal punto di vista del fisico, in questo 3D mi
pare esaurientemente risolta (in particolare con il post di Aleph del 16
c.m. delle 10:50); questa nostra, Persio, e' appunto un' "estensione", una
generalizzazione logico-filosofica della questione: generalizzazione che,
del resto, sembra essere autorizzata dalla stessa citazione di Laplace,
riportata da multivac85 e che per comodita' ripeto in calce (*). Da essa
appare chiaro che Laplace considera la successione degli stati dell'universo
come una catena causale assolutamente determinata, di cui *ogni* corpo (dal
piu' grande ammasso stellare all' "atomo piu' leggero") costituisce un
anello causale/effettuale. Da questa concezione meccanicistica ottocentesca
di un determinismo assoluto, l'ipotesi di un ideale sapere assoluto cui
nulla del passato e del futuro sarebbe celato a quell' "intelligenza"
calcolatrice superiore, che conoscesse in un determinato istante "tutte le
forze di cui è animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che
la compongono". Traspare un forte ottimismo
illuministico dalle parole di Laplace, che pero' non regge ne' dal punto di
vista della fisica, ne' da quello della logica; come cerco, per questo
secondo aspetto, di chiarire di
seguito.

> Mi sembra, "loris", che si parli di cose diverse. L'impossibile
> diavoletto di Laplace, infatti, saprebbe esattamente quale scelta verrebbe
> fatta; il giocatore dunque non avrebbe proprio nessuna libertà di scelta.

Eppure l'argomentazione con cui cerchi di dimostrare l'impossibilita' logica
dell'esistenza del "diavoletto" e' *anche* la dimostrazione che questa tua
conclusione e' illecita. Mi spiego, sotto due punti di vista.

1) Anzitutto mi spiego "in metafora", cioe' secondo la metafora del presunto
"diavoletto" di Laplace. Ritengo che la tua dimostrazione
dell'impossibilita' logica della sua esistenza sia corretta; se la riformuli
in linguaggio puramente logico-formale, ti accorgerai che non si tratta
altro che di una variante del paradosso russelliano dell'insieme di tutti
gli insiemi (se non ne sei convinto magari chiarifico per esteso). Considera
allora che cosa possa significare la "preveggenza" del "diavoletto".
Significa che esso ha una *descrizione* completa (di tipo deterministico)
della *totalita'* degli eventi passati e futuri. In particolare ha una
descrizione completa di quell'agente, anch'esso
appartenente alla catena causale, capace di scegliere retroagendo
causalmente su di
essa con decisioni apparentemente libere. *Apparentemente* libere, perche'
di tale agente il "diavoletto" avra' una descrizione in termini
chimico-fisici, cioe' descrittivi del cervello come di un sistema cui
afferiscono dei segnali chimico-fisici, che li elabora producendo dei
segnali chimico-fisici efferenti: tale descrizione sara' certamente di tipo
deterministico. Pero' in essa si nasconde una contraddizione (piu'
precisamente, nel linguaggio del filosofo, un' "aporia" logica): tale
descrizione, per esserlo *oggettivamente* della totalita' degli eventi
dell'universo (interconnessi deterministicamente) non deve appartenere alla
totalita' degli eventi, mentre invece essa stessa non puo' che essere *un*
evento particolare dell'universo, che interferisce, sia come effetto che
come a sua volta causa, con la catena causale. A questo punto forse un
fisico rabbrividisce:-)); un po' meno il logico, che si accorge, con la
messa in luce del risvolto ineliminabilmente pragmatico del sapere, di
trovarsi di fronte ad un'altra variazione del principale paradosso logico di
Russell. Ecco allora il "merito" del paradosso di Newcomb
(nell'interpretazione datane da Odifreddi): quello di recuperare
(nell'immaginaria figura del preveggente che si prende gioco del giocatore
delle due scatole) quell'aspetto pratico imprescindibile della conoscenza,
con un rompicapo un po' divertente e certo piu' complicato di quelli della
Settimana Enigmistica. Tale paradosso puo' concludersi solo (ritengo) con lo
stallo di *ogni* prassi decisionale, compresa quella del preveggente: il
gioco risulta impossibile e questo stallo, oltre a lasciare aperta la
possibilita' che la liberta' dell'auto-determinazione non sia affatto
un'illusione, e' a sua volta lo scacco matto al determinismo assoluto
sognato da Laplace.

2) Mi spiego "fuor di metafora" (e spero piu' brevemente). Laplace, che tra
le sue poche qualita' umane aveva almeno quella di essere ateo:-), in
realta' non parla di "diavoletti", ma ipotizza un' "intelligenza" per nulla
metafisica, dalla capacita' di calcolo talmente potente che sa benissimo
essere umanamente impossibile, ma che idealizza ipotizzandola (quasi in una
specie di esperimento mentale) come logicamante possibile. Il fatto e' che
tale "intelligenza" e' impossibile non solo dal punto di vista pratico, ma
anche da quello logico, per l'argomentazione che ho gia' svolto sopra. Del
resto non occorre affatto ipotizzare un'intelligenza superiore, per
comprendere una banalita' come questa: ogni incremento della conoscenza e'
incremento della potenza di chi la detiene e che lo mette in condizione di
ampliare i suo grado di liberta' di intervento su eventi che, in base al
grado di conoscenza precedente, erano da considerarsi fatalisticamente
inevitabili. "Scientia est potentia", sentenziava Francis Bacon, il filosofo
e proto-epistemologo della scienza empirica: un motto che Laplace pare
avesse dimenticato, perdendosi nel sogno ottocentesco di un determinismo
assoluto che approda solo alla singolarita' logica di un paradosso. Lo
riassumo con un esempio e piu' terra-terra, senza scomodare Russell? Se,
per l'ipotesi di un ideale progresso delle scienza medica, questa fosse in
grado di predirmi (magari dall'analisi del mio DNA) che con *assoluta*
certezza io, a 101 anni, moriro' per breve ma penosissima malattia, beh,
cio' *sicuramente* non avverra', perche' a 100 anni mi gettero' da un ottavo
piano. Una
fanta-scienza, piu' vasta di quella fanta-medicina, sarebbe in grado di
prevedere con assoluta certezza anche questo? Bene, ma questo contraddice
all'ipotesi di partenza e la questione si ripropone negli stessi termini, in
un regresso all'infinito, per cui l'ipotesi stessa e' confutata come ipotesi
per assurdo.

> Ciò non toglie che il egli possa essere soggettivamente convinto di poter
> liberamente scegliere la sua strategia.

Dopo tutto quello che ho detto, capirai che questa affermazione non mi
convince. In un sistema assolutamente deterministico, anche l'illusione di
essere liberi e' *necessariamente* determinata. Ma come puo' allora
considerarsi illusorio cio' che e' una necessita' sia effettuale che causale
della catena deterministica? In poche parole il punto e' questo: in un
sistema assolutamente deterministico perde senso lo stesso concetto di
causa/effetto (almeno quello ottocentesco di Laplace), perche' i due termini
della coppia diventano logicamente intercambiabili, tanto che l'effetto B di
una causa A costituisce un nesso la cui ferrea necessita' marginalizza come
secondario il rapporto di successione temporale tra A e B, cosicche' e' lo
stesso dire che B e' causa di A.
Un saluto e scusa la lunghezza,
Loris

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(*) "Dobbiamo dunque considerare lo stato presente dell'universo come
effetto del suo stato anteriore e come causa del suo stato futuro.
Un'intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forze di cui è
animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono,
se per di più fosse abbastanza profonda per sottomettere questi dati
all'analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei più grandi
corpi dell'universo e dell'atomo più leggero: nulla sarebbe incerto per essa
e l'avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi." (Laplace,
1814)
Received on Fri Jan 31 2014 - 14:06:36 CET

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