Re: Due domande sul determinismo di Laplace
"Giorgio Pastore" <pastgio_at_units.it> ha scritto nel messaggio
news:lcnhnh$7rf$1_at_speranza.aioe.org...
> On 2/2/14 2:21 AM, Loris Dalla Rosa wrote:
> ...
>> Non nego certo i suoi contributi circa la meccanica celeste ne', in
>> particolare, quelli allo sviluppo della teoria della probabilita'.
>> Guarda caso, la citazione da cui siamo partiti (e alla quale sarebbe
>> bene attenersi) e' tratta dal "Saggio filosofico sulle probabilita'" del
>> 1814.
> ....
>> Il ricorso
>> a tali criteri probabilistici era in netto contrasto con la concezione
>> rigidamente deterministica dominante ai suoi tempi. E' per questo che, a
>> un certo punto, per risolvere il contrasto se ne vien fuori con quelle
>> affermazioni riportate nella citazione. Spesso succede che i filosofi
>> vengono accusati di mettere il becco in questioni scientifiche di cui
>> non sono competenti; ecco un esempio al contrario: di uno scienziato che
>> sconfino' in questioni filosofiche da cui faceva bene a tenersi alla
>> larga.
> ...
> Mi sembra che fai un torto a Laplace e alla prospettiva storica mettendola
> in questo modo. Le critiche che si possono fate all' "Essai", e ce ne
> sono, non mi sembra che possano essere di questo tipo.
> Intanto va detto che l' Essai e' un trattato di alta divulgazione sulla
> teoria delle probabilita'. Per alta intendo che si rivolge a chi e' in
> grado, ai primi dell' '800 di comprendere gli sviluppi della scienza dell'
> epoca. Uno dei destinatari dell' Esai e', esplicitamente, la comunita' dei
> filosofi in senso stretto. Qui pero' vale la pena di fare due
> osservazioni.
> La prima e' che il divorzio apparente tra filosofia e scienza e' un
> processo lungo. Ai primi dell' '800 Scienza e' ancora Filosofia Naturale e
> non c'e' la settorializzazione estrema della cultura moderna. Per
> intenderci, un saggio come quello di Snow sulle due culture sarebbe
> apparso incomprensibile.
Certo, storicamente corretto. In una prospettiva storica la mia critica puo'
sembrare ingenerosa, come ancor piu' lo sarebbe se tirassi in ballo le
fondamentali acquisizioni scientifiche della fisica novecentesca, che
segnano il tramonto definitivo della visione meccanicistica di quella
ottocentesca (in questa prospettiva storica sarebbe ingenerosa anche
qualsiasi critica
alla fisica aristotelica). Tuttavia la mia critica non apparirebbe
ingenerosa, se essa fosse riconducibile, come credo, entro i termini
accessibili anche a Laplace di un
contenzioso storicamente determinato. Tale contenzioso e' quello della
critica all' "esprit de systčme", critica che prende l'avvio gia' nella
seconda metą del '600 e che acquista via via vigore durante tutto il secolo
successivo, in particolare con la contrapposizione tra "cartesiani" e
"newtoniani", i quali ultimi contestamo ai primi una mentalita' scientifica
troppo "immaginativa" e incline a disconoscere la realta' pur di conservare
un tessuto sistematico che desse una esplicazione completa di tutte le cose.
Quello che e' in discussione, in tale contenzioso, non e' il meccanicismo
della fisica di quei tempi, ma il "determinismo assoluto", intendendo con
questa espressione l'*estensione* di quel principio, che doveva rimanere
principio direttivo *esclusivamente* della fisica, a *tutte* le altre
scienze naturali, compresa la biologia, la psicologia, la sociologia... Tale
estensione si attua a partire dalla meta' del secolo XVIII e va ben oltre
l'opera di Laplace. Di tale clima culturale vorrei dare idea con almeno
questa citazione:
<<Le ipotesi di tali fisici [cartesiani], sono destinate a farci penetrare
nella natura dell'estensione, del movimento e di tutti i corpi; sono opera
di gente che per lo piu' osserva poco o che sdegna anche di istruirsi con le
osservazioni che altri hanno fatte. Ho sentito dire che uno di questi
fisici, felicitandosi di avere un principio che rendeva ragione di tutti i
fenomeni della chimica, oso' comunicare le sue idee ad un abile chimico.
Questi che aveva avuto la compiacenza di ascoltarlo, gli disse che gli
avrebbe fatto presente una sola difficolta', che cioe' i fatti erano diversi
da come egli supponeva. Ebbene, riprese il fisico, insegnatemeli affinche'
li spieghi. Questa risposta svela perfettamente il carattere di un uomo che
trascura di istruirsi nei fatti perche' crede di avere la ragione di tutti i
fenomeni, quali che possano essere. Non ci sono che delle ipotesi vaghe che
possano dare una fiducia cosi' mal fondata.>> (Condillac)
Non voglio farla troppo lunga e torno alla questione in oggetto, con questa
domanda: il Laplace di quella citazione (perche' *questa*, e *solo* questa,
e' oggetto della
mia critica) e' interpretabile come uomo che "...crede di avere la ragione
di tutti i fenomeni, quali che possano essere", come accusa genericamente
Condillac? Io penso di si': quella citazione (che non a caso e' divenuta
quasi un motto tra i sostenitori del determinismo, perfino ad uso discorsivo
di qualche epigono dei nostri giorni) costituisce uno sconfinamento oltre il
meccanicismo della fisica, nel determinismo assoluto, che pretende di
spiegare *tutto* con quel principio della fisica. E' vero quello che dici:
"Ai primi dell' '800 Scienza e' ancora Filosofia Naturale" e non c'e' certo
una dicotomia tra le "due culture" di cui si va dicendo oggi. Tuttavia anche
allora una dicotomia c'era: se non era tra scienza e filosofia, lo era tra
la Filosofia Naturale e quella parte della filosofia che e' chiamata
Metafisica. E' mia opinione che la sua ipotesi di quell' "intelligenza", di
cui alla citazione(*), sia uno sconfinamento nella metafisica (correggendo
cosi' la mia espressione precedente). Opinione mia, come del resto lo e'
stata di Poincare' (ed e' un peccato, accidenti!, che mi sia affannato a
cercare il testo
in cui ne parla, senza riuscirci). Che poi, una volta caratterizzata come
ipotesi metafisica, cio' costituisca una contraddizione sia metodologica che
ontologica del materialismo deterministico... questo si dimostra con una
logica che e' nota a noi come era nota tanto a Laplace quanto ad
Aristotele.
Scusami se taglio il resto, che pure sarebbe da commentare. D'altra parte
l'essenziale e' gia' qui e, quando la discussione e' interessante, sono
sempre troppo lungo e forse anche prolisso.
Un saluto,
Loris
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(*) "Dobbiamo dunque considerare lo stato presente dell'universo come
effetto del suo stato anteriore e come causa del suo stato futuro.
Un'intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forze di cui č
animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono,
se per di pił fosse abbastanza profonda per sottomettere questi dati
all'analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei pił grandi
corpi dell'universo e dell'atomo pił leggero: nulla sarebbe incerto per essa
e l'avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi." (Laplace,
1814)
Received on Tue Feb 04 2014 - 16:55:13 CET
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