Enrico SMARGIASSI ha scritto:
> Le mie vengono essenzialmente dal Dijksterhuis, "Il meccanicismo e
> l'immagine del mondo".
Grazie. Le mie invece sono essenzialmente basate sulle estese note
all'edizione UTET dei "Discorsi".
> Nel par. IV:88 si legge: "Supposizioni sulla legge di caduta dei gravi
> erano gia' state fatte in precedenza. [...] Oresme aveva insegnato un
> metodo per calcolare la distanza percorsa da un corpo in moto la cui
> velocita' istantanea e' proporzionale al tempo trascorso dall'inizio
> del moto, e negli scritti scolastici del XVI sec. la caduta era stata
> discussa come un esempio di tale moto (II:131). E' piuttosto
> plausibile che Galileo [...] fosse a conoscenza di queste cose, che
> conoscesse i grafici di Oresme [...] oltre che la cosiddetta legge dei
> quadrati [...]. E' tuttavia ugualmente probabile che l'insegnamento
> universitario non rivolgesse molta attenzione a queste cose [...]".
Si', queste cose in modo piuttosto confuso si trovano in varie fonti.
pero' ci sono sempre notizie contraddittorie, la coesistenza di teorie
incompatibili...
Insomma, non ci si capisce niente, in buona misura credo perche' gli
autori che ne scrivono (storici e filosofi della scienza) non sanno la
fisica e quindi spesso non capiscono i testi che leggono.
> Nel par. II:131 citato si legge: "[...] ne' Oresme ne' i suoi
> contemporanei [XIV sec.] pensarono di applicare la regola al moto di
> corpi che cadono liberamente da fermi, sebbene in un altro contesto
> sia suggerito che questo potrebbe essere un caso di moto uniformemente
> difforme. Questo e' invero un fatto curioso, ed il merito di Oresme
> sarebbe indubbiamente stato anche maggiore se avesse riconosciuto a
> quel tempo cio' che e' menzionato come questione familiare nel lavoro
> di Dominicus Soto un secolo piu' tardi [in realta' piu' di un secolo:
> Oresme muore nel 1382, Soto vive dal 1494 al 1560], cioe' che per il
> calcolo della distanza percorsa in un dato periodo il moto di un corpo
> che cade liberamente da fermo puo' essere sostituito da un moto
> uniforme con la velocita' dell'istante di mezzo".
Appunto: qui dice l'opposto di quanto ha detto sopra!
Le mie perplessita' hanno anche altre origini.
1. Galileo ammette negli stessi "Discorsi", di aver inizialmente
pensato che la velocita' fosse prop. allo spazio percorso; poi da' la
dimostrazione che cio' non e' possibile.
Come avrebbe potuto fare un simile errore, se la teoria del moto
unif. accelerato dei gravi fosse stata gia' ben presente nella cultura
dei matematici e fgilosofi del tempo?
2. Cartesio afferma che la tesi di Galileo, che gli spazi percorsi in
tempi uguali successivi vanno in proprzione ai numeri dispari,
coincide con quella gia' trovata da lui, che in realta' diceva una
cosa diversa: che se un grave percorre uno spazio s dalla quiete in un
tempo t, percorrera' lo spazio s successivo in un tempo t/3.
Di nuovo: se la teoria del moto unif. accelerato fosse stata nozione
comune, come si spiegherebbe lo svarione di Cartesio?
Un commento di altro genere.
Mi sembra che nella storia della scienza non ci sia altro scienziato,
come Galileo, al quale si sia contestato praticamente tutto: la
validita' delle sue osservazioni astronomiche, la priorita' di quasi
tutte le sue scoperte, la realta' degli esperimenti che dice di aver
fatto...
E la cosa continua ancora oggi. Come si spiega?
--
Elio Fabri
Received on Tue Nov 10 2009 - 20:48:20 CET