Re: relativita' speciale

From: Tommaso Russo, Trieste <trusso_at_tin.it>
Date: Sat, 14 Jun 2008 17:10:10 +0200

Bruno Cocciaro ha scritto:
> "matteo" <matteogeniaccio_at_yahoo.it> wrote in message
> ..crea anche tu un atomo simile e confronta gli impulsi
>> luminosi con i cicli del tuo atomo di cesio. Se ottieni lo stesso
>> numero la nostra velocita' reciproca e' nulla"
>
> Ognuno osserva soltanto il proprio orologio?
> Se e' cosi' ... non potrano concludere alcunche' riguardo alla loro
> velocita' reciproca.

Beh, no: la precisazione di matteo va inquadrata nell'esperimento
descritto da Imago Mortis, che matteo riassume nella frase "confronta
gli impulsi luminosi con i cicli del tuo atomo di cesio", dove intende
evidentemente "misura con il tuo atomo l'intervallo di tempo fra gli
impulsi luminosi *che ti arrivano da me*".

Quello che dice matteo e' sostanzialmente esatto, ma forse andrebbe
meglio esplicitato l'assunto di base sottostante che puo' essere
all'origine del dubbio espresso da Imago Mortis. Al quale rispondo:

ObA e ObB possono "concordare un'unita' di misura del tempo" solo
dotandosi entrambi di un orologio in quiete rispetto a loro stessi. E,
per semplificare, limitiamoci pure al caso che si dotino di due orologi
*identici*. La durata di tempo fra due eventi *non e'* indipendente
dagli orologi, e' esattamente, per definizione, cio' che gli orologi
misurano. E' questa la "definizione operativa" delle durate temporali.
Altre definizioni sono possibili ma richiedono comunque di stabilire una
procedura operativa per la misura (e cosi' e' anche per le unita' di
misura definite "a campione", come erano il metro e il kg di Parigi: e'
necessario stabilire una procedura operativa per confrontare con esse
una lunghezza o una massa sconosciuta).

Per orologio s'intende un sistema fisico che riassume, ciclicamente, una
stessa configurazione riconoscibile, a causa (ontologica) delle leggi
fisiche che lo governano, *se* queste leggi fisiche predicono che ogni
ciclo avvenga in un intervallo di tempo eguale. La possibilita' che ObA
e ObB si possano dotare di due orologi identici dipende, a monte, da due
ulteriori assunti, e sara' bene esplicitare anche questi:

1) Il principio di relativita'. Sviluppiamo le teorie relativistiche
supponendo che le leggi della fisica siano le stesse in tutti i sistemi
di riferimento inerziali (o localmente inerziali, nella RG). Come saprai
benissimo, questo e' proprio il principio che differenzia le teorie
relativistiche da quelle precendenti. Nella tua esposizione, anche se
non lo dici, assumi che ObA ed ObB (e i rispettivi orologi) siano in
quiete rispetto ad un sistema di riferimento inerziale.

2) La costanza delle costanti universali (e quindi la costanza stessa
delle leggi della fisica). Riteniamo che G, epsilon(zero), mu(zero), e
quindi anche c, la carica elettrica e la massa a riposo delle particelle
subatomiche eccetera NON varino nel tempo.

La seconda assunzione e' quella che ci permette di distinguere un buon
orologio da un orologio meno preciso.

All'origine, la nostra definizione (operativa) di "minuto secondo" era:
"1/86400 del giorno solare medio". Si dava per scontato, cioe', che la
rotazione della terra (o almeno la sua durata media nel corso di un
anno) fosse un orologio perfetto. Il che non e', perche' le leggi
fisiche che prevedevano la costanza del suo periodo derivavano da un
modello troppo semplificato (non tenevano conto delle variazioni del suo
momento d'inerzia e del rallentamento da dissipazioni mareali). Di
conseguenza, le effemeridi osservate dei corpi celesti differivano da
quelle predette. Per riconciliare osservazione e previsione sarebbe
stato necessario ipotizzare che o la costante G, o le masse dei corpi
celesti variassero sensibilmente nel tempo. Abbiamo preferito (per
Occam) spiegare le discrepanze, piuttosto, con variazioni del periodo di
rorazione terrestre, cercandone (e trovandone) le possibili cause.

La seconda definizione del secondo fu quindi data nel 1960:
"la frazione di 1/31 556 925,9747 dell'anno tropico per il 1 gennaio
1900 alle ore 12 tempo effemeride". Bella e precisa, ma NON operativa
(difficile tornare al 1900 per misurare un intervallo di oggi...): si
trattava piuttosto di una definizione "a campione", e quindi
presupponeva che quell' intervallo di tempo fosse stato misurato nel
1900 e preservato inalterato nel tempo da *altri* orologi supposti piu'
precisi (le effemeridi osservate, per esempio).

Per questo, nel '67 fu data la terza definizione di secondo, che
manteniamo valida ancor oggi, cui si riferiva matteo: "la durata di
9.192.631.770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione
tra due livelli iperfini, da (F=4, MF=0) a (F=3, MF=0), dello stato
fondamentale dell'atomo di cesio-133".

Che non dipende dalla costanza nel tempo di G (come il tempo misurato
dalle effemeridi osservate), ma da quella di altre costanti universali
(h in primis; ma anche e, m(e) ed altre. Una domanda interessante, di
cui non ho in tasca la risposta, e': qual'e' il set minimo di costanti
universali (o di rapporti fra esse) che non puo' piu' variare nel tempo
dopo questa definizione di secondo?)

--
TRu-TS
Received on Sat Jun 14 2008 - 17:10:10 CEST

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