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From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Sun, 9 Aug 2009 17:15:09 +0200

"dumbo" <_cmass_at_tin.it> ha scritto nel messaggio
news:4a762c39$0$43600$4fafbaef_at_reader1.news.tin.it...
> "Bruno Cocciaro" <b.cocciaro_at_comeg.it> ha scritto nel messaggio
> news:4a721d16$0$40011$4fafbaef_at_reader3.news.tin.it...

> vuoi dire che la relativit� della simultaneit�
> puoi dimostrarla senza i due postulati?
> E come fai?

Ripetendo quanto dice Einstein nel testo in esame.

Comunque sono stato un po' eccessivo. In realta' Einstein in quelle pagine
il II postulato lo usa. Ma a rigore non e' necessario, cioe' non e'
necessario proprio *quel* postulato. In sostanza, piu' che essere vero il II
postulato, basta che non sia vera una certa proposizione P che riprendiamo
piu' avanti. Einstein, come detto, assume il II postulato (che rende falsa
P) e lo fa sulla base di considerazioni che riporta nel paragrafo 7:

"Every child at school knows, or believes he knows, that this propagation
takes place in straight lines with a velocity c= 300,000 km./sec. At all
events we know with great exactness that this velocity is the same for all
colours, because if this were not the case, the minimum of emission would
not be observed simultaneously for different colours during the eclipse of a
fixed star by its dark neighbour. By means of similar considerations based
on observations of double stars, the Dutch astronomer De Sitter was also
able to show that the velocity of propagation of light cannot depend on the
velocity of motion of the body emitting the light. The assumption that this
velocity of propagation is dependent on the direction "in space" is in
itself improbable."

Rimango comunque dell'idea che il nocciolo della dimostrazione sia in queste
parole:

"Che la luce richieda lo stesso tempo tanto per compiere il percorso A->M
quanto per compiere il percorso B->M, non e' nella realta' ne' una
supposizione ne' un'ipotesi sulla natura fisica della luce, bensi' una
convenzione che io posso fare a mio arbitrio al fine di giungere a una
definizione di simultaneita'".

In queste parole Einstein afferma con chiarezza che la definizione di
simultaneita' a distanza e' *libera*. Ci dice che la definizione scelta da
lui non e' "buona" perche' la luce gode di una qualche proprieta' fisica. E'
buona semplicemente perche' decide di considerarla tale. E' buona perche'
non c'e' niente di fisicamente rilevante da chiedere ad una definizione di
simultaneita' a distanza (poche righe prima Einstein aveva detto che l'unica
richiesta che deve essere soddisfatta da una definizione di simultaneita' a
distanza e' che, in sostanza, sia ben definita dal punto di vista
operativo).
Accettata questa liberta' nella scelta della definizione di simultaneita' a
distanza, risulta sostanzialmente ovvia la relativita' della simultaneita'.
Sarebbe veramente molto strano che eventi che abbiamo deciso noi di
considerare simultanei risultassero poi simultanei in ogni riferimento. E,
qualora cio' avvenisse, la nostra scelta non risulterebbe certo arbitraria:
sarebbe la scelta che permette una definizione di simultaneita' a distanza
che risulta poi essere indipendente dal riferimento. Sarebbe una scelta
avente contenuto fisico.

Ad ogni modo, permane il fatto che la relativita' della simultaneita' a
distanza va dimostrata (cioe', per quanto possa sembrare strano, potrebbe
essere che una libera scelta effettuata da noi risulti poi avere un certo
significato fisico, e il fatto che non sia cosi' va dimostrato).

Einstein procede cosi' (piu' o meno):
gli eventi EA e EB (i due fulmini) avvengono rispettivamente nei punti A e B
della banchina. Simultaneamente ad EA si accende in A una lampadina LA e
simultaneamente ad EB si accende in B un'altra lampadina LB (LA e LB
possiamo immaginarle fisse nella banchina). Se il punto M, punto medio del
segmento AB, riceve in contemporanea i due segnali luminosi partiti dalle
due lampadine (chiamiamo E* l'evento che descrive la ricezione dei due
segnali in M), allora EA ed EB si dicono simultanei.
Non abbiamo detto *niente* di fisicamente rilevante.
In particolare non abbiamo detto, ad esempio, che (chiamiamo PRa la seguente
proposizione)
"se M riceve in contemporanea i due segnali, allora tutti i punti del piano
r, perpendicolare ad AB, passante per M, riceveranno in contemporanea i due
segnali" (qui diamo per scontato che sia possibile definire il piano r senza
fare uso dei segnali luminosi partiti dalle lampadine LA e LB).
PRa descrive proprieta' fisiche della luce, e sappiamo che la luce gode di
tali proprieta', cioe' sappiamo che PRa e' vera. Ma questo non da' nulla
(ne' toglie) alla nostra definizione di simultaneita' a distanza. La nostra
definizione non e' "buona" perche' la luce rende vera PRa. Potremmo cambiare
definizione, secondo la nuova definizione EA ed EB potrebbero non risultare
piu' simultanei, ma PRa continuerebbe ad essere vera (come e' ovvio essendo
PRa una proposizione avente significato fisico).

A questo punto Einstein considera il treno e dice che i due eventi avvengono
in punti che sul treno vengono chiamati A' e B'. Einstein da' anche per
scontato che il treno in moto, visto dalla banchina, sia "uniforme" in un
senso che va precisato (Einstein mi pare che non lo precisi nel testo in
esame, ma credo proprio che lo fara' da qualche altra parte, dovrebbe farlo
quando parla di linearita' delle trasformazioni di Lorentz):
detto M' il punto medio del segmento A'B', sia EM l'evento che vede il punto
M' passare per il punto M della banchina. Si assume che EM sia precedente
E*, cioe' M prima vede passare M', poi riceve i segnali dalle lampadine LA e
LB (se fosse E* precedente EM, si avrebbero problemi di "uniformita'" che
non e' il caso di approfondire qua).
Essendo EM precedente E*, ipotizzando che il treno si muova verso destra, si
ha che i segnali LA e LB, arrivano in contemporanea in M quando M' e' gia'
passato, cioe' quando in M sta passando un punto P' che si trova "a
sinistra" di M'. Posta la nostra definizione di simultaneita' a distanza,
cio' e' come dire che i due eventi iniziali non risultano simultanei nel
riferimento del treno.

Si puo' obiettare che sul treno, per valutare la simultaneita' a distanza,
non dovremmo osservare i segnali LA e LB partiti da lampadine ferme nel
riferimento della banchina. Dovremmo osservare segnali LA' e LB' partiti da
lampadine fisse sul treno, rispettivamente in A' e B' (in realta' questa
obiezione non e' necessariamente fondata; tutto dipende da come sul treno
decidiamo di definire la simultaneita' a distanza che non deve
necessariamente essere definita allo stesso modo in ogni riferimento.
Potremmo anche, sul treno, definire la simultaneita' a distanza facendo uso
dei segnali luminosi partiti dalle lampadine ferme sulla banchina).
Einstein chiude subito l'obiezione invocando in effetti il II postulato. In
realta', nel testo in esame, Einstein non parla nemmeno di lampadine ferme
sulla banchina o sul treno. Parla semplicemente di segnali luminosi (quelli
emessi dai fulmini), tanto ha gia' detto qualche paragrafo prima che la
velocita' di propagazione della luce non dipende dallo stato di moto della
sorgente.
Pero', come dicevo sopra, non e' necessario il II postulato per giungere
alla tesi.
Basta che sia falsa la seguente proposizione P:
LA e LB sono lampadine ferme sulla banchina nei punti A e B;
LA' e LB' sono lampadine ferme sul treno nei punti A' e B';
M e' il punto medio del segmento AB;
M' e' il punto medio del segmento A'B';
A e A' sono in coincidenza nel momento in cui si accendono LA e LA';
B e B' sono in coincidenza nel momento in cui si accendono LB e LB';
il punto M riceve in contemporanea i segnali partiti da LA e LB;
il punto M' riceve in contemporanea i segnali partiti da LA' e LB'.

Si potra' dire che ipotizzare la falsita' di P equivale ad ipotizzare la
relativita' della simultaneita' (che e' proprio quello che si vuole
dimostrare), ma io vorrei insistere sulla questione.
Il punto e' che la "fine" del tempo assoluto *non sta* nella dimostrazione
della relativita' della simultaneita'.

Il tempo assoluto e' (o vorrebbe essere) qualcosa di preesistente le misure.
Un fautore del tempo assoluto potrebbe semplicemente rigettare la
definizione di simultaneita' a distanza scelta da Einstein. Potrebbe dire
che Einstein trova che la simultaneita' e' relativa semplicemente perche' ha
sbagliato a definire tale simultaneita'. E il fautore del tempo assoluto
potrebbe mettersi alla ricerca della "vera" definizione di simultaneita' a
distanza.

L'approccio di Einstein e' diametralmente opposto (di certo Einstein e'
stato preceduto da Poincare' in tale approccio. A me pare che Einstein abbia
seguito tale approccio con maggiore forza e coerenza, mi pare anche che su
quanto cio' sia vero o meno si giochi buona parte della diatriba se sia
corretto o meno considerare Einstein come padre della relativita'):
il tempo assoluto non c'e'. Non esiste la "vera" definizione di
simultaneita' a distanza.

A questo punto il tempo assoluto e' gia' morto.
Il tempo assoluto non muore quando, assumendo una certa definizione per la
simultaneita' a distanza e invocando il II postulato, si dimostra la
relativita' della simultaneita' appena definita. Muore nel momento che si
afferma che la simultaneita' a distanza e' priva di significato fisico e
che, conseguentemente, puo' essere definita a nostro piacimento.
Il II postulato avrebbe anche potuto essere falso, sarebbe stato vero un
altro postulato che con ogni probabilita' avrebbe comunque reso falsa la P.
E se invece questo nuovo postulato avrebbe reso vera la P, allora si sarebbe
potuto dare un ben preciso significato fisico ad una certa definizione di
simultaneita' a distanza.
Il tempo assoluto sarebbe comunque morto anche nel caso fosse vero un
postulato che permetta di definire una simultaneita' a distanza non
relativa. Potrebbe risuscitare solo nel caso in cui tale definizione
permetta di dimostrare che e' impossibile che eventi simultanei siano uno
causa dell'altro (e risusciterebbe solo "in un certo senso").

> Il processo di sincronizzazione �, se ricordo bene,
> quello dell'osservatore che armato di specchi si piazza
> a met� strada fra due sorgenti.
> Bene, non dirmi che questo � sufficiente per dimostrare che
> la simultaneit� � relativa! Su un simile processo anche
> Newton sarebbe stato d'accordo, per� non avrebbe abbandonato
> il suo tempo assoluto.

Dunque, e' della definizione di simultaneita' a distanza che stiamo
parlando.
Einstein dice:
"se in M ricevo in contemporanea i segnali emessi rispettivamente da LA e
LB, allora decido di considerare simultanei gli eventi EA ed EB".
Newton avrebbe discordato sui termini. Avrebbe detto: "Non sei tu a
"decidere di considerare simultanei" quegli eventi. Che gli eventi EA ed EB
siano simultanei e' "scritto nelle cose". Tu poi hai eseguito delle misure
che ti hanno permesso si "vedere" cio' che era gia' scritto nelle cose,
cioe' ti hanno permesso di capire che EA ed EB sono simultanei".
E' questo lo scoglio principale (sostanzialmente l'unico) che blocca Newton.
Superato questo scoglio, accettato il fatto che la simultaneita' a distanza
non e' "scritta nelle cose" ma la decidiamo noi liberamente, la
dimostrazione della relativita' della simultaneita' diventa un corollario
digeribilissimo, pressoche' inevitabile.

>> Potremmo definire la simultaneita', sempre seguendo quanto dice Einstein,
>> solo sostituendo i segnali sonori a quelli luminosi.
>
> hai scritto " solo sostituendo "; non � che volevi scrivere
> "anche sostituendo " ?

Mi pare di no, mi pare che vada bene il "solo". Siamo liberi nel definire la
simultaneita' a distanza. Non siamo obbligati ad utilizzare segnali
luminosi. In A e in B, invece delle lampadine LA e LB, potremmo mettere dei
tamburi TA eTB che vengono suonati rispettivamente al verificarsi degli
eventi EA ed EB. Se in M riceviamo in contemporanea i due segnali sonori
provenienti da TA e TB, diciamo che consideriamo simultanei gli eventi EA ed
EB (naturalmente eventi che risultano simultanei secondo la definizione "a
luce" potrebbero risultare non simultanei secondo la definizione "a suono").
L'unico problema e' che una definizione del genere funziona solo per
riferimenti in moto rispetto all'aria per meno di 340m/s. Ma anche la
definizione che fa uso dei segnali luminosi funziona solo per riferimenti
che si muovono l'uno rispetto all'altro per meno di c. Che poi sia
impossibile che due riferimenti si muovano l'uno rispetto all'altro per piu'
di c sara' da dimostrare (in via di principio potrebbe anche essere che sia
impossibile che un riferimento si muova rispetto all'aria per piu' di
340m/s).

I problemi con i segnali sonori arriverebbero qualora volessimo usarli per
il processo di sincronizzazione (la sostanza e' che i segnali sonori non
sono "buoni" per definire gli orologi).
Ma finche' ci manteniamo alla definizione di simultaneita' a distanza mi
pare che non ci siano problemi (a parte quello detto sopra).

>> Diremmo che due fulmini, caduti uno in a, l'altro in -a, sono
>> contemporanei se in 0 si ricevono simultaneamente i due
>> tuoni partiti negli istanti in cui cadevano i fulmini.
>> Risulterebbe ovvio (paragrafo 9) che fulmini contemporanei secondo il
>> riferimento della banchina non sarebbero contemporanei per il riferimento
>> del treno in quanto il tipo che si trova al centro del treno (che si
>> muove
>> in direzione -a -->a) riceve il tuono partito da a prima di quello
>> partito da -a.
>
> ma no, risulterebbe ovvio che i **tuoni** (non i fulmini)
> contemporanei ecc ecc.

Il fatto che gli eventi EA ed EB siano contemporanei o meno dipende
esclusivamente da come decidiamo di definire la simultaneita' a distanza.
L'evento EA e' la caduta del fulmine in A + l'emissione di un'onda sonora in
A (il tuono).
Discorso analogo per l'evento EB.
Una definizione che permetta di concludere che EA ed EB sono contemporanei
permette di concludere che sia i due fulmini che i due tuoni sono
contemporanei.

>> E questo vale per la luce come per il suono. La dimostrazione si basa
>> semplicemente sulla assunzione che la luce (come il suono) non si
>> "propaghi istantaneamente".
>
> anche Roemer lo sapeva, ma sta' sicuro che
> non immagin� mai la relativit� del tempo:
> non poteva, senza fare almeno un' ulteriore ipotesi.

Certamente. A Roemer mancava cio' che mancava anche a Newton. Mancava il
prendere coscienza del fatto che la proposizione
"Proprio adesso sta partendo da Giove il fascio luminoso che arrivera' qua
quando il mio orologio avra' misurato l'intervallo d/c"
e' priva di significato fisico.

> Vediamo di capirci: fermo restando il principio di relativit�,
> secondo te: se fossero false le equazioni di Maxwell e fosse
> vera la teoria dell'emissione di Ritz, la simultaneit� sarebbe
> relativa o no ?

Secondo me il succo della relativita' prescinde dalla correttezza o meno
delle equazioni di Maxwell. La "base logica" della relativita' *non e'*
nella "natura fisica della luce". La relativita' della simultaneita' e' un
corollario di importanza secondaria la cui correttezza o meno dipende da
come si decide di definire la simultaneita' a distanza.
Il succo della relativita', la sua "base logica", sta nell'affermare che la
simultaneita' a distanza non e' "scritta nelle cose" ma viene definita da
noi liberamente (quindi e' priva di significato fisico).

> bye
> Corrado

Ciao.
-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire) 
Received on Sun Aug 09 2009 - 17:15:09 CEST

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