Il 02/03/2014 17:15, Omega ha scritto:
>
> Cito da un libro autorevole:
>
> «... nella teoria classica accettiamo l'assunto che futuro e passato
> sono separati da un intervallo temporale infinitamente breve che noi
> possiamo chiamare il momento presente.»
>
> [...]
>
> Andrò poi avanti sul tema 'le lande del tempo' a partire dalle altre
> citazioni, che seguono a questa, dal libro di cui sopra, ma questa
> considerazione sulla presunta controintuitività delle teorie vale a
> mio parere in generale, sia che le teorie si rivelino attendibili sia
> che si rivelino bufale. ...
Vado avanti, ma uso la versione originale in inglese del libro suddetto,
essendomi reso conto che la traduzione in italiano è scadente per non
dire che fa schifo :)
«In the theory of relativity we have learned that the situation is
different: future and past are separated by a finite time
interval the length of which depends on the distance from the observer.»
Qui preliminarmente vale un'osservazione che ho già fatto: se si tratta
di un intervallo finito, o è atemporale - ossia psichico - oppure ha un
inizio e una fine, cioè rispetto a un qualunque punto interno
all'intervallo, contiene un passato e un futuro. Il che è paradossale
almeno per due versi. Verremo poi alla questione dell'"observer", il
quale, se non fosse dotato di una memoria, evidentemente non
osserverebbe niente - e la relatività non ha di sicuro risolto questo
problema, anzi temo che lo abbia complicato.
«Any action can only be propagated by a velocity smaller than or equal
to the velocity of light.»
Su questo schermo è stato detto da un autorevole killatore :) che la RG
non pone questa limitazione (riporto)
«Il limite alla velocità, dato dalla RR, ha tutto un altro significato:
ha valore *locale*, ossia entro piccole distanze, in cui si può
trascurare la curvatura cosmologica dello spazio-tempo, sì che è
possibile definire un sistema di riferimento inerziale e *rigido*.E'
rispetto a questo riferimento che nessun corpo può superare c.»
Einstein su questo punto è forse più prudente; avendo "inventato" la
relatività sa che "piccole distanze" non significa niente: dice infatti
«... formuliamo l'ipotesi: per ragioni quadridimensionali infinitamente
piccole se le coordinate sono scelte convenientemente rimane valida la
teoria della relatività ristretta.» Ma poi giustifica tale ipotesi in
questo modo «A tal fine dobbiamo scegliere l'accelerazione del sistema
di coordinate infinitamente piccolo ("locale") in modo tale che non vi
sia alcun campo gravitazionale: il che è possibile in una regione
infinitamente piccola.»
Prudente nel senso che definisce "locale" come 'infinitamente piccolo'.
Einstein sa che solo a queste condizioni si potrebbe parlare di
"riferimento rigido", non per "piccole distanze" (piccole quanto? Come
una galassia?)
Naturalmente anche per l'ipotesi di Einstein valgono le stesse
considerazioni che ho già fatto sul concetto di 'infinitesimo', che in
fisica potrebbe essere ottenuto semmai rovesciando il ragionamento: è
infinitesima una regione in cui si verificano le cose suddette, il che
darebbe una definizione "fisica" di 'infinitesimo' dotata di senso
appunto fisico - e di senso in genere.
Ma torniamo al discorso dello mio Autore.
> Therefore, an observer can at a given instant neither know of nor
> influence any event at a distant point which takes place between two
> characteristic times. The one time is the instant at which a light
> signal has to be given from the point of the event in order to reach
> the observer at the instant of observation. The other time is the
> instant at which a light signal, given by the observer at the
> instant of the observation, reaches the point of the event. The
> whole finite time interval between these two instants may be said to
> belong to the 'present time' for the observer at the instant of
> observation. Any event taking place between the two characteristic
> times may be called `simultaneous' with the act of observation.»
Qui le osservazioni non sono poche. La prima è che le cose accadono
anche se nessuno accende la luce o se non c'è il sole: la colf prepara
il caffè anche se la luce nella mia stanza è spenta e gli scuri sono
chiusi; non è che il mondo domestico aspetta che io mi svegli e accenda
la luce e apra gli scuri per fare il caffè: infatti lo bevono anche gli
altri più mattinieri di me.
Ma le cose accadono anche se non c'è un osservatore! Infatti la fisica
dice che il latte bolle proprio quando non lo si guarda :)
Dice: un osservatore a un certo istante (diciamo t0) non conosce né
influenza eventi che si verificano in un luogo distante fra due tempi
caratteristici: uno quando un raggio di luce parte dal luogo dell'evento
verso l'osservatore, l'altro quando un raggio di luce emesso
dall'osservatore all'istante dell'osservazione, raggiunge il punto
dell'evento; il "presente" per l'osservatore è il tempo finito compreso
fra questi due istanti, e quindi ogni evento che si verifica fra questi
estremi può essere detto "simultaneo".
Bene, questa affermazione è molto problematica.
Innanzitutto va scelto il significato del termine 'evento'. Uno è quello
della relatività: evento è un punto dello spazio-tempo identificato da
una quaterna di coordinate.
Questo significato è facile da escludere, per la semplice ragione che
neanche la relatività fa marciare il tempo a ritroso. Infatti se il
raggio inviato dall'osservatore come ricevuta di ritorno deve
raggiungere "the point of the event", non lo può fare se non appunto
facendo marciare il tempo a ritroso, dato che il punto dello
spazio-tempo in cui l'osservatore è situato ha una coordinata temporale
successiva a quella dell'evento - proprio perché la velocità della luce
è finita. Quindi escludo questo significato.
L'altro significato è quello del linguaggio corrente - cui peraltro
l'Autore attribuisce "realtà" rispetto a quello formale delle scienze.
Evento, nel linguaggio corrente, è qualcosa che accade in un certo posto
P. Quando l'osservatore diviene consapevole dell'evento? Quando la luce
che gli porta l'immagine dell'evento lo raggiunge: fino ad allora non ne
sapeva niente. Però ora che lo sa non ha ragione di inviare una ricevuta
di ritorno, a meno che l'osservatore non sia (anche) uno specchio. Però
anche in questo caso si deve parlare di paradosso, perché nel tempo
impiegato dalla luce per raggiungere l'osservatore (tempo A), nel posto
dell'evento il mondo non si è cristallizzato ma è andato avanti come sua
usanza (così si sostiene da tutte le parti); quindi il raggio di
ricevuta raggiunge il posto P a evento ormai trascorso (dopo un tempo
B): ci trova facce nuove. Quindi ripeto: a che cosa servirebbe questa
ricevuta di ritorno?
Servirebbe se in realtà avesse lo scopo (illusorio [*]) di modificare
l'evento. In tal caso è vero che in tutto il (doppio) intervallo (A+B)
per l'osservatore l'evento non cambia: nel primo intervallo
l'osservatore in realtà non sa neppure che si è verificato un evento;
nel secondo intervallo lo conosce e per lui non sta cambiando (è infatti
pura informazione) ma vuole intervenirvi.
[*] illusorio perché il tempo finito di (doppia) trasmissione ha
lasciato che in P cambiasse tutto: es. l'evento era l'emissione di un
impulso luminoso di durata minore del tempo di transito verso
l'osservatore, quindi all'arrivo della ricevuta di ritorno l'impulso non
esiste più.
Allora, a parte il primo intervallo - di cui l'osservatore non sa
proprio niente, - durante il secondo intervallo per l'osservatore
l'evento evidentmente non cambia, trattandosi per lui, ripeto, solo di
informazione. Non dimenticherei infatti che la luce, al di là delle
questioni strettamente fisiche, per un osservatore porta solo
informazione e niente altro.
Va bene: ma è lecito, tenuto conto di queste cose, parlare di
"simultaneità" di tutto ciò che accade entro la somma di questi due
intervalli? E affermare che la somma dei due intervalli è "tempo presente"?
Io sento odore di confusione fra realtà e informazione - informazione
che è questione in definitiva psichica.
Io osservatore posso dire che per me le cose stanno come mi dice
l'informazione luminosa: l'informazione non cambia, quindi *rispetto a
quell'evento* e solo a quello, posso dire che per me è "presente", dato
che non può mutare (e si è ben capito che se non c'è mutamento non c'è
il tempo: da cui alcune teorie sul tempo).
Quindi non solo si sta parlando di presente relativo all'osservatore, ma
anche solo relativamente a quell'evento, ossia se costui si occupa nella
vita solo di quello. Infatti nell'intervallo A+B può succedere un
finimondo di eventi e l'osservatore può riceverne informazione da
distanze diversissime, e tutti tali eventi saranno per lui "presenti" se
seguono la stessa trafila dell'evento in questione, ma "presenti"
ciascuno per sé, non essendo in questo modo definito *un* presente, ma
uno per ogni evento, essendo gli intervalli suddetti diversi per ogni
evento. Inoltre si tratta di un presente psichico, trattandosi solo di
informazione.
Quello che si potrebbe dire, ma in modo palesemente circolare, è che se
l'informazione (luminosa) di tutti quegli eventi arriva all'osservatore
nel medesimo istante, allora evidentemente per lui sono "simultanei", e
per lui tutto ciò che riceve in tale istante è "presente". Ma questo è
appunto un ragionamento circolare dato che premette che in un certo
ticonzero arriva all'osservatore una marea di informazioni (es. tutti i
pixel del paesaggio), e quindi per lui sono tutte presenti, anche se una
delle informazioni è la luce del sole, la cui sorgente non si trova alla
distanza del palo della luce che sta sulla strada dove sta
l'osservatore. Dire poi che ticonzero è il presente dopo aver premesso
che è il presente - arrivo simultaneo di tutti i pixel del paesaggio - è
appunto circolare.
Ma sui passi successivi del libro, che riprendono subito dopo un esempio
classico, dovrò dire ancora qualcosa.
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Received on Fri Mar 07 2014 - 10:20:13 CET