Nelle lande del tempo

From: Omega <omega_at_NOyahoo.it>
Date: Sun, 02 Mar 2014 17:15:29 +0100

Cito da un libro autorevole:

«... nella teoria classica accettiamo l'assunto che futuro e passato
sono separati da un intervallo temporale infinitamente breve che noi
possiamo chiamare il momento presente.»

Dunque comincio da questa premessa, poi si vedrà cosa dice l'altra
teoria più attuale (o cosa dicono le altre teorie più attuali, come
quella della relatività e quella dei quanti) secondo l'autore del libro
da cui sto traendo queste preziose informazioni, insieme ad altre.

Che cosa significa "infinitamente breve?"
Vediamolo dal punto di vista semantico, poi si vedrà dal punto di vista
fisico (classico ovviamente).

Se vediamo la cosa alla Cauchy, che è un modo concettualmente semplice e
razionale, dire "infinitamente breve" di un certo intervallo delta(x)
significa che, scelto un numero m piccolo a piacere, delta(x) è più
piccolo di m.'x' nella fattispecie è il tempo, come evidente.
Ora, però, una definizione come questa non fissa un numero, ma qualcosa
che va oltre ogni numero che possiamo pensare. Dunque direi che è una
quantità "dinamica", una quantità che cioè come entità segue ogni mio
capriccio nel fissare m. (È il problema dell'infinito, e forse è quella
la ragione per cui si è passati a parlare di transfiniti, non per via
dei cardinali romani :))

Un'altra considerazione che consegue alla precedente è che
quell'"intervallo temporale" sarebbe relativo, dal momento che m è
arbitrario e neppure sta fermo: infinitamente breve in quel senso,
rispetto alle dimensioni dell'universo, è anche la circonferenza del
nostro pianeta o del sole o della nostra galassia: relativamente briciole.

Da un punto di vista fisico, tuttavia necessariamente connesso alla
semantica della proposizione (il suo essere relativa), quell'espressione
pur molto ambigua afferma che si tratta comunque di 'intervallo', e un
intervallo , per quanto breve, ha per definizione un inizio e una fine.
E questo è un problema logico non da poco, perché se ci mettiamo in un
punto qualunque dell'intervallo, magari escludendo gli estremi per non
complicarci la vita, allora rispetto a tale punto (che è temporale per
definizione appartenendo all'intervallo temporale) l'inizio è passato e
la fine è futuro, quindi l'intera proposizione assume la qualità logica
del paradosso, con tanto di ricorsione infinita qualora invece di un
punto considerassimo come riferimento un sottointervallo
dell'intervallo. (Il paradosso si completa osservando che se
l'intervallo temporale è il presente, allora che cos'è un punto o un
sottointervallo al suo interno?)

Dunque ritengo impensabile che la "teoria classica", ossia la fisica
classica affermasse davvero qualcosa di simile. Ma penso che l'autore
abbia messo la questione in questi termini paradossali per non dover
ammettere che il "momento presente" è temporalmente inesteso, perché il
passato è passato quindi nel presente non c'è e a sua volta il futuro è
futuro e quindi nel presente non c'è. E ciò porta a qualche riflessione
riguardo alle lande del tempo, qualche riflessione che conduce a
qualcosa che è, come si usa dire, controintuitivo, pur riguardando il
mondo "classico", come un presente temporalmente inesteso.

Ma per ora non aggiungo carne al fuoco sul tema specifico, ma mi
soffermo per un momento sul concetto di "controintuitivo", attributo che
vedo spesso applicato a certe teorie più o meno nuove, e che considero
usato alquanto a sproposito.

Per la mente - umana in particolare - è intuitivo ciò che spontaneamente
essa comprende circa un certo fenomeno, e che si considera quindi
"normale" (senza sorprese): piovendo come piove (dall'alto verso il
basso) non ci poniamo problemi logici, ma se piove dal basso verso
l'alto per noi non è normale e cerchiamo una causa, perché non è
intuitivo che piova dal suolo verso le nuvole invece del contrario.

Ma per poter dire qualcosa al riguardo dobbiamo farci una ragione del
significato di 'intuitivo' anche solo nella circostanza citata. È una
questione di modelli platonici che ci sovrastano da sempre e per sempre,
oppure è una questione culturale supportata da una certa quantità di
esperienza più o meno parziale?
La seconda che ho detto, suggerirei, perché semmai "platonico" (o meglio
biologico) è il modo di funzionare della mente, non i suoi contenuti,
che vi sono ficcati dentro da ogni direzione fin dalla nascita.
Se le cose stanno così come penso, se uno, per studio e sperimentazione,
impara che l'acqua, prima di cadere, evapora, allora non considera più
"controintuitivo" che l'acqua salga dal suolo verso il cielo: ha solo
una base di informazioni più completa e perciò non ha più nessun motivo
per stupirsi e considerare "controintuitivo" che l'acqua "precipiti" dal
basso verso l'alto.

L'intuizione, in sostanza, a parte certi fondamenti innati (spazio e
tempo dice Kant) è fatta di informazione assimilata, digerita, divenuta
quindi riferimento spontaneo per l'interpretazione dei fatti, mentre si
considera controintuitivo ciò che non ha alle spalle - in noi -
l'assimilazione di altri riferimenti eventualmente più precisi o anche
meno precisi (per esempio statistici) utili a dare un senso a ciò con
cui veniamo in contatto, che resta "controintuitivo" fino ad avvenuta
assimilazione dei dati necessari e sufficienti.
In tutto ciò, come evidente, entra in gioco la memoria in modo
essenziale, entro la quale c'è l'intera struttura dei nostri riferimenti
per la lettura della realtà, cioè la lettura del presente. Lì, non altrove.

Tornando dunque al topic, la ragione per cui per noi è controintuitivo
che il presente sia temporalmente inesteso è che la memoria,
contrariamente alla realtà, contiene il passato con una certa struttura
continua o almeno sequenziale, e contiene, proiettivamente, un futuro
associato a tale passato senza apparente soluzione di continuità. È in
tale (indispensabile) realtà psichica che si possono immaginare tutti
gli intervalli che si vogliono, e si possono applicare idee quali
infinitesimo o infinitamente breve ma non nullo (e si può immaginare
anche il cronotopo). Ma quella non è fisica classica (o non classica) ma
è evidentemente elementare psicologia. E sarebbe bene non confondere la
realtà con la memoria.

Andrò poi avanti sul tema 'le lande del tempo' a partire dalle altre
citazioni, che seguono a questa, dal libro di cui sopra, ma questa
considerazione sulla presunta controintuitività delle teorie vale a mio
parere in generale, sia che le teorie si rivelino attendibili sia che si
rivelino bufale. Non è infatti mai il loro contenuto a essere più o meno
"controintuitivo" ma il grado di assimilazione di esse in chi si
confronta col mondo, sempre che la quantità dei dati sia realmente utile
allo scopo di creare un insieme logico coerente (e non solo giustificato
formalmente, che non parla di conoscenza e di comprensione, e tantomeno
di realtà), logico e coerente come l'acqua che sale sù e scende giù
senza che la cosa sia controintuitiva per nessuno.
Ma spesso non è neppure necessaria la logica e la coerenza, infatti
molte persone si comportano con convinzione sulla base di credenze prive
di riscontri o di supporto razionale, e ciò solo perché hanno assimilato
a fondo tali credenze, perlopiù fin dall'infanzia, fino a farne i
pilastri della loro memoria e quindi del loro pensiero - cioè pilastri
del loro essere ciò che sono.

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Received on Sun Mar 02 2014 - 17:15:29 CET

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