Re: Due domande sul determinismo di Laplace
On 2/2/14 2:21 AM, Loris Dalla Rosa wrote:
...
> Non nego certo i suoi contributi circa la meccanica celeste ne', in
> particolare, quelli allo sviluppo della teoria della probabilita'.
> Guarda caso, la citazione da cui siamo partiti (e alla quale sarebbe
> bene attenersi) e' tratta dal "Saggio filosofico sulle probabilita'" del
> 1814.
....
> Il ricorso
> a tali criteri probabilistici era in netto contrasto con la concezione
> rigidamente deterministica dominante ai suoi tempi. E' per questo che, a
> un certo punto, per risolvere il contrasto se ne vien fuori con quelle
> affermazioni riportate nella citazione. Spesso succede che i filosofi
> vengono accusati di mettere il becco in questioni scientifiche di cui
> non sono competenti; ecco un esempio al contrario: di uno scienziato che
> sconfino' in questioni filosofiche da cui faceva bene a tenersi alla larga.
...
Mi sembra che fai un torto a Laplace e alla prospettiva storica
mettendola in questo modo. Le critiche che si possono fate all' "Essai",
e ce ne sono, non mi sembra che possano essere di questo tipo.
Intanto va detto che l' Essai e' un trattato di alta divulgazione sulla
teoria delle probabilita'. Per alta intendo che si rivolge a chi e' in
grado, ai primi dell' '800 di comprendere gli sviluppi della scienza
dell' epoca. Uno dei destinatari dell' Esai e', esplicitamente, la
comunita' dei filosofi in senso stretto. Qui pero' vale la pena di fare
due osservazioni.
La prima e' che il divorzio apparente tra filosofia e scienza e' un
processo lungo. Ai primi dell' '800 Scienza e' ancora Filosofia Naturale
e non c'e' la settorializzazione estrema della cultura moderna. Per
intenderci, un saggio come quello di Snow sulle due culture sarebbe
apparso incomprensibile.
La seconda e' che Laplace forniva ai filosofi uno strumento tecnico
(il calcolo delle probabilita'), molto piu' affinato rispetto allo
stadio in cui lo aveva lasciato Pascal, come base per un corretto
ragionamento inferenziale.
Da questo punto di vista la questione del determinismo riportata da L.
nell' introduzione e' stata da un lato sopravalutata e dall' atro
estrapolata dal contesto storico in cui e' stata scritta.
L. introduce il discorso sul determinsmo completo sulla base della
conoscenza che aveva della fisica (praticamente cincidente con la
meccanica) del suo tempo. Non aveva modo di dubitare, sulla base del
successo della teria newtoniana, che la descrizione fondamentale fosse
deterministica (nel senso con cui sono deterministiche le soluzioni di
equazioni differenziali) e che quello che impediva di poter fare
previsioni su tutto fosse solo questione di ignoranza (della
configurazione iniziale e delle leggi di forza).
Sulla base delle conoscenze in suo possesso non era una posizione
particolarmente sopra le righe. Peraltro, e gran parte del saggio serve
a portare esempi, Laplace aveva evidenza *proprio dall' analisi di
problemi astronomici* che i ragionamenti probabilistici erano essenziali
per tener in giusto conto tutta una serie di incertezze e ignoranze
sulla situazione iniziale.
Come motivazione per un approccio probabilistico, l' idea del demone
onnsiciente nonera peregrina. E neanche uno sconfinamento in questioni
filosofiche.
Dove laplace sconfina e' altrove. Non nell filosofia, dove piuttosto ha
buon gioco di certe posizioni fideistiche di Pascal.
Sconfina piuttosto nella parte di "applicazioni pratiche" del calcolo
delle probabilita'. Ce' tutta una parte in cui, discute l' applicazione
del calcolo alle decisioni nei tribunali o nelle assemblee. Li', a parte
osservazioni di buon senso, c'e' poco che possa essere giustificato in
modo rigoroso. Assomiglia peraltro ai molti sconfinamenti, anche in
epoca recente, di ragionamenti nati in un ambito scientifico ben preciso
e poi applicati con audaci (e spesso ingiustificate) estrapolazioni al
di fuori del campo originario.
Esempi di questo tipo ce ne sono tanti, dalle considerazioni sull' eta'
del' universo di Kelvin (cannate alla grande per ignoranza dell'
esistenza dell' energia nucleare), alle applicazioni funanboliche della
teoria delle catastrofi di Thom alla sociologia delle rivolte nelle carceri.
Sono casi in cui tecnici di un settore, cercano di estendere alcuni
strumenti al di la' del campo originario in cui sono ben fondati. Sono
tentativi interessanti e spesso riescono non dal punto di vista
strettamente tecnico, ma come fertilizzazione di un altro settore con
delle idee qualitative utili per lo meno per descrivere. Ma non vanno
sopravvalutati. E questo , secondo me, e' lo spirito in cui vanno intesi
diversi passaggi dell' Essai. E anche in cui dovrebbero essere intesi
altri sconfinamenti. Il vero punto e' se le idee "aliene" risultano poi
di utilita' per promuovere il dibattito e il progresso in una
disciplina. In alcuni casi succede e in altri no.
Giorgio
Received on Mon Feb 03 2014 - 08:50:11 CET
This archive was generated by hypermail 2.3.0
: Mon Jan 20 2025 - 04:22:57 CET