Re: Due domande sul determinismo di Laplace
"Paolo Russo" <paolrus_at_libero.it> ha scritto nel messaggio
news:lcoqgm$kf5$1_at_dont-email.me...
> [Loris Dalla Rosa:]
>> Di tale ipotesi il fisico si libera
>> abbastanza facilmente dimostrandone l'impossibilita' pratica, ma dal
>> punto di vista logico? No, non e' sostenibile neppure come ipotesi
>> puramente logica. Dimostrare questo si puo' fare solo con l'esercizio
>> della logica pura ed e' cio' che ho cercato di fare.
> Fallendo, e non poteva essere altrimenti.
> Conosco bene quel paradosso, anche se non ne conoscevo il
> nome (grazie per l'informazione). La soluzione e` semplice:
> il presupposto che il contenuto delle buste sia indipendente
> dalla decisione di quali aprire (e quindi dalla struttura
> della mente che decide quali aprire) e` ragionevole solo
> nell'ipotesi che chi riempie le buste, nel momento in cui lo
> fa, non sappia nulla della mente in questione. Tale assunto
> e` banalmente incompatibile sia con la preveggenza che - a
> ben vedere - anche solo con una semplice conoscenza di lunga
> data tra esseri umani. Tutto qui.
Toh, una "soluzione" esattamente opposta alla mia!:-). Cosi', pero', tra il
paradosso e la citazione di Laplace (*) non c'e' alcuna attinenza. Invece si
puo' rendere il paradosso funzionale alla citazione, forzando un corno del
dilemma, cioe' supponendo che *sicuramente* il preveggente non sia un
imbroglione (cioe', per la precisione, facendolo forzare a Laplace, con la
sua ipotesi di un'intelligenza onnisciente). Il dilemma e' tutto nella mente
del soggetto (che non e' onnisciente) cui spetta la scelta e il veggente,
che conosce perfettamente lo stato di quella mente, agisce retroattivamente
(sarebbe piu' preciso dire che "ha gia' agito" retroattivamente) qualunque
sia la scelta del soggetto. Ma cosi' si attua un doppio vincolo
condizionale/causale: il soggetto e' pre-determinato nel senso che non puo'
fare altra scelta che quella prevista dal veggente; ma il veggente e' a sua
volta pre-determinato a disporre le buste dalla scelta del soggetto che egli
stesso ha previsto. Ma che la scelta del soggetto sia condizionata dall'
"intelligenza" del veggente, che a sua volta e' condizionato dall'
"ignoranza" del soggetto, costituisce una contraddizione.
"Re intellecta in verbis simus faciles!", e lo faccio con la semplice
conclusione da trarne: per quel doppio vincolo, l'ipotesi di una
"onniscienza" a la Laplace e' una bufala.
> Tuttavia il problema vero del tuo tentativo di dimostrare
> impossibile la preveggenza (o il diavoletto onnisciente, o
> qualsiasi altro fenomeno ipotizzabile) su basi puramente
> logiche sta molto piu' a monte, come Elio Fabri ha spiegato:
> nessuna dimostrazione del genere ha la benche' minima
> speranza di essere corretta. La logica puo` individuare
> contraddizioni, ma nessun fenomeno e` di per se'
> contraddittorio perche' di per se' non appartiene al mondo
> della logica ma a quello delle osservazioni empiriche. La
> logica entra in scena quando si cerca di generalizzarlo e
> formalizzarlo creando una visione del mondo che spieghi i
> fenomeni. Se uno si spiega un fenomeno usando una teoria
> contraddittoria, vuol dire solo che deve cambiare teoria
> appena ne trova una migliore (il che nella pratica non e`
> detto che accada, ma sarebbe un discorso lungo).
"Nessun fenomeno di per se' e' contraddittorio", affermi. Concordo, ma sei
sicuro che cio' non implichi che qualsiasi affermazione contraddittoria non
puo' riferirsi ad alcun *fatto* reale empiricamente osservabile? Sarebbe un
bel principio logico, non credi? O dobbiamo prendere sul serio come almeno
possibili anche fatti di esperienza indiretta, testimonianze indirette non
piu' accertabili; chesso', per esempio il fatto che un tale di due pesci
riusci' a farne piu' di 5000, contraddicendo le leggi dell'aritmetica?
Comunque si', sarebbe un discorso molto lungo che coinvolge le complesse
problematiche epistemologiche della scienza empirica. Pero' interessante e,
se vuoi possiamo riparlarne tra qualche giorno, dopo il mio ritorno da un
week-end londinese. Qui mi limito a qualche osservazione (breve, vista
l'ora) a quanto segue.
> Faccio un esempio di fantasia, un po' assurdo. Supponiamo che
> accada regolarmente (magari in un ipotetico universo
> parallelo con leggi fisiche diverse dalle nostre) che
> mettendo due mele in un cappello inizialmente vuoto, poi
> altre due, infine rovesciando il cappello ne cadano fuori
> cinque. Immaginiamo che la riproducibilita` consenta di
> escludere i trucchi. Un filosofo potrebbe dire "Impossibile!
> E` una violazione delle leggi dell'aritmetica, quindi della
> matematica, quindi della logica! Non puo` succedere!". Un
> fisico potrebbe dire "Curioso. Il numero di mele non si
> conserva nel tempo, forse neanche la massa. Vediamo se si
> puo` generalizzare..." e poi si butterebbe a fare esperimenti
> con grandi numeri di mele, pere, sassi, cappelli, sacchetti e
> scatole, e probabilmente anche bilance.
> La differenza tra i due e` che il filosofo adotta un gran
> numero di postulati senza rendersene conto e giudica
> impossibile quel che e` incompatibile con essi; il fisico sa
> che e` sbagliato farlo, che se succede qualcosa che e` in
> conflitto con un postulato allora va abbandonato il postulato
> (e sa che nella storia della fisica e` successo spesso); non
> e` detto che vada buttato via, magari si puo` modificarlo un
> po`. Ma in nessun caso si puo` negare un fenomeno empirico su
> basi puramente logiche; si puo` al piu' sostenere che sia
> poco probabile in quanto incompatibile con (i postulati di)
> una certa teoria fisica che sembra funzionare benissimo e che
> quindi occorrano prove molto forti della sua esistenza prima
> di buttarsi a modificare quei postulati. Ma soprattutto, il
> fisico invece che dire "e` impossibile" dice "e`
> incompatibile con il tal postulato": il fisico SA quali
> postulati sta adottando e perche', spesso purtroppo il
> filosofo no.
Ok, il fisico sa quali postulati sta usando. Sono sicuro che sa anche che l'
"incompatibilita'" non e' un concetto che riguarda esclusivamente la
relazione tra un certo postulato e il dato empirico (cosa che riguarda solo
la "periferia" di una teoria scientifica, per dirla con Quine), ma anche la
coerenza dell'insieme di postulati assunti da una determinata teoria. Se in
un insieme di postulati si scopre che uno ne contraddice un altro, i casi
sono due:
-o ce li teniamo lo stesso e allora... beh, che "P AND non-P" non occorre
essere un fisico per sapere che il valore di verita' e' il Falso e penso che
anche un fisico possa sapere che una legge logica afferma, fin dalla
Scolastica, che "ex falso sequitur quodlibet", ovvero "non-P --> (P --> Q)";
-oppure, e sono sicuro che questo e' il caso anche del fisico, preferiamo
abbandonare o ristrutturare alle radici e *a priori* la teoria. In questo
caso anche il fisico, che sicuramente sa quali postulati sta usando, diviene
consapevole anche del fatto che li sta usando avendo preliminarmente assunto
un principio puramente logico noto fin dall'antichita', e che si chiama
principio di non contraddizione.
Mi fermo qui, con un saluto,
Loris
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(*) "Dobbiamo dunque considerare lo stato presente dell'universo come
effetto del suo stato anteriore e come causa del suo stato futuro.
Un'intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forze di cui č
animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono,
se per di pių fosse abbastanza profonda per sottomettere questi dati
all'analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei pių grandi
corpi dell'universo e dell'atomo pių leggero: nulla sarebbe incerto per essa
e l'avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi." (Laplace,
1814)
Received on Wed Feb 05 2014 - 01:33:51 CET
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