Strofinio e magnetizzazione
Se si vuole magnetizzare un ago, ha senso strofinarlo
ripetutamente con una calamita? La questione e` stata
sollevata piu' volte nei ng di fisica. Quest'estate ho fatto
un esperimento per dirimere la questione. Purtroppo finora un
po' non ho trovato il tempo di scriverne e un po' me ne sono
dimenticato. Ora, ahime', ricordo il risultato e parte della
procedure seguita, ma gli scarni appunti che avevo preso sono
ormai quasi indecifrabili. Ho alcune tabelle di numeri, ma
non mi ero preso la briga di annotare ne' da che prove
venissero, ne' quale fosse l'unita` di misura...
Vabbe', non ho molta voglia di rifare tutto da capo, quindi
rompo gli indugi e vi comunico il risultato: il mito ha un
fondo di verita`. Effettivamente, passando la calamita lungo
tutto l'ago si riesce a magnetizzarlo un po' di piu' che
limitandosi a toccarne la punta con la stessa calamita
(diciamo un 25-30% in piu'). Tuttavia, non serve
assolutamente a nulla ripetere la procedura: strofinare una
volta o dieci non cambia nulla, l'ultima passata e` quella
che conta. Ad ogni successiva strofinata la magnetizzazione
varia di poco, in piu' o in meno, fluttuando di poco attorno
a un valore medio.
Pensandoci bene, direi che la cosa ha senso. Passare la
calamita lungo l'ago fa si' che ogni parte dell'ago si trovi
per un istante nel massimo campo che la calamita puo`
produrre, quindi e` ragionevole che strofinare sia meglio che
limitarsi a toccare un'estremita`. Alla seconda passata la
calamita prima smagnetizza la regione di ago a cui si sta
avvicinando (o meglio la rimagnetizza in verso contrario),
poi allontanandosi la rimagnetizza da zero nel verso voluto,
quindi ogni nuovo passaggio cancella ogni traccia del
precedente e non aggiunge mediamente nulla. Qui la chiarezza
esigerebbe un disegnino con le linee di forza, ma con l'ASCII
c'e` poco da fare.
Per i curiosi: ricordo qualcosa dell'esperimento, ma non
molto. Come aghi ho usato una scatola di comunissimi spilli
lunghi due o tre cm. La calamita era un cilindretto al
neodimio di circa 20mm di lunghezza per 3mm di diametro, mi
pare di grado N45 (in realta` erano due cilindretti da 10 mm
impilati). Ho provato a usare un magnetometro a effetto Hall,
per campi forti, ma non era molto sensibile. Allora ne ho
usato uno magnetoresistivo, per campi deboli (che arriva ad
apprezzare il nanotesla, per intenderci). Naturalmente anche
alla scala maggiore era troppo sensibile; mettendo lo spillo
direttamente a contatto del sensore andava a fondo scala,
quindi ho dovuto mantenere gli spilli a una distanza fissa e
nota dal sensore (14mm); temo che il posizionamento esatto
degli spilli (posizione, inclinazione...) sia stato la
principale fonte di errori sperimentali, comunque molto
minori dell'effetto osservato. Anche se nel corso delle prove
non e` mai emerso un effetto memoria, gli spilli sono stati
smagnetizzati artigianalmente a mano (maneggiando
opportunamente una calamita) prima di rimagnetizzarli e
l'esito dell'operazione e` stato verificato con il
magnetometro; gli spilli cosi' smagnetizzati producevano un
campo almeno venti volte inferiore a quello degli spilli
magnetizzati. Naturalmente sono state fatte decine di misure,
usando vari spilli (tutti dello stesso tipo). Il sensore del
magnetometro e` stato orientato in direzione perpendicolare
al campo terrestre in modo che segnasse zero ed e` poi stato
tenuto fermo per tutto l'esperimento. Qualunque oggetto
ferromagnetico identificabile, calamita compresa, e` stato
ovviamente tenuto a debita distanza durante le misure;
eventuali corpi ferromagnetici non identificati (viti nel
tavolo...) non dovrebbero essersi mossi da soli, quindi non
dovrebbero aver fatto comunque alcuna differenza.
Ciao
Paolo Russo
Received on Wed Feb 25 2009 - 21:01:44 CET
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