Re: orologi che "rallentano"

From: Paolo Russo <paolrus_at_libero.it>
Date: Wed, 21 Mar 2018 17:18:04 +0100

Provo a rispondere un po' a tutti in un unico post, per
evitare frammentazioni e ripetizioni.

[Paolo Russo:]
>> Che la dinamica abbia quell'effetto e` una cosa che si
>> verifica sulla carta (e credo che dall'avvento della RR in
>> poi sia considerato un requisito base per qualunque teoria
>> di dinamica che si rispetti).

[Bruno Cocciaro:]
> D'accordo, la dinamica ha quell'effetto, ma io continuo a non vedere
> come tu possa ricondurre quegli effetti ad una affermazione del tipo
> "la dinamica ci dice che gli orologi in moto rallentano".

Ma e` proprio il rallentamento l'effetto di cui parlavo.

> L'esempio che porti (Hafele e Keating) è in larga parte cinematica
> (assenza di forze) e, per la parte cinematica, c'e' perfetta simmetria
> (e' impossibile stabilire chi sarebbe in moto e chi fermo, chi avrebbe
> l'orologio rallentato e chi "accelerato"), e, per quanto riguarda la
> parte dinamica dice semplicemente che si assume che l'orologio
> accelerato misuri un intervallo di tempo molto piccolo durante le fasi
> di accelerazione.

Questo conferma che non ci stiamo capendo. Come puoi leggere
nella mia risposta a Elio, per me il sistema di riferimento
e` fondamentale. Sono pienamente d'accordo con te che se non
si specifica un riferimento non si può dire, istante per
istante, quale orologio stia rallentando rispetto all'altro;
lo si potrà dire solo con un confronto tra due percorsi
spaziotemporali diversi che condividano gli stessi due eventi
come estremi, o con una sequenza di operazioni funzionalmente
equivalente (ripensandoci, forse era questa la conclusione a
cui Elio voleva farmi arrivare; mi e` venuto in mente solo
dopo). E questo e` UN concetto di rallentamento, assoluto,
indipendente dal sistema di riferimento.
Esiste anche un ALTRO concetto di rallentamento, relativo al
sistema di riferimento. Capisco che, essendo relativo, a
tanti non piaccia usarlo, soprattutto a te che lo vedi basato
su una convenzione di sincronizzazione che per qualche motivo
che non ricordo sembra lasciarti abbastanza indifferente.
Intendiamoci, anche il rallentamento relativo si puo`
misurare in ultima analisi solo con un confronto tra percorsi
con estremi coincidenti (o procedura equivalente), se si
tiene conto della parte percorsa dalla procedura di
sincronizzazione, solo che in questo caso la scelta dei
percorsi, che influenza il risultato finale, dipende appunto
dal sistema di riferimento adottato. (Non che sia un caso; in
generale, qualunque processo di misura e` un evento e il suo
esito non puo` che essere determinato da una funzione
scalare.)
Quello che sto sostenendo e` che ci sia una certa differenza
tra dire "non mi piacciono i confronti di ritmi temporali
dipendenti dal sistema di riferimento, sono cosi' relativi e
convenzionali, conviene ragionare solo sugli invarianti" e
dire "NON ESISTE un rallentamento dipendente dal sistema di
riferimento, non ha proprio senso parlarne".
Rispetto la prima asserzione (de gustibus...), anche se non
la condivido: vedi caso, a me il rallentamento relativo
piace, nel senso che lo trovo un concetto molto utile per non
dire fondamentale, per vari motivi che ho spiegato, tra i
quali il fatto che ha una causa fisica diretta (dinamicamente
giustificabile e potenzialmente calcolabile istante per
istante).
Ritengo invece arbitraria la seconda asserzione, talmente
arbitraria da poterla considerare erronea. Capisco la sua
adozione in vista della RG che sembrerebbe richiedere questo
tipo di astrazione, ma qui siamo ancora in RR (e anche sulla
RG forse in un lontano futuro avro` qualcosina da dire).

> Direi che se ne possa concludere che la teoria (la teoria
> nell'insieme, cinematica, dinamica ecc.) ci dice che un orologio
> risultera' "rallentato" o meno a seconda della sua storia: gli orologi
> che non accelerano mai sono quelli che risultano "piu' avanti" quando
> si ritrovano sovrapposti ad altri che hanno subito accelerazioni. Il
> semplice "essere in moto" non rallenta.

Come dicevo, dipende dal concetto di rallentamento che
adotti.

>> A suo tempo ho apprezzato l'esempio di due cariche
>> elettriche in moto parallelo. [...] Piu' veloci sono le cariche,
>> minore e` la repulsione complessiva (la repulsione
>> "rallenta"). [...]
>
> Ma in questo esempio non ci sono orologi. Come da questo si dovrebbe
> dedurre che "gli orologi in moto rallentano" ?

Le due cariche, nel riferimento in cui sono inizialmente
ferme, impiegano un certo tempo T per respingersi dalla
distanza iniziale d0 a una data distanza d(T). Dalla d(T)
puoi calcolare T.
Quindi le due cariche costituiscono un orologio. Poco
pratico, ma concettualmente semplice. Dato che nell'esempio
la distanza d e` ortogonale alla direzione del moto, non c'e`
contrazione e questo semplifica le cose.
Quando dico che la dinamica implica che un orologio in moto
rallenti, non parlo dell'eventuale accelerazione a cui
l'orologio puo` essere soggetto; intendo proprio la dinamica
di tutti i meccanismi interni dell'orologio. Non parlo delle
leggi della meccanica classica che fanno funzionare gli
ingranaggi, ovviamente; non sono relativistiche. Parlo delle
leggi dell'elettromagnetismo (niente vieta di immaginare
orologi che sfruttino fenomeni gravitazionali o nucleari, e
il discordo rimarrebbe uguale, ma restiamo sul semplice). Le
leggi dell'elettromagnetismo ci dicono che qualsiasi
meccanismo elettromagnetico rallenta se e` in moto. Il caso
delle due cariche elettriche e` solo un caso particolarmente
semplice, in cui si riesce a verificare la cosa direttamente
senza calcoli troppo difficili, ma esiste la dimostrazione
generale (sostanzialmente legata al concetto di simmetria di
Lorentz).

[Bruno Cocciaro:]
> "Paolo Russo" ha scritto nel messaggio
>> Mi sembra che il rallentamento sia di per se' piuttosto banale da
>> verificare. Basta disporre degli orologi sincronizzati (a` la
>> Einstein) in quiete nel laboratorio lungo il percorso di B e
>> confrontare i tempi segnati da B e dagli orologi accanto a cui passa.
>> Si osservera` uno sfasamento crescente nel tempo con una certa
>> specifica dipendenza dalla velocita`.
>
> Direi che quanto dici sopra sia un esempio da manuale su quali sono i
> tipici errori in cui si incorre non riflettendo adeguatamente sul
> carattere convenzionale della sincronizzazione di orologi distanti.
> Tu assumi come "buona" la sincronizzazione standard eseguita tramite
> segnali luminosi (quella che chiami "a` la Einstein") e ne deduci che
> quello che consideri un esperimento, proverebbe la bonta' della tua
> affermazione: "... B rallenta nel riferimento del laboratorio".

Piu' esattamente, nel momento in cui uno usa l'espressione
"riferimento del laboratorio" senza specificare altro, sta
sottintendendo che esso sia definito tramite le procedure
standard tra cui la sincronizzazione a luce o equivalente;
faccio notare en passant che anche lo spazio e` altrettanto
convenzionale, calibrato a luce o in modi equivalenti. E il
motivo per cui lo si sottintende e` che spazio e tempo sono
solitamente alquanto necessari per poter dire alcunche' in
fisica, per cui, per quanto arbitraria e convenzionale possa
essere la loro definizione, una qualche definizione bisogna
pur darla, solitamente, e in RR la piu' semplice e` quella
li'.
Naturalmente, se vuoi definire un riferimento in modo
diverso, fai pure; basta capirsi. Io quando dico
"riferimento" intendo sempre quello standard, ove non sia
diversamente specificato.

> In realta' quello che hai descritto *non e'* un esperimento. E' la
> semplice osservazione che ritrovi oggi quello che hai fatto ieri (e
> questo in fisica si assume sempre: se oggi ripeto la stessa cosa di
> ieri osservero' gli stessi esiti). Lo sfasamento sempre crescente fra
> gli istanti segnati dall'orologio in moto, B, e gli orologi accanto a
> cui passa � esattamente quello che avevi settato ieri quando, durante
> la fase di sincronizzazione, stavi viaggiando con B e settavi gli
> orologi a cui passavi accanto.

La fai troppo semplice. Il viaggio di sincronizzazione va
fatto a bassa velocita`, quindi il viaggio di misura non ne
riproduce affatto l'esito.

> Ma, dirai, io ho sincronizzato tramite
> segnale luminoso, non tramite trasporto di orologio. In realta' le due
> cose *non* sono diverse, sono la stessa cosa, come dimostro qua
> https://www.dropbox.com/s/b4dja38z7a1jcko/Sincronizzazione.pdf?dl=0

Ah, vedo che adotti il trasporto a velocita` qualunque con
compensazione esplicita. Naturalmente ti rendi conto che cio`
significa che accetti la RR, accetti che gli orologi in moto
one-way rallentino (tant'e` che hai previsto di doverne
compensare l'effetto sul trasporto dell'orologio di
sincronizzazione) e quindi ovviamente non devo descrivere
nessun esperimento per convincerti di cio` di cui
evidentemente sei gia` piu' che convinto. Tanto meglio, ma
l'esperimento era a beneficio degli altri. :-)


[Wakinian Tanka:]
> Bruno Cocciaro mi ha battuto sul tempo (che sincronizzazione usa? :-),

Mai capito. :-)

> A rimane fisso sulla Terra (che si assume ferma in un rif. inerziale)
> e chiamo t il tempo che segna, mentre chiamo t' il tempo segnato da B.
> A t = t' = 0, A e B coincidono e B si sta allontanando da A ad una v =
> 0,6 c.
>
>
> Quando B arriva ad una distanza da A (nel rif. di A, come anche in
> seguito) di 3 anni luce, in prossimità di una certa stella X, inverte
> (quasi) istantaneamente il suo moto riavvicinandosi ad A, sempre ad
> una v = 0,6 c.
>
> Come sappiamo, al termine del viaggio, quando B ed A si confronteranno
> di nuovo, B segnerà 8 anni ed A 10 anni.
>
> Analizziamo quello che succede nel viaggio di andata ed in quello di
> ritorno. a) Andata.
>
>
> Quando B si trova ad 1,5 anni luce da A confronta il suo orologio con
> quello fisso accanto a lui nel rif. di A: B segna 2 anni, quello
> accanto fisso segna 1 anno; quando B si trova al punto di inversione,
> in prossimità della stella X, segnerà 4 anni, mentre l'orologio fisso
> ne segnerà 2.

No. Se gli orologi fermi nel rif. di A sono sincronizzati in
maniera standard, in prossimita` della stella X ci sara` un
orologio fisso che segna 5 anni. I 2 anni sono il contenuto
di un eventuale messaggio inviato a v = c dall'orologio di A
sulla Terra, che arriva a X dopo 3 anni di viaggio. Non
c'entra niente, non e` quello il tempo del rif. di A, i cui
orologi devono essere sincronizzati compensando il tempo di
propagazione dei segnali in quel riferimento.

> Quindi nel viaggio di andata B "accelera" rispetto agli
> orologi nel rif. di A.

Proprio no, mi dispiace. Intendiamoci, mentre B passa accanto
a ciascun orologio del rif. di A lo vede marciare piu'
lentamente del suo; tuttavia, non vede gli orologi del rif.
di A sincronizzati tra loro, per cui in definitiva B rallenta
sempre rispetto agli orologi nel rif. di A.

> 1) A e B effettuano lo stesso identico percorso, ma il CONTACHILOMETRI
> di B si è mosso più lentamente di quello di A (a metà velocità) in
> quanto è diverso il meccanismo/il circuito elettronico che trasduce i
> giri ruota in cifre sul cruscotto, oppure semplicemente perché le
> ruote di B hanno un diametro doppio di quelle di A e quindi hanno
> fatto la metà dei giri (a parità di km percorsi dalle 2 auto). 2)
> l'auto B ha fatto un percorso più corto per andare da P1 a P2 (ha
> percorso metà dei chilometri percorsi da A)?

Indagherei. Nell'impossibilita` di farlo, assumerei la
spiegazione più semplice e coerente con quanto gia` noto:
percorso diverso.
Nell'esempio interstellare precedente, qualunque indagine
eseguita nel rif. di A confermera` che l'orologio B, in moto
nel rif. di A, va efffettivamente piu' lento del normale in
qualunque istante del suo moto e con qualsiasi tecnica
(eseguita nel rif. di A) si esegua il confronto; ulteriori
indagini illustreranno i meccanismi fisici (effettivamente
esistenti) di questo rallentamento e del perche' nel rif. di
B non venga percepito. Caso chiuso. :-)


Mi pare d'aver piu' o meno risposto alle domande e alle
obiezioni. Ora, se permettete, qualche obiezione ve la faccio
io.

Ho capito benissimo che una misura che prescinda dalle
convenzioni con cui si definiscono i sistemi di riferimento
richiede il confronto tra due integrali di percorsi
spaziotemporali con estremi coincidenti (insomma, una curva
chiusa), e che il risultato cosi' ottenuto sia indipendente
dal sistema di riferimento e dalle relative convenzioni.
Capisco anche benissimo che il rallentamento relativo
istantaneo, one-way, non puo` realmente essere dimostrato in
modo one-way, perche' le operazioni per definire un rif.
inerziale chiudono implicitamente la curva, a livello
concettuale se non materiale (non credo che nessuno abbia
dovuto andare in quota a sincronizzare orologi per rendersi
conto della dilatazione temporale dei muoni che arrivavano a
terra; il solo fatto che arrivassero a terra era già
piuttosto significativo).
Ho pero` qualche problema con l'implicazione che, essendo il
rallentamento su curva chiusa l'unico direttamente misurabile
senza convenzioni, sia anche l'unico dimostrabile tout-court
e quindi esistente. Quasi tutta la fisica moderna si regge su
prove ampiamente indirette, ottenute interpretando esiti
sperimentali nell'ambito di teorie che consentono di trarne
delle conclusioni. Definire un rif. inerziale sarebbe troppo?
Abbiamo ampie prove della RR, e la RR implica che esistano
meccanismi fisici (anch'essi ampiamente dimostrati
indipendentemente, come ho cercato di far notare) che
rallentano gli orologi in moto in un riferimento inerziale
standard (che spiega come definire). Che altro pretendete?

Detto in parole povere: avete qualche plausibile motivo
fisico per assumere che se H&K avessero viaggiato in linea
retta anziche' girare in cerchio il rallentamento non ci
sarebbe stato? Pensate che la dinamica covariante
responsabile istante per istante del rallentamento avrebbe
appeso il cartello "torno subito, appena la curva si chiude"
e sarebbe andata un attimo a pescare in attesa di un futuro
ritorno degli aerei?
Una carica elettrica in moto indurrebbe un campo magnetico
solo quando si muove lungo una curva chiusa, o magari solo
quando misuriamo il campo? E sarei io a dover dimostrare il
contrario?
Non scherzo: le affermazioni "un orologio in moto rallenta" e
"una carica elettrica in moto genera un campo magnetico" sono
perfettamente analoghe in RR: hanno lo stesso ambito
(relativo) di validita`. Chi critica la prima critica
implicitamente anche la seconda, che se ne renda conto o
meno; tuttavia, ho la sensazione che la seconda riceva molte
meno critiche *esplicite* della prima. E per inciso, come ho
tentato di mostrare, nei casi piu' comuni e` proprio la
seconda (in buona sostanza) la causa fisica della prima.

Per riuscire a negare l'esistenza di un rallentamento
relativo one-way bisogna caricarsi di una tale zavorra
filosofica mal definita per compensare tutti gli assurdi che
ne derivano che francamente, no grazie, preferisco viaggiare
piu' leggero: basta prendere atto che oltre ai comodissimi
scalari esistono anche i tensori di rango maggiore di zero,
prenderli opportunamente sul serio, ed e` tutto risolto.

Sul valore didattico e sugli equivoci che si rischiano
assumendo un punto di vista o l'altro... premesso che stando
sempre bene attenti gli errori non si commettono, qualunque
sia il punto di vista adottato, resta il fatto che certi
punti di vista possono essere in linea di principio piu'
scivolosi di altri, favorendo equivoci. Ora, dopo aver letto
le argomentazioni di Bruno Cocciaro e Wakinian Tanka,
alquanto affette da errori vari (se le ho capite), e dopo
tutti i post che sto scrivendo per convincerli che le
equazioni della dinamica prevedono *davvero* cause fisiche
reali (ancorche' relative) per il rallentamento dei
meccanismi interni dei corpi in moto, e non so nemmeno se
sono ancora riuscito a convincerli di cio`, forse dovreste
cominciare a chiedervi se il mio punto di vista sia davvero
il piu' scivoloso dei due...

Ciao
Paolo Russo
Received on Wed Mar 21 2018 - 17:18:04 CET

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