Re: Violazione del principio di Heisenberg [MQ]
Giorgio Bibbiani ha scritto:
> Per il teorema di Heisenberg e' impossibile che a un dato istante di
> tempo una particella abbia posizione definita.
Perch� dici questo?
Se la f. d'onda � per es. delta(x) la posizione non � definita?
Certo, delta non � una funzione, ma la puoi approssimare quanto vuoi
con una funzione per bene.
Giovanni Erre ha scritto:
> "elettroni identici", "dallo stesso punto" ...
> Ho usato locuzioni alquanto discutibili quel giorno, lo ammetto :-)
Benissimo, l'importante � chiarire e intendersi.
> Il PdHeisenberg essenzialmente sostiene che quanto con maggiore
> precisione misuriamo una propriet� (es. posizione), tanto maggiore
> sar� l'errore di incertezza sull'altra propriet� (quantit� di
> moto).
>
> Ci� in genere viene spiegato col fatto che per aumentare la precisione
> sulla misurazione della posizione, bisogna ricorrere ad
> un'osservazione con l'utilizzo di luce con bassa lunghezza d'onda,
> quindi con elevata energia, e che quest'ultima comporta
> necessariamente un aumento dell'incertezza sulla quantit� di moto.
In realt� non � necessario passare attraverso l'energia.
Piccola l. d'onda significa grande q. di moto, ecc.
Per� c'� un'obiezione pi� fondamentale...
> Non molto, ma nemmeno pochissimo, a livello divulgativo.
> Troppo poco a livello matematico, ma mi sto attrezzando per il
> futuro :)
Lo sospettavo, e qui stanno i guai...
La divulgazione su questi argomenti � quasi senpre deleteria, perch�
per evitare i cosiddetti "tecnicismi" prende vie traverse
sostanzialmente sbagliate, e che di sicuro producono idee sbagliate in
chi legge.
Per il nostro discorso: *non � vero* che quella delle misure ecc. sia
la *dimostrazione* del PdH.
Tale cosiddetto "principio" � in realt� un *teorema* della mecc.
quantistica, ossia una conseguenza necessaria dei postulati di base.
In sostanza, del fatto che lo stato di un sistema (di una particella)
sia interamente descritto da una /funzione d'onda/, e che tutti i
possibili risultati di misure debbano essere ricavabili da questa.
Per es. la prob. di ottenere un certo risultato x con una misura di
posizione sar� |psi(x)|^2.
A rigore si tratta della /densit� di probabilit�/, dato che la
posizione � una grandezza che assume valori continui, ma questo � un
"dettaglio tecnico".
Questa asserzione � nota come "interpretazione di Born" della funzione
d'onda (attento, Born, non Bohr: sono due persone diverse :) ).
In un modo pi� complicato, che non ti scrivo, dalla psi(x) si calcola
anche la prob. di ottenere un certo risultato in una misura
dell'impulso.
A questo punto, dimostrare che vale la relazione d'indeterminazione �
soltanto un gioco matematico: ecco perch� sopra ho scritto "teorema".
Come esempio che pi� autorevole non si pu�, ti faccio quello del libro
di Heisenberg "I principi fisici della teoria dei quanti", che forse
esiste ancora nel catalogo Boringhieri.
In quel libro Heisenberg nel cap. II attacca proprio con la
dimostrazione della rel. d'indet. (e nota il nome: /relazione/, non
/principio/, appunto perch� non � un enunciato indipendente ma
*consegue* dalla teoria).
Prima ne d� una dimostrazione semiintuitiva, ma che comunque non fa
alcun riferimento a misure, ma solo a propriet� matematiche.
Poi passa a una dimostrazione con tutti i crismi, necessariamente pi�
astrusa per chi non maneggia la matematica necessaria.
Segue un par. 2, intitolato "Le rel. d'indet. e gli strumenti di
misura".
Questo paragrafo � lungo, in quanto esamina dettagliatamente parecchi
esempi di misure, per far vedere come sia effettivemente impossibile
costruire esperimenti di misura che contraddicano la rel. d'indet.
Si potrebbe forse dare a questo paragrafo una motivazione storica: a
quel tempo (il libro � del 1930) la m.q. era cosa nuova, e talmente
sconvolgente che molti fisici, a cominciare da grandi come Einstein,
cercavano in tutti i modi di coglierla in difetto.
Spesso la linea del discorso era: "ma se facessi il tale e tale
esperimento, non riuscirei a violare la rel .d'indet.?
Perci� Heisenberg si dedica a mostrare che *molti* esperimenti che
possono venire in mente finiscono sempre per scontrarsi con qualche
impossibilit� dovuta alle propriet� dello strumento usato e delle
particelle coinvolte (come i fotoni del classico esempio che hai fatto
tu, e che � infatti noto col nome di "microscopio di Heisenberg").
Ma appunto, quel par. 2 *non �* la dimostrazione della rel. d'indet.,
che � stata data prima: � solo la prova che non ci sono vie
sperimentali per aggirarla.
Nota che tra questo modo di presentare la cosa (che � quello di
Heisenberg) e quello della divulgazione, che "giustifica" il
cosiddetto PdH come un'impossibilit� dovuta alle possibili misure,
c'� un'importante differenza epistemologica.
Nel primo caso, *� una propriet� del mondo fisico* (che si evidenzia
specialmente a livello microscopico) che lo stato di un sistema non
possa essere rappresentato come credeva la fisica classica, assegnando
posizioni e velocit� di tutte le particelle.
Nel secondo caso invece sembra di poter dire che il problema nasca
dall'interazione tra il sistema in esame e lo strumento di misura: la
famosa "perturbazione causata dall'operazione di misura", ecc.
Che � proprio quello che avevi scritto anche tu, indottrinato a quel
modo dalle tue letture :-(
Veniamo ora alla questione delle due particelle "identiche".
Hai precisato un po' meglio:
> Se e' effettivamente possibile "sparare" in maniera identica due
> "elettroni identici" "dallo stesso punto" ma in due direzioni opposte,
> o comunque avere una situazione analoga in qualche modo;
Dunque intendevi (come avevo intuito) due elettroni _nello stesso
stato_.
Ma se � cos�, non ci sono problemi: puoi misurare la posizione del
primo e l'impulso del secondo, con la precisione che vuoi.
Dopo la misura, avrai un elettrone con posizione molto ben
determinata, e l'altro con impulso molto ben determinato.
Che problema c'�? Heisenberg non proibisce questo!
Sono due diverse particelle, e non c'� niente che leghi in qualche
modo i loro stati, che vincoli i risultati possibili delle misure.
Per�...
Non a caso alcuni ti hanno risposto citando il "paradosso EPR", e
almeno uno (Trantor) ha parlato di stati "entangled" (io preferisco
dirlo in italiano, e traduco "intrecciati").
Tutti questi hanno inteso che tu avessi pensato a un particolare stato
del sistema dei due elettroni: appunto uno stato intrecciato.
E quindi hanno tradotto la tua domanda: se abbiamo uno stato
intrecciato di due elettroni, la rel. d'indet. pone o no un vincolo
alla misura simultanea della posizione di uno e dell'impulso
dell'altro?
In realt� anch'io avevo pensato questo, ed � il motivo per cui avevo
scritto che la risposta "potrebbe non essere semplice".
Non potrebbe essere semplice in due modi:
1) Perch� richiede conoscenze abbastanza profonde di m.q., che tu non
hai.
2) Perch� (almeno a quello che posso intuire avendoci pensato, ma
poco) il ragionamento da fare non � banale, e io per es. non avrei la
risposta bella e pronta, anche se a naso propenderei per il no: che
in questo caso non ci sia nessun vincolo.
> Ovviamente non ho la pretesa di riuscire a violare il principio di
> Heisenberg, ma in realt� voglio soltanto capire come avvengono
> praticamente le misurazioni (ahim� non frequento laboratori di
> fisica) e dove si nasconde il problema (l'errore) nell'esperimento di
> cui sopra.
Credo che per rispondere non sia necessario pensare al modo concreto
di fare le misure.
Anche se si potrebbe provare a costruirsi un "modello" di esperimento,
come fa Heisenberg nel suo libro, per vedere che succede.
Scusa la lunghezza, ma non sapevo come farne a meno.
Sono anche curioso di leggere altri pareri.
Quanto meno, hai posto una questione interessante, e per di pi� una
questione che - una volta tanto - non ha a che fare con la
relativit� :-)
--
Elio Fabri
Received on Mon Jul 23 2012 - 21:03:44 CEST
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