Fisica e Filosofia di Heisenberg
Visto che, spinto da alcune osservazioni fatte in questo ng, ho riletto
il libro di Heisenberg dopo molti anni, e non avendo trovato nella
rilettura particolarmente piacere, vedo di utilizzare questa
rivisitazione almeno per qualche commento sia sul libro di Heisenberg,
sia sull' argomento divulgazione da cui si era partiti.
Cominciamo dal libro. L' originale (in inglese) e' del 1958, trdotto in
italiano nel 1961. E' passato piu' di mezzo secolo e il libro questi
anni li sente tutti. Va notato che nel 1958 H. aveva 57 anni e aveva
preso il Nobel 26 anni prima.
Il libro, a parte l' introdozione di Northrop, parte con un capitolo
introduttivo in cui H. esordisce con "Quando si parla di fisica moderna,
il primo pensiero che sorge e' quello delle armi atomiche."
Siamo in piena guerra fredda e problematiche sulle responsabilita' degli
scienziati.
H., sulla spinta delle necessita' legate al confronto tra la tradizione
culturale che ha portato alla fisica moderna e culture diverse, si
propone, nel libro, di "discutere queste idee della fisica moderna in un
linguaggio non troppo tecnico, per studiare le loro conseguenze
filosofiche, e confrontarle con quelle della tradizione classica."
(discutere in linguaggio non troppo tecnico... uhm... che stia cercando
di fare divulgazione ? pero' Omega non concorda, e Omega e' uomo che
conosce tante cose...)
Pertanto H. parte da una descrizione storica dello sviluppo della teoria
dei quanta, ritenendo che e' li' che sono avvenuti i cambiamenti piu'
radicali circa il concetto di realta'.
A questo sviluppo storico sono dedicati i due capitoli successivi.
La descrizione e' decisamente divulgativa con gradevoli notazioni
biografiche. Non e' pero' assolutamente ne' una descrizione da addetti
ai lavori di quanto avvenne nei primi trenta anni del secolo scorso in
Fisica, ne' un lavoro specialistico ( e neanche particolarmente critico)
di storia della scienza. Sul fronte Fisica siamo a livelli di
divulgazione del genere di quella di altri "padri fondatori", come
Gamow. Molto lontani da opere piu' specialistiche come quella di Max Jammer.
Dove la descrizione risulta oggi datata (e quindi interessante sul piano
storico ma poco illuminante per chi sia interessato ad avere
informazioni aggiornate) o al limite dell' ingiustificato e' in alcune
osservazioni che H. scrive e che, comprensibili sul piano
storico/personale, sono o poco interessanti per chi abbia studiato la MQ
negi ultimi decenni (il famoso principio di complementarita' di Bohr e'
ormai considerato un pezzo da museo, ci si e' convinti che le categorie
di onda e particella secondo la fisica classica non si applicano tout
court al mondo microscopico e cercare di voler forzare la realta'
sperimentale nel letto di Procuste di concetti non giustificabili non ha
senso e basta). Al limite dell' ingiustificato (secondo me, "oltre" quel
limite) affermazioni apodittiche del tipo "L' onda di probabilita' ...
significa qualcosa di piu'... essa significa una tendenza verso qualche
cosa.". Collegandola al concetto di "potenza della filosofia di Aristotele.
Anche l' uso disinvolto che fa delle "onde di materia" lascia in piu'
punti perplessi, leggendo con il background culturale di un fisico
contemporaneo. Per ragioni umane si capisce anche che la descrizione che
da' del principio di indeterminazione non sia molto diversa da quanto
aveva fatto negli anni '30, anche se un po' d' acqua era passata sotto i
ponti. Col risultato che da' per scontata l' equivalenza tra
formulazione statistica dello stesso e analisi dell' interferenza tra
misure sullo stesso sistema. Gia' nel 1958 mi sarei aspettato quacosa di
piu'.
Seguono due capitoli in cui H. cerca di collegare la visione moderna con
antiche idee filosofiche. Sia l' esposizione della scuola milesia, sia
le analogie tra ricerca dell' arche' e fisica contemporanea non sono
particolarmente originali e neanche particolarmente critiche. Sulla
scula di Mileto un buon manuale di filosofia da' maggiori informazioni.
I paralleli sono invece un po' forzati, mancando un inquadramento
concettuale delle differenze tra metodi e fini della ricerca
contemporanea e ipotesi dei presocratici. E questo lo giudico un peccato
grave, dal punto di vista della storia dela filosofia.
Nel riprendere la filosofia di Cartesio H. tende a sottolinearvi l'
accentuazione della separazione tra "res extensa" e "res cogitans", che
riporta alla separazione tra mondo esterno ed osservatore della fisica
classica e mettendola in contrasto con la fisica quantistica. Sono
evidenti i residui di certe posizioni estreme della interpretzione di
Copenhagen, che mettono piu' l' accento sulla "coscienza" dell'
osservatore che sul suo carattere di sistema fisico macroscopico.
Alcune delle osservazioni su Cartesio e Kant sono interessanti. Tuttavia
la critica del principio di causalita' alla luce della meccanica
quantistica mi lascia perplesso. Scrivere che "Se volessimo sapere
perche' a particella alfa e' stata emessa in quel momento particolare
dovremmo conscere la struttura microscopica del mondo intero ivi iclusi
noi stessi, il che e' impossibile. Percio', gli argomenti di Kant a
favore del carattere a priori della legge di causalita' non possono
ritenersi validi.", non mi sembra possa essere fondato su nulla, all'
interno delle conoscenze sul mondo fisico del 1958 (o del 2014).
Nei capitoli successivi torna alla fisica. Pero' l' esposizione della
teria della RR e' datata. Non ho molto da obiettare ai gusti peronali,
secondo cui la coneguenza piu' importante del principio di relativita'
sarebbe l' "inerzia dell' energia". Ma frasi come "ogni energia porta
con se' una massa", "Trasmutarsi di energia in massa", "l' enorme
liberazione di energia in un esplosione atomica e' la piu' spettacolare
prova della validita' dell' equazione di Einstein", comprensibili all'
epoca, risutano decisamente datate oggi.
In realta' frasi come " ...si potrebbe considerare massa *ed* energia
come due diverse forme della stessa "sostanza" e mantenere percio' l'
ida dell' indistruttibilita' della sostanza." Non hanno un fondamento
solido nella fisica nota e vanno prese piu' come divagazioni che come
affermazioni dimostrabili.
Le considerazioni sulla Relativita' Generale di H. non vanno oltre un
liello superficiale.
Il capitolo "Critiche e controprposte all' interretazione di Copenhagen
dela teoria dei quanta" contiene un rapido esame degli sviluppi recenti
(nel 1958) sull' interpretazione ma oggi e' decisamente datato (Bell,
Aspect, etc. erano di la' da venire). Per chi fosse interessato, meglio
il libro di Ghirardi, anche se, col libro di Ghirardi, l' utima parte
del libro di H. condivide un desiderio di presentare tutto quello che
era lo sviluppo della discussione speciaistica di quegli anni senza
mettere un reale filtro (troppo materiale) e senza pero' entrare nel
dettaglio in modo comprensibile per chi non abbia accesso alle fonti
originali. Per esempio ' accenno alle logiche quantistiche e' di questo
tipo.
In dfinitiva. Un libro datato, sicuramente interessante per lo storico
della Fisica, ma di poca utiita' per chi volesse farsi un' idea
aggiornata della fisica moderna. Lo sconsiglio decisamente a chi abbia
unicamente interessi sul fronte filosofico.
E qui aggingo una considerazione sulla divulgazione.
Non e' insegnamento. Ma con l' insegnaento divide o dovrebbe condividere
alcuni elementi.
Uno di questi e' la massima "pauca sed matura".
Fare divulgazione su argomenti su cui ci sono dibattiti in corso e'
fattibile ma difficile da fare in modo onesto. Meglio una frase ad
effetto in meno e preoccuparsi di rendere comprensibili i principi.
Purtroppo non e' questa la strada presa da molta della divulgazione
attuale.
Giorgio
Received on Mon Feb 10 2014 - 09:19:29 CET
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