Re: De divulgatione

From: Omega <Omega_at_NOyahoo.it>
Date: Wed, 22 Aug 2012 21:22:51 +0200


"Giorgio Pastore":
> Omega:

>> Scientifica ovviamente. Ma non solo.
>>
>> Perch� la ritengo necessaria e anzi doverosa, e da parte di chi.
>
> Scrivi cose sensate ma condite da un populismo di fondo che sembra
> ignorare tutta una seria di problematiche che dovrebbero essere ben
> presenti a chi si pone il problema della divulgazione della scienza.

Dimostra ci� che affermi e far� ammenda.

>> Necessaria perch� la scienza - la conoscenza - � patrimonio dell'umanit�
>> e non di qualche privilegiato.
>
> E qui parti proprio male. Perche' i "privilegiati" di cui parli non lo
> sono in senso etimologico. Non si comprende una branca scientifica "per
> decreto" e neanche per diritto testamentario. Ci si deve dar da fare e
> sudarsi la conoscenza. Certamente questa attivita' comporta che qualcun
> altro si faccia carico di altre incombenze (coltivar patate, commerciare,
> aggiustare auto etc.). Ma non e' ovvio che il "ritorno" per la societa'
> debba essere la divulgazione.

Mi pare che a partir male non sia io. I privilegiati lo sono proprio nel
senso pieno del termine.
Tu sei nato pronto e intelligente, io lento e patata. � forse merito o
demerito nostro?
No.
� stato il caso?
Sciocchezze.
Le congiunture che hanno prodotto te e me non sono affatto casuali, e fanno
parte dei processi pi� generali che reggono la specie, il suo sviluppo, la
sua evoluzione.
In altre parole, la scoperta, l'invenzione, sono prodotti dell'umanit�, non
del singolo con la sua volont�. Se costui ha il talento per arrivare a certi
livelli non ha cerrto il merito del suo talento. Dico di pi�: essendo dotato
di quel talento, se non lo realizza � un fallito, ma non nel senso sociale
(in cui magari diventa bravo a vendere automobili e si arricchisce), ma � un
fallito di fronte a se stesso, a ci� che �, alla sua identit�.
Quindi lascia stare il populismo, che non c'entra affatto. Pensa invece al
concetto di responsabilit�, che � molto pi� pertinente.

Per spiegarti quali sono le fasi di un'attivit� di progetto (in senso
strettamente professionale) potrei suggerirti un libro che ci
dedica quasi un capitolo, ma lascio stare il link e cerco di darti la
sintesi.
(Se poi mi dici che sai gi� tutto ti chiedo scusa, dato che non so quali
sono le tue competenze)

L'attivit� di progetto � una "cascata" di compiti che richiedono diverse
specializzazioni, dal livello pi� astratto al pi� concreto; fra di esse, a
ogni
livello, se il progetto � complesso - per esempio pluritecnologico - �
necessaria un'interfaccia, ossia qualcuno che conosca i linguaggi dei due
gradini contigui, verticali o orizzontali, e che quindi riesca a trasferire
l'informazione da uno
all'altro senza introdurre errori, perch� � competente su entrambi i fronti
(bench� non necessariamente specialista in nessuno di essi: � un ruolo
fondamentale nel progetto di sistemi multitecnologici). I gradini sono molti
e le interfacce, nei grandi progetti, sono quindi molte a loro volta. In
sostanza dovrebbe essere la sistemistica a chiarire questi aspetti, ma
sfortunatamente neppure i testi migliori li curano abbastanza (in gran parte
per niente).

Ebbene, la divulgazione deve (dico *deve*) seguire lo stesso metodo se si
vuole che al pubblico non arrivino delle puttanate giornalistiche.
Se non lo si fa, � inutile poi prendersela con i giornalisti o i fisici
disonesti: se non lo si fa, abbiamo solo quello che ci meritiamo.
Altrove (su discussioni energie alternative), si sta parlando del fallimento
sostanziale, fino a oggi, del conto energia relativamente al fotovoltaico.
Ebbene: la responsabilit� � *unicamente* la mancata informazione, cio� la
mancata divulgazione. Che socialmente � un delitto, un furto.


>> Uno pu� essere figlio di un ciabattino ed essere un genio della fisica,
>> ma di quest'ultimo talento non � che non debba nulla al ciabattino e al
>> resto del mondo.
>
> Su questo ti do ragione al 100%.

La sostanza di ci� che ho detto � tutta qui.

>> Poi c'� un'altra ragione, pi� brutale: nessuno pu� studiare se non �
>> mantenuto agli studi da qualcuno. ....
>
> Anche su questo concordo.

Questione eticamente pi� marginale di quanto sopra, ma non trascurabile.


>> Naturalmente c'� un aspetto politico: la scienza ha un valore politico,
>> e chi vota deve sapere di che cosa parla il politico che vuole
>> finanziare questo e quello, collaborare con questo o quel paese e cos�
>> via. Chi vota, ripeto, deve sapere per che cosa vota. Altrimenti ha
>> ragione Nathan a temere che qualche buco nero faccia sparire
>> l'informazione e magari crei debito pubblico :-)
>
> Qui riscivoli nelle semplificazioni da contabile: io voto il politico, il
> poitico finanzia una ricerca e io voglio sapere quale per votare o meno il
> politico ?

Non hai colto l'allusione.
Con quali conoscenze il pubblico ha affrontato il referendum sul nucleare?
Ma � solo un esempio per dire che il politico deve presentarsi con la
competenza necessaria per occuparsi di ricerca, di universit�, di scuola, di
politica industriale.
Altrimenti per cosa lo voti? Per la sua bella faccia? Per la sua
appartenenza a questo o quel partito? Per la sua ideologia? Per quella gran
fica di sua moglie?
E ti sembra semplificazione da contabile chiedere competenza a chi si
presenta per reggere il timone del paese?
Forse non abbiamo capito che non si esce dalla crisi se non si mette mano
proprio alla formazione di competenza.
Perch�?
Lapalissiano, perch� la competitivit� � legata a doppio filo e
necessariamente alla competenza. I trucchi finanziari o le liti con Moodies
non ci tireranno fuori di sicuro dalla crisi.
Questa � una delle ragioni per cui insisto su una seria divulgazione,
metodica e verticalmente capillare (ossia per tutti i gradi di
acculturazione, se non di cultura).


> Follia! A parte alcuni temi "sensibili" (ricerca su cellule embrionali,
> fecondazione assistita, alcuni argomenti delle bio tecnologie<...) buona
> parte dei finanziamenti alla ricerca vanno su temi estremamente
> specialistici e che solo in modo molto indiretto hanno rilevanza per l'
> elettore.

Non � una buona ragione per non farli conoscere e giustificarli
adeguatamente, anche solo perch� i soldi che si usano sono pubblici.

Ma se, come purtroppo qualcuno sta gia' facendo in questo
> sciagurato Paese) si legasse in modo diretto la decisione sui temi
> scientifici alle cordate politiche sarebbe il modo migliore per affondare
> qualsiasi possibilita' di restare tra i paesi che pilotano lo sviluppo
> della scienza moderna.

A parte che siamo gi� provincia da un pezzo, non � certo questo il
significato di ci� che ho detto.
Ma siamo provincia proprio anche per questo genere di "noblesse" scientifica
che non serve a niente e a nessuno, se non a NON rispondere di ci� che si
fa. E questo non va. Il pubblico deve sapere dove vanno i soldi che guadagna
col suo lavoro. E non dirmi che � "demagogia" pretendere di sapere dove
vanno le mie tasse. Prova tu in Usa a fare il prezioso come tu stai
proponendo, e vedi dove ti fanno correre, dato che le universit� sono
foraggiate dai privati.
In altre parole: la rilevanza per l'elettore c'� _sempre_, a meno che non si
finanzino ricerche sul sesso degli angeli per produrre articoli per i
concorsi!

> Le relazioni tra politica tout court, politica scientifica e temi di
> ricerca e' molto piu' articolata di una partita doppia in cui ad ogni
> stanziamento deve corrispondere un brevetto utilizzabile.
> E altrove questo lo sanno molto bene.

Ma altrove i brevetti li fanno!
E se si lavora seriamente - come nelle citate universit� private americane
(e tedesche! e israeliane), ogni progetto di ricerca � dotato dei necessari
pert e gannt e quant'altro che descrive l'uso di risorse, la tempistica, i
risultati attesi, i rapporti esterni, i legami con altre ricerche, il
follow-up, i brevetti eventuali, l'organigramma il funzionigramma e
quant'altro (chi rispoinde di cosa).
E se non mantieni quello che hai programmato te ne vai a spasso, come
succede nelle imprese. Ti pare che succeda questo nelle nostre uniiversit�?
Credi davvero che la ricerca (fisica o d'altro tipo) debba essere un gioco
intimo di pochi intoccabili? Quella s� che � follia tutta italiota!

> ....
> L' "informazione" di cui parli e' mal definita. Il priblema esiste ed e'
> serio. Ma non lo si risolve per decreto o dicento che *deve*. Occorre
> sporcarsi el mani e vedere, settore per settore fin dove si puo' divulgare
> e a che livello. Non e' detto che sia sempre possibile una divulgazione
> che non sia una deformazione.

Certo che occorre sporcarsi le mani! E io che ho detto?
Ma il *deve* rimane per tutte le ragioni che ho esposto.
Non � detto che sia sempre possibile una divulgazione che non sia
deformazione, dici?
Io non ci credo neanche un po'.

> .... Il dovere di mettere a
>> disposizione quell'informazione nella forma opportuna resta.
>
>
> Tutto il problema sta in quel "nella forma opportuna".

Certo, occorre metodo, come in tutte le cose.
Si progetta la divulgazione di una certa parte della conoscenza come si
progetta qualunque altra cosa.
In un altro post (ma non so se � stato pubblicato) ho dato indicazioni su
cosa si fa nell'ambito della normativa tecnica. Quel metodo, che ho
descritto in dettaglio in un vecchio articolo di cui non ti dar� il link
(cos� sarete tutti contenti :-) � il pi� efficace che esista. Mi pare Soviet
diceva che come funziona la rete internet � complicatissimo (un pacchetto di
questo messaggio pu� arrivarti da un server in Patagonia e uno da un server
in Alaska); certo che lo �, ma la documentazione (normativa) tecnica
esistente ti accompagna dall'astratto del modello ISO-OSI, che � quasi
metafisica :-), fino alle necessit� dell'installatore e del progettista di
apparati e di linee in rame o ottiche o radio, satellitari o no.
Se � cos� per una cosa maledettamente complicata come una rete planetaria,
allora non venitemi a dire che � impossibile per altre cose. Non esiste.
Nell'altro post dicevo anche: ci sono grossi interessi economici a reggere
la scrittura di normativa capillare (che in certe discipline finisce per
essere testo di riferimento); ma non � forse un enorme interesse che il
paese elevi il proprio li�vello culturale medio? Da dove si pensa possa
venire la competitivit�: dai paraocchi? Dai compartimenti stagni? Dalle
torri d'avorio? Dalle cattedrali nel deserto? (Ma ce ne sono?)

>> Un'obiezione � che, quanto pi� una scienza/disciplina � complessa, tanto
>> pi� ha un proprio linguaggio sintetico e quindi difficile da tradurre
>> nel linguaggio comune.
>> Ebbene, ci� � falso: non c'� linguaggio scientifico che non sia fondato
>> su quello naturale,...
>
> Qui non ci siamo. Una disciplina scientifica non e' solo un linguaggio
> traducibile in linguagigo naturale. ' anche una rete di concetti, di
> esperienze, di rimandi che non sono comunicabili in nessun linguaggio
> naturale ma costituiscono una base di esperienze individuali.

Se sono solo individuali, allora sono incomunicabili. Punto.
Allora di che stiamo parlando?
Ma se la scienza ti fa una testa cos� per convincerti che � basata sulla
verifica e il consenso di una collettivit� detta 'comunit� scientifica',
allora che cosa stai dicendo?


Chiunque si
> sia cimentato nella formazione in ambito scientifico dovrebbe saperlo.

Se crede una cosa del genere significa che si � fatto deviare, che si �
fatto prete, non scienziato :-)

> Certe cose non si imparano leggendo. Occorre sbatterci il naso, toccare
> con mano.

Si chiama 'esperienza' se non ti ricordi il termine. Infatti dalle superiori
sono stati eliminati tutti i laboratori :-))
Per� se ti � stata spiegata adeguatamente una teoria (e quella � fatta di
carta, non d'altro) non devi costruirti 27 chilometri di acceleratore sotto
casa per accelerare i neutroni dei crocchini del tuo gatto (altrimenti dici
che non hai capito).
Non � possibile fare esperienza di tutto, altrimenti si arriva alle
conclusioni di mio padre, il quale sosteneva che l'America non esisteva
perch� non ci aveva mai messo piede. Tu non gli daresti torto quindi. :-)
Del resto qualcuno ha fatto esperienza degli assiomi delle teorie? Il no �
ovvio, dato che sono assiomi.
L'esperienza � importante, ma non esiste senza la logica. Quindi la logica
pu� fare molto per integrare concetti non necessariamente sperimentati
direttamente: se infatti non reggono alla logica sono semplicemente falsi.

Che e' poi il problema di avere o non avere competenze in certi
> campi. Uno puo' aver letto tutto sui microscopi STM. Ma se non ne ha mai
> costruito o usato uno, avra' una conoscenza dell' argomento "per sentito
> dire". Gli ci vorranno anni per metter in piedi un esperimento che lo usi.

No, se chi li conosce li ha descritti adeguatamente. Oggi poi l'informatica
offre mezzi di rappresentazione impensabili anche solo 10 anni fa, quindi
ilproblema non esiste. Esiste solo un problema: la buona volont�.

>> Il principio in cui credo fermamente � che non c'� nulla di cos�
>> complesso da non poter essere espresso mediante il linguaggio naturale,
> ...
>
> Affermazione indimostrabile. Esistono settori in cui la traduzione in
> linguaggio naturale puo' essere tentata ma nessuno sa come farla
> funzionare. E non si tratta di incapaci.

Allora hanno serie falle nell'uso del linguaggio naturale: devono tornare a
scuola. Se hanno scritto un testo *devono* saper giustificare ogni singolo
termine, ogni singola proposizione, paragrafo sezione capitolo eccetera.

> ... Credi che un tipico libro di divulgazione
> anglosassone scritto da uno specialista non passi per una serie di
> revisioni e controlli basati su pareri di esperti di divulgazione ? Ma non
> sempre la cosa funziona.

Il non sempre � da dimostrare, ma mi confermi che altrove lo si fa. Del
resto lo sapevo bene: sono quelli i libri che acquisto infatti.

> ....
>> Del resto non � gi� vero che esistono testi scolastici di diversi
>> livelli? E che di fatto in materia di scienza (e altro) stanno proprio
>> facendo divulgazione?
>
> No. Qui dissento al 100%. Divulgazione e insegnamento hanno finalita'
> diverse e pubblici diversi. Possono interagire. Ma anche i metodi saranno
> differenti. Non confonderei i due piani.

Mi spiace, ma sono la medesima cosa. Insegnare ***�*** divulgare per
definizione.


> Smascherare cosa ? senti puzza di complotti ?

No, di fancazzismo :-) E magari di "ricerche" solo per produrre carta per i
concorsi, che � peggio.

Il controllo interno della
> Scienza continua a funzionare estremamente bene.

Dichiarazione autoreferenziale, quindi di significato nullo (Goedel pu�
testimoniarlo).

Non e' perfetto ma
> funziona. La mistificazione puo' avvenire con o senza divulgazione. Anzi,
> puo' servirsi proprio della divulgazione per far accettare atteggiamenti
> a-scientifici.

Questo � vero, ma non se c'� un controllo sistematico, cio� un SISTEMA DI
TESTI DI RIFERIMENTO sotto il controllo di tutti gli specialisti a tutti i
livelli, dallo scienziato al prof di fisica del liceo, con continue
revisioni gestite appunto con la stessa tecnica in atto per la normativa
tecnica, cio� in piena trasparenza di fronte a tutto il pubblico. E lasciamo
fuori gli editori, per grazia di tutti gli dei e di tutti i santi! Le buone
universit� hanno una propria redazione e una propria editoria (o le pu�
avere il sistema universitario come tale).

> ....
>> Scuola fatta male? Certamente.
>> Ma fatta male da chi? Dagli allievi?
>
> Come detto sopra, scuola e divulgazione sono due cose diverse.

Come detto sopra: no. Ci� che � vero, � vero per uno studente come per suo
padre che vuole capire delle cose (dato che deve votare)


> Credo pero' che il debito di cui sopra venga ripagato solo in minima parte
> dalla divulgazione. Il vero vantaggio che (dovrebbe) motivare un Paese ad
> investire nella Scienza non sta nell' avere indietro un' ottima
> divulgazione. Ma in due altri aspetti.
>
> L' esistenza di competenze (di know-how) direttamente o indirettamente
> utilizzabili per applicazione pratiche (e l' indiretto puo' essere mooolto
> indiretto);

Nella mia esperienza la collaborazione con le imprese � dannatamente lasca.
Noi non abbiamo universit� private finanziate dai privati. Salvo eccezioni,
sono pubbliche.
Pur avendo vissuto in settori di tecnologia avanzata, mai in decenni ho
visto arrivare un brevetto dalla nostra universit�.
Neanche mettendo loro una ricerca su un piatto d'argento - denaro e tutto il
resto - ho visto interesse ed efficienza.


> La capacita' di mantenere dei serbatoi di sapere critico specializzato che
> possano avere ricadute nell' insegnamento e nella formazione.

Esattamente. L'articolo e il libro che (non) ho citato sono precisamente sul
tema della formazione, e il libro contiene anche una sezione sulla
documentazione e sul suo ruolo fondamentale; in appendice c'� anche
l'articolo suddetto, che � appunto sui testi di riferimento.

> Questi due aspetti possono avere relazioni ma NON sono in se'
> divulgazione.

Non se tu limiti il significato di 'divulgazione', cosa che io non faccio.
Divulgazione significa trasmissione di conoscenza ad ampie aree della
collettivit�.
Questo significa per me, perci� non distinguo divulgazione e insegnamento.
Quando io ho insegnato ho proprio dovuto svolgere il ruolo di cui dicevo: di
interfaccia fra concetti strettamente specialistici e studenti che
ovviamente specialisti non erano, ma avevano certi strumenti che
consentivano loro di recepire, in forma opportuna, quei concetti. Dunque ho
fatto divulgazione, sebbene in un contesto strutturato.

Grazie per aver risposto.

> Giorgio

Omega
Received on Wed Aug 22 2012 - 21:22:51 CEST

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